Una cometa causò il diluvio? di Aldo Carotenuto

Una cometa causò il diluvio? Una cometa causò il diluvio? Sarebbe precipitata sulla Terra 9600 anni fa nalisi dei processi fisici individuabili nelle centinaia di miti e tradizioni di tutto il mondo sul Diluvio Universale. Miti peruviani, persiani, indiani ed ebraici, indicano che, prima del Diluvio, sette stelle principali e numerose minori caddero sulla Terra. Questo coincide con le moderne osservazioni sulla frammentazione delle comete in prossimità del campo gravitazionale di un pianeta. Per esempio, nel '94 la cometa Shoemaker-Levy 9 si è frantumata passando vicino a Giove e vi è precipitata. Esistono prove geologiche che sette frammenti principali di una cometa sono caduti sulla Terra circa diecimila anni fa. I ritrovamenti sono stati fatti in Australia, in Vietnam e, tra i tanti, anche nella vicina valle di Otz in Tirolo austriaco. L'ordine degli impatti segue una direzione preferenziale, così come si è osservato su Giove. Le tradizioni dicono poi che «le rocce e gli alberi iniziarono a danzare mentre le montagne crollavano e tutto veniva scon¬ volto». Non è difficile individuare in questo gli effetti dei terremoti che tipicamente avvengono in seguito all'esplosione da impatto di corpi extraterrestri. E' stato calcolato che l'impatto che ha portato all'estinzione i dinosauri ha rilasciato un'energia equivalente a cinque miliardi di bombe atomiche di Hiroshima. Da vari miti e tradizioni di tutto il mondo, emergono inoltre testimonianze di incendi e di un grande calore dell'aria. Gli aborigeni australiani tra¬ mandano che il calore proveniente dal cielo tinto di rosso era talmente insopportabile che obbligò i padri a uccidere i figli, le mogli e infine se stessi. La scienza moderna ci dice che l'impatto di frammenti di comete vaporizza le rocce circostanti creando una specie di fungo atomico le cui particelle, con temperature di centinaia di gradi, ricadono causando incendi e un surriscaldamento dell'aria. E ora arriviamo al diluvio in senso stretto. Frammenti della cometa caduti in mare hanno sicuramente indotto alte ondate - tipo quelle dei maremoti che si sono propagate verso l'interno dei continenti. Contemporaneamente, le grandi masse di polveri e particelle di combustione disperse nell'atmosfera dall'impatto e dai numerosi conseguenti incendi, hanno filtrato i raggi solari oscurando e raffreddando la Terra. Centinaia di miti di tutto il mondo raccontano, infatti, che il sole, le stelle e la luna vennero divorati da un demone terribile. La notte durò una settimana intera, mentre l'inverno continuò per tre anni. Questa improvvisa e perdurante variazione climatica può rapidamente aver portato all'estinzione di molti animali, come i mammuth, appunto intorno a diecimila anni fa. Giungiamo così alla datazione del Diluvio Universale. 1 ricercatori hanno comparato i risultati di decine di metodi di datazione diversi. Questi vanno dalla datazione dei depositi geologici contenenti i fram¬ menti delle meteoriti, all'analisi radioattiva degli alberi uccisi dagli impatti, all'individuazione di un improvviso abbassamento della temperatura mondiale attraverso lo studio di depositijfossili di pollini, di campioni di ghiaccio estratti nelle parti profonde delle calotte glaciali e del tasso di accrescimento di alberi fossili. Tutti i risultati convergono nell'indicare che la catastrofe avveime circa 9600 anni fa. Ma attraverso studi letterari e geologici è stato possibile l'are un passo successivo. Citando tre esempi, la tradizione degli Indiani canadesi Chippewa indica che una grande nevicata, quasi ininterrotta per più di un anno, iniziò nel mese che oggi denominiamo settembre. Una tradizione trascritta dal prete Berosus di Babilonia indica che il grande Diluvio iniziò nel mese «Daisos», corrispondente al nostro equinozio di autunno (21 settembre). Infine, i villaggi costieri della popolazione Yamana della Terra del Fuoco, in Sudamerica, vennero improvvisamente sommersi, mentre le terre ancora emerse vennero ricoperte dai