LA RICERCA DEL CINEMA PERDUTO

LA RICERCA DEL CINEMA PERDUTO E PROGETTO LA RICERCA DEL CINEMA PERDUTO ON v'è dubbio che il cinema muto italiano costituisca uno dei capitoli più interessanti e ricchi della storia del cinema mondiale: un capitolo che si colloca quasi agli inizi deUa grande avventura cinematografica del nostro secolo ed ebbe non soltanto un successo strepitoso, ma fornì non pochi modelli alle altre cinematografie, soprattutto a quella americana. Il cinema storico, ad esempio, o il divismo, nei modi e nelle forme in cui si espressero negli studi di Roma o di Torino, ebbero poi a Hollywood quella che possiamo chiamare la loro consacrazione definitiva. Ma intanto fu proprio sulle sponde del Tevere e del Po che quel cinema fu prodotto, che quei modelli furono inventati e divulgati. Sicché può sembrare strano, persino paradossale, che questo cinema muto italiano sia in sostanza non molto noto. Nel senso che, al di là dei titoli più famosi, come «Cabiria», «Quo vadis?», «Ma l'amor mio non muore», «Il fuoco», «I topi grigi», «Assunta Spina», qualche film di Francesca Bertini o di Lyda Borelli, qualche comica di Cretinetti, la maggior parte di quella produzione rimanga ignota. E' vero che moltissimi film sono andati perduti (come è accaduto, d'altronde, per le altre cinematografie), ma è pur vero che - nonostante gli studi che gli sono stati dedicati, le ricerche, i restauri - il cinema italiano muto rimane un terreno in larga parte sconosciuto. E di questo cinema, quello torinese, prodotto dall'Itala, dall'Ambrosio, dalla Pasquali, dalla Savoia e da molte altre case minori, non si trova in una situazione migliore. Sebbene le ricerche di Maria Adriana Prolo, il Museo Nazionale del Cinema da lei fondato, i film e i vari documenti in esso conservati siano lì a dimostrare che molto è già stato fatto. Ora, col progetto intitolato «I giorni di Cabiria», proprio il Museo Nazionale del Cinema si accinge a un lavoro di catalogazione, di recupero, di acquisizione e di restauro di tutto quanto concerne la produzione cinematografica torinese nel periodo muto. E' un lavoro lungo e costoso, che non può esaurirsi in poco tempo. Ma intanto con la rassegna dedicata all'Itala Film, che comprende i film attualmente disponibili e anche tre ore di materiale inedito girato e non montato da Giovanni Pastrone per «Cabiria», il progetto si è messo in moto. Seguirà, in autunno, una rassegna dedicata alle altre case di produzione torinesi, con la pubblicazione di un volume di saggi e documenti e un convegno internazionale. Ma soprattutto la cineteca del Museo si arricchirà di molti film che ora sono dispersi in altre cineteche o in archivi privati. E' un primo passo. Nei prossimi anni, speriamo, la grande stagione del cinema muto italiano (non solo torinese) avrà finalmente il posto che si merita: i suoi film saranno conosciuti e studiati come si deve. Gianni Rondolino Responsabile Scientifico GLI spettatori che assisteranno, nella sala del Massimo 1, domenica 23 marzo alle 21,15, alla proiezione di «Cabiria» - con l'accompagnamento musicale di Antonio Coppola, e le didascalie lette da Giorgio Albertazzi - faranno bene a non dimenticarsi che il giorno successivo, sempre al Massimo, sarà proiettato (prima parte alle ore 10, seconda alle 15) un materiale praticamente inedito, restaurato e montato con grande cura e capacità da Ivano Bellino e da Carlo Ausino. Sono i materiali del tournage dello stesso «Cabiria», il maggior sforzo produttivo del cinema muto italiano: erano conservati negli archivi del Museo del Cinema, sono stati pazientemente visionati dal curatore della rassegna Gianni Rondolino e presentano numerose curiosità inedite. Di «Cabiria» ormai tutti conoscono per sommi capi la storia e le scene salienti, compresa la carrellata che potrebbe essere il primo movimento di macchina della storia del cinema. Così Gabriele D'Annunzio, che appare come autore del film ma che in realtà è solo l'autore delle didascalie, riassumeva la vicenda in un foglio del 3 giugno 1913 allegato alla prima sceneggiatura (allora il film si doveva intitolare «La vittima eterna», cambierà titolo poi): «L'eroe romano dell'azione si chiama (Plinio) Fulvio Asrilla. Il suo compagno strapotente è un liberto, del prode paese dei Marsi, nomato "Maciste", che è un antichissimo soprannome del semidio Ercole». Vedendo questi materiali di tournage con l'ausilio di una moviola si notano immagini quasi subliminali, che non sempre si scorgono se l'immagine scorre a velocità normale: si vede Pastrone apparire in scena, dare