Caccia al capto in Alta Egitto di Ibrahim Refat

Arafat ordina di arrestare Mukadmeh leader di Hamas Ma era già fuggito Caccia al capto in Alta Egitto Già quaranta vittime del terrore islamico IL CAIRO NOSTRO SERVIZIO Davanti alla cattedrale copta di Abbassiya, alla periferia Nord della megalopoli egiziana, la sorveglianza delle forze di sicurezza è molto discreta. Una sola camionetta carica di militari, in divisa nera ed elmetto, sosta nella strada a fianco della chiesa. I fedeli non sono numerosi e scivolano via silenziosi. Stessa calma attorno alle altre chiese sparse negli altri quartieri del Cairo dove si concentra la minoranza copta che rappresenta il 5,0 per cento della popolazione. Nulla lascia trapelare la tensione che agita da settimane questa comunità, divenuta ormai Ù bersaglio preferito dei terroristi della Yamaa Islamiya. Ben 40 copti (secondo il settimanale laico progressista Al-Ahaly) sono stati trucidati nel giro di un mese nell'Alto Egitto, dove si respira un'atmosfera diversa, un'aria da scontro campale. Nel cielo del governatorato di Qena, 600 chilometri a Sud del Cairo, teatro delle ultime carneficine perpetrate dagli estremisti islamici, elicotteri volteggiano in cielo e autoblindo accerchiano i villaggi, mentre le truppe danno la caccia ai fondamentalisti. Bilancio: 1500 arresti. L'ultimo massacro risale a una settimana fa (giovedì 13 marzo), si è consumato nel villaggio di Ezbat Dawoud, vicino a Nag Hammadi, 450 chilometri a Sud del Cairo. Un gruppo di terroristi irrompe, verso sera, nel piccolo villaggio, abitato per lo più da poveri contadini copti. E apre il fuoco con fucili automatici contro passanti e negozianti. Mezz'ora d'inferno al termine della quale restano i corpi senza vita di 13 persone. Nove dei quali sono copti, gli altri sono musulmani. Un film già visto tante volte in Algeria. Durante la fuga il commando crivella di pallottole il treno Asswan-Cairo: una donna perde la vita. Un mese prima ad Abu Qurqas, nell'Alto Egitto, i terroristi islamici assaltarono una chiesa copta durante una lezione di catechismo e massacrarono sette ragazzi e il prete. L'opinione pubblica fu scossa, ai funerali presero parte le massime autorità religiose islamiche. Il governo, nel tentativo di sedare la rabbia della minoranza, invita all'unità nazionale, alla convivenza civile e rimarca il passato comune che unisce musulmani e copti. «L'obiettivo dei terroristi è provocare una sedizione religiosa in Egitto», dichiara il deputato di Nag Hammadi, Abdel Rehim Algoul. Prudente invece Diaa Rashawan del Centro studi strategici del quotidiano Al-Ahram. «Si tratta di episodi criminosi ma sporadici dettati dalle condizioni sociali nel Sud dove regna la mentalità del clan». E si chiede: «Co me mai al Cairo non succedono queste cose nonostante la concen trazione dei copti e dei loro inte ressi economici, e l'assenza di rigidi controlli?». Ma nemmeno esclude una spaccatura in seno alla Yamaa per cui l'ala dura potrebbe aver deciso questa mossa. La Yamaa, infatti, ha negato il suo coinvolgimento nel massacro e ha addossato la responsabilità alle forze di sicurezza «al fine di screditare i combattenti islamici». Mentre Muntassar Al-Zaiat, difensore di molti integralisti incarcerati, ha avanzato l'inverosimile ipotesi secondo cui dietro questi attentati vi fosse la mano di Israele. Forse l'ipotesi più plausibile è quella di Al-Ahlay, secondo cui gli estremisti islamici cercano di imporre ai copti il pagamento del «gizian», la tassa che la tradizione coranica imponeva agli infedeli per continuare a vivere indisturbati. A essere attaccati dagli ultra sarebbero quei villaggi che rifiutano di pagare. Il fatto che la polizia abbia già individuato gli autori del massacro rende più plausibile l'ipotesi che vi sia un disegno strategico volto a incendiare l'Alto Egitto. Già II Cairo, nel 1981, poco prima dell'uccisione del presidente Sadat per mano della Yihad, sperimentò questo tipo di violenza confessionale: con bombe nelle chiese, e cruenti scontri tra musulmani e copti. Con Mubarak i rapporti con la minoranza sono migliorati. Anche se resta della ruggine per via di alcune rivendicazioni dei copti ignorate dal regime. Come la restrizione alla costruzione di nuove chiese (giorni fa la folla dopo la preghiera del venerdì, sempre nel Sud, ha assaltato una chiesa appena restaurata per togliere la croce posta sul campanile). E la mancanza di piena parità tra gli appartenenti alle due confessioni nelle promozioni nell'apparato statale e la limitazione all'accesso a certe funzioni costituiscono l'altra grossa lamentela dei copti. Inoltre, si lagnano del fatto di essere trascurati politicamente dal partito di Mubarak (Pnd) tanto che nessuno di loro viene candidato nelle sue file. E i dieci deputati di fede cristiana che siedono in Parlamento vengono nominati direttamente dal presidente. Ibrahim Refat

Persone citate: Abdel Rehim Algoul, Durante, Hammadi, Mubarak, Muntassar, Prudente, Sadat