In marcia per chiedere lavoro vero di Paolo Patruno
3 Hanno sfilato 350-400 mila persone (150 mila per la Questura): «Prodi, troppi ritardi» In marcia per chiedere lavoro vero / leader sindacali: «Non battiamo le mani al governo» ROMA. Non è stata certo «una gita sociale per applaudire il governo», come proclama bellicoso dalla tribuna il leader della Uil, Larizza. Ma sicuramente la manifestazione dei sindacati «per il lavoro e l'occupazione», pur portando nella capitale una massa enorme di dimostranti (350-400 mila secondo gli organizzatori, 150 mila per la questura), alla fine non si è rivelata una pistola puntata contro il governo dell'Ulivo. Piuttosto, in un difficile equilibrio, è rimasta entro i confini di una forte azione di stimolo, di pressione perché Prodi dia «attuazione rapida e integrale» al Patto per il lavoro firmato sei mesi fa e rimasto fino ai giorni scorsi inceppato nelle tagliole della politica e nelle pastoie della burocrazia. Così, da non scontentare e creare motivi di forte imbarazzo e contraddizione a D'Alema alla testa (insieme con Cofferati, Larizza, D'Antoni, Rutelli e Bassolino) di uno dei tre cortei che hanno attraversato Roma, quello partito dalla stazione Termini e «blindato» da un eccezionale servizio d'ordine de¬ stinato solo a proteggere il leader del pds dai giornalisti. Tanto duro da provocare la reazione di protesta di Cofferati, tanto calmo era il clima del corteo, senza slogan e cartelli contro il governo. Dalla tribuna, dopo il prologo di Gabaglio per il sindacato europeo, il saluto di un operaio della Renault in crisi e di uno studente, i più irrequieti verso Prodi sono stati, dunque, Larizza e D'Antoni. Il numero uno della Uil ha ricordato i ritardi del governo, ha criticato «l'inossidabile ottimismo» del ministro Treu e la severità nell'allentare i cordoni della borsa di Ciampi. E davanti alla folla di lavoratori, pensionati, disoccupati assiepati come da tradizione in piazza San Giovanni, Larizza ha lanciato il suo severo altolà: «Non siamo qui per raccontarvi le decisioni appena annunciate dal governo, ma per denunciare quello che non è stato fatto in sei mesi. Noi siamo pronti a continuare nella protesta, ci batteremo perché voghamo più lavoro 'vero'. Non torneremo indietro e attenzione, perché il confron¬ to di oggi, domani può diventare scontro». Su un pallone a forma di uovo pasquale si leggeva «Prodi, un'amara sorpresa». Critico, ma senza sconfinare nella minaccia di uno sciopero generale anche il leader della Cisl, Sergio D'Antoni. «Il governo sappia che non gli daremo tregua, non gli faremo dormire sonni tranquilli - ha proclamato con foga - Se rispetterà finalmente i patti avremo un rapporto costruttivo. Se no sarà scontro». Insomma, u sindacato non è disposto a far sconti a un governo considerato «amico», ma che va giudicato solo sulla base dei risultati. E uno è già stato raggiunto: «La manifestazione è servita a svegliare il governo dal sonno. Il quadro è cambiato, ma quello che è stato fatto non basta». E una stoccata, il leader della Cisl l'ha riservata anche alla partecipazione al corteo di D'Alema e alla presenza sul palco di Bertinotti. «La nostra è una libera iniziativa sindacale, le nostre rivendicazioni sono chiare. Chi vuole venire con noi è benvenuto. Se poi ha qualche contraddizione tra l'essere forza di maggioranza e essere protagonista della manifestazione è bene che non apra polemiche inutili, che noi non vogliamo». E' toccato poi a Cofferati chiudere il comizio, alzando a tratti la voce per superare la breve contestazione di un drappello di «disoccupati storici» di Napoli. Il leader della Cgil ha addebitato al governo «ritardi incomprensibili e ingiustificabili». Ha ammesso che le decisioni prese finora sono «passi avanti, ma senza la nostra mobilitazione e l'autorevole monito di Scalfaro queste scelte non sarebbero state compiute». Insomma, il governo si è mosso solo perché pungolato, ma «la strada è ancora lunga». Sul banco degli accusati, però Cofferati non ha messo solo Prodi e i suoi ministri. Ha allargato il fronte coinvolgendo nelle critiche anche gli imprenditori. Perché, sostiene, molte aziende «incapaci» di reggere alla concorrenza europea si «nascondono» dietro i ritardi del governo «usando il nostro stesso lin¬ guaggio, ma per interessi opposti». Era il modo migliore per scaldare la piazza, che non poteva scagliarsi con forza contro il governo dell'Ulivo. Ma Cofferati, D'Antoni e Larizza hanno colto l'occasione per spingere a fondo anche sul tema della riforma del Welfare State e della prossima «manovra» del governo. Inaccettabile il contributo di solidarietà per Cisl e Uil, con Larizza che denuncia anche «la campagna» della Confindustria sulle pensioni. Cofferati preferisce non commentare le indiscrezioni sulla manovra, ma «pretende», dopo il duplice confronto pubblico con D'Alema (di cui difende la presenza al corteo perché «ha i nostri interessi sid lavoro») una discussione generale sullo Stato sociale. Quando? Fabio Mussi ha lanciato, ieri al corteo, la data di maggio. Sferzante la risposta di D'Antoni: «Si confrontino da soli». Si avvicina un secondo fronte tra Prodi e i sindacati. Paolo Patruno
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