disposizioni, mettersi le mani nei capelli... Frammenti significativi per ricostruire l'enorme sforzo che stava dietro quel lavoro. L'etimologia suggerita da D'Annunzio nel testo sopra citato, naturalmente, è falsa. Ma quel bel nome, secco e «immaginifico» come nelle intenzioni del poeta, colpì subito l'attenzione del pubblico. E Maciste divenne un eroe autonomo, interpretato sempre dal camallo Bartolomeo Pagano e destinato poi a una ripresa negli Anni Sessanta, al tempo dei film mitologici. Martedì 25 marzo, nelle proiezioni pomeridiane (ore 15,30), il pubblico potrà bearsi delle avventure dell'eroe in «Maciste» (1916) di Vincent Denizot e Romano Luigi Borgnetto, in «Maciste alpino» (1916), film patriottico di Maggi e Borgnetto e in «Maciste in vacanza», datato 1921 e diretto dal solo Borgnetto. Il 7 febbraio 1916 il mensile «La Vita Cinematografica» così raccontava l'inizio di questa serie di successo: «Maciste è fatto apposta per interessare e accattivarsi la benevolenza del pubblico, traendosi ogni volta d'impaccio con la sua olimpica serenità e con il suo sorriso eterno da bambino su quella facciona da gigante. Fa roteare degb uornini per poi lanciarli come dei sacchi lontano o sui carretti; manda per aria dei mobili; acciuffa a volo dei malandrini - sia pure trovandosi sui treni in corsa - e se li porta a spasso come delle valigie; si traveste in mille modi, giuoca d'astuzia e di braccia... e sorride sempre, mentre i suoi occhi vivaci scintillano di contentezza. Sorride e fa sorridere, straordinariamente comunicativo». E fa anche di più, visto che in «Maciste alpino» partecipa alla Prima guerra mondiale, affronta gli austriaci a mani nude e li usa come slitte. Naturalmente, non di soli uomini forti è fatto il vasto panorama del cinema muto torinese. Anche perché, come a tutti è oggi noto, Torino era all'epoca la capitale del cinema, la città in cui si producevano il numero maggiore di pellicole, e, di conseguenza, tutti i generi erano coperti. All'inizio del secolo, ben prima cioè dei fasti di «Cabiria», si trasferì a Torino il comico André Deed, noto come Cretinetti: e le sue brevi comiche, tutte realizzate in città dalla Itala Film, sono contenute in un lungo programma che sarà presentato nella mattinata di martedì 25 marzo (ore 10). André Deed era stato uno dei primi grossi nomi del cinema francese a trasferirsi nella nostra città, al seguito di quei tecnici «traditori» della casa francese Pathè che nel 1906 si erano trasferiti al di qua delle Alpi e avevano contribuito in modo decisivo alla nascita della Carlo Rossi & C (una società nata l'anno prima, lanciata come «una nuova fabbrica di film e di apparecchi fotografici», poi rilevata nel 1908 da Remmert e dallo stesso Pastrone, entrato due anni prima come ragioniere dell'ufficio amministrativo: i due la ribattezzeranno subito Itala Film): e proprio la Itala Film è l'oggetto di questa prima sessione de «I giorni di Cabiria», manifestazione-sintesi della grande stagione del cinema muto torinese. E sempre a Torino si trasferisce il geniale sperimentatore Segundo de Chomon: il suo film più noto, «La guerra e il sogno di Momi», è in programma martedì 25 alle ore 21,45, ma il giorno prima (ore 21,30) sarà possibile arnmirare anche «Vittoria o morte», molto meno conosciuto. E lo stesso Pastrone non nasce certo con «Cabiria» e non conclude con quel film la propria esperienza; ecco perché va visto (martedì 25 alle 21,15) il kolossal epico di mezz'ora «La caduta di Troia», datato 1911 - quindi, tre anni prima di «Cabiria» - mentre, sempre per lo stesso motivo, non andranno persi il dramma dannunziano «Il fuoco» (martedì 24, ore 22,30 circa, nella foto piccola) e quello realista «Il padrone delle ferriere» (lunedì 24, ore 22,15 circa), datato 1919 e interpretato ancora dalla Menichelli. Per quanto riguarda poi un altro attore all'epoca famosissimo, queU'Emiho Ghione reso celbre dal personaggio di Za-la-mort e interprete di serial come «I topi grigi», ecco un frammento appena ritrovato in Olanda di una serie poco nota che lo aveva protagonista: si intitola «Dollari e Fraks» (mercoledì 26, ore 16), e fin dal titolo rende l'atmosfera torbida grazie alla quale l'attore aveva costruito il proprio mito. E il cinema dell'epoca non era solo di finzione, ma spesso anche d'attualità: i documentari ((Ascensione al Cervino» (lunedì 24, ore 21,15) e ((Ascensione al Dente del Gigante» (mercoledì 26, ore 21,15), entrambi diretti nel 1912 da Mario Piacenza, lo testimoniano. Stefano Della Casa

Luoghi citati: Hollywood, Olanda, Roma, Torino