Si uccide per sfuggire al racket

Alla fine del '96 un emissario dei clan l'aveva picchiata a sangue per convincerla a sborsare i soldi del pizzo Niscemi: titolare di un negozio, si è impiccata. Le cosche le avevano assassinato marito e figlio Si uccide per sfuggire al racket Un biglietto alla figlia: «Fuggi da questo paese» NISCEMI. Non ha più retto alla disperazione di lutti e ricatti che da qualche mese la bersagliavano e disperata si è impiccata a una trave in cucina. Si chiamava Agata Azzolina, aveva 43 anni. La sera del 16 ottobre scorso due giovani avevano assalito la gioielleria con annessa pellicceria che gestiva con il marito a Niscemi e avevano ucciso il marito, Salvatore Frazzetto, 49 anni, e il figlio, Domenico, 22. La sera di San Silvestro, poi, un emissario del racket delle estorsioni era entrato nel negozio che la donna stava chiudendo e l'aveva massacrata di botte. «Devi pagare», le aveva ordinato prima di allontanarsi, lasciandola rantolante e insanguinata. 11 corpo di Agata Azzolina è stato trovato alle 2,30 della notte fra sabato e domenica dalla figlia Chiara, 21 anni, studentessa universitaria a Catania. La donna ha lasciato un biglietto che ora è nelle mani degli inquirenti. «Mamma non ce la faceva più», ha detto la figlia in lacrime. In quelle poche righe la donna chiede perdono per il suicidio e invita la figlia a lasciare Niscemi. «Nella lettera c'erano frasi sconnesse - ha detto l'avvocato Massimo Sapienza, che assistiva la donna segno che la signora era sconvolta». Più volte, negli ultimi mesi, era stata avvicinata dagli estortori che le chiedevano di pagare. «Erano riusciti ad avvicinarla anche al cimitero, sollecitandola a pagare aggiunge l'avvocato -. La tormentavano, le dicevano che ormai per i morti non c'era più nulla da fare». Venerdì scorso, quando il presidente del Consiglio Romano Prodi è stato a Niscemi con il presidente della Camera Luciano Violante e Ottaviano Del Turco, presidente della Commissione antimafia, Agata Azzolina si era rifiutata di partecipare all'incontro. Eppure la «giornata della memoria e dell'impegno contro tutte le mafie», promossa per il secondo anno consecutivo dall'associazione «Libera» di don Luigi Ciotti, era sembrata al vicesindaco Enza Rando un'occasione preziosa per quella signora così colpita dalla violenza. «Ero andata a casa sua per convincerla a venire. Ma mi aveva detto che non se la sentiva. Era molto depressa», ha raccontato Enza Rando. Il sindaco progressista Salvatore Liardo non nasconde le lacrime: «Non siamo riusciti a colmare il suo vuoto immenso, malgrado il nostro affetto e la nostra solidarietà». Liardo ha proclamato il lutto cittadino e ha chiesto «una seria riflessione sui valori della vita, della legalità, dell'amore, della civile convivenza» Lo scorso ottobre, sette ore dopo il duplice omicidio, i carabinieri arrestarono i fratelli Salvatore e Maurizio Infuso, due piccoli bulli di paese di 26 e 23 anni, che in carcere continuano a difendersi sostenendo che gli spari furono accidentali, provocati da una colluttazione con le vittime. Non sono stati creduti né dal pm né dal gip e la loro posizione è stata aggravata proprio dal racconto che di quell'aggressione fece Agata Azzolina. I due «picciotti» erano entrati nella gioielleria mentre lei era al bancone e marito e figlio chiudevano i conti della giornata nel retrostante ufficio. Uno dei due le aveva chiesto due fedi nuziali, impegnandosi a pagarle qualche giorno dopo perché al momento non aveva soldi. Poi l'aveva schiaffeggiata. Alle sue urla, Salvatore e Domenico erano subito usciti dall'ufficio. Il figlio aveva impugnato la pistola Magnum 357 che il padre teneva in un cassetto. Era seguito un corpo a corpo. «Quelli hanno sparato perché volevano uccidere», aveva dichiarato la donna. Dopo l'aggressione del 31 dicembre «Papillon» era sorvegliato notte e giorno da soldati impegnati nell'operazione antimafia «Vespri Siciliani». In una recente intervista Agata Azzolina aveva detto che non avrebbe mai chiuso il negozio: «Anche se la mia famiglia è stata distrutta, io non cedo». Però si sentiva sola. Lo dice anche Tano Grasso, deputato del pds e coordinatore nazionale delle associazioni antiraket: «Era angosciata perché era sottoposta pressioni e intimidazioni di ogni genere. Fatti sui quali da tempo indagava la polizia». Antonio Ravidà Alla fine del '96 un emissario dei clan l'aveva picchiata a sangue per convincerla a sborsare i soldi del pizzo L'avvocato: «Da tempo era sconvolta, aveva addirittura ricevuto minacce mentre pregava al cimitero» La famiglia Frazzetto, distrutta in pochi mesi: da sinistra, Salvatore e Domenico Frazzetto, marito e figlio di Agata Azzolina, uccisi nel loro negozio. Al centro, la donna disperata durante i loro funerali. In alto a destra, Salvatore e Maurizio Infuso, i due bulli di paese arrestati per il duplice omicidio. In basso, monsignor Vincenzo Cirrincione

Luoghi citati: Catania, Niscemi