ghiacci per numerosi anni di seguito. Questo avvenne all'inizio di una loro primavera di molte, molte centinaia di anni fa, che corrisponde quindi all'inizio di un tremendo autunno nel nostro emisfero. Alessandro Tibaldi Universiadi Milano Sarà difficile dare regole agli scienziati ERA inevitabile che le questioni poste dal primo esperimento di clonazione su un mammifero suscitassero polemiche fondate più sulle emozioni che non su un lucido esame dei fatti. Diciamo subito che personalmente sono favorevole all'aprirsi di queste nuove prospettive e che i divieti avanzati da più parti mi paiono avere un aspetto quasi grottesco. E' ovvio che tutto dipenderà dall'uso che si farà di queste realizzazioni ma non si dimentichi che l'uomo ha già fatto la sua scelta da millenni: i miti fondanti nella nostra cultura ci dicono che la vicende terrana dell'uomo nasce dal bisogno di conoscere. E' una colpa che la divinità punisce, ma la punizione è esattamente il nostro destino di creature mortali, e finché rimarremo tali vorrà dire che quel debito non è stato saldato, e che l'umanità continua a «mangiare dei frutti dell'albero della conoscenza». Voler conoscere è il nostro destino di esseri condannati a morire, e non si può chiedere all'uomo di rinunciare ai suoi tentativi di carpire alla natura i suoi segreti. Si potrebbe allora pensare di limitare il campo d'azione a quella che sommariamente viene definita come «scienza applicata». Ma anche questa è una aspirazione velleitaria. Il confine tra ricerca pura e ricerca applicata diventa sempre più labile. Certo, oggi lo scienziato interviene sull'oggetto della sua ricerca in modo molto più invasivo: pensiamo al fisico che per studiare una particella la bombarda provocandone la scissione. Quanto alla biologia in generale, e alla biologia genetica in particolare, la ricerca è ormai così costosa che a finanziarla, se non sono i governi nazionali (e lo sono sempre meno) provvedono le istituzioni private: che ovviamente promuovono soprattutto quelle ricerche che promettono applicazioni pratiche nei campi più disparati, dalla medicina alla produzione alimentare, dovunque si prospetti un profitto. Regolamentare la ricerca applicata significa in pratica regolamentare tout-court la ricerca. Inoltre, non va ignorata quella che, a mio parere, sarebbe una conseguenza inevitabile di un atteggiamento proibizionista in questo campo, come lo è già in altri del resto: il proliferare di queste pratiche nella clandestinità. Assodata questa dolorosa ma inevitabile prospettiva, va aggiunto che se una regolamentazione sarà comunque necessaria, questa dovrà rispondere a valori il più possibile universali; la regolamentazione dovrà, insomma, esprimere un'etica inevitabilmente «altra» rispetto a quelle tradizionali, religiose o laiche che siano, le quali non possono esserci di grande aiuto in queste tematiche - anche se spesso vengono invocate a sostegno di un'accusa o di una assoluzione. Non ci aiutano molto né la Bibbia né il giuramento di Ippocrate, né il diritto positivo né la Dichiarazione dei diritti dell'uomo. Un'etica ispirata esclusivamente a criteri religiosi avrebbe presa solo su singoli scienziati obbedienti a quel credo; gli altri, tutti gli altri, non si sentirebbero in colpa a trasgredire, magari in segreto, i a una convenzione. Come psicologo mi preme chiarire, pero, un equivoco di fondo riguardo all'ipotesi della clonazione umana, ovvero l'eventuale duplicarsi di una identità psichica. Questa evenienza, che appare come uno degli aspetti più inquietanti di tutta la questione, non ha alcun fondamento reale, semplicemente perché la psiche si forma e muta continuamente con gli stimoli della realtà, le emozioni, le inf'omazioni, le esperienze anche apparentemente irrilevanti. Essere clonati con le cellule di un santo o di un genio non significa proprio niente se non si tiene conto dell'ambiente che accoglierà queste particolari nascite. Anche gli esempi dei gemelli omozigoti, separati dalla nascita e allevati in ambienti diversi, dimostrano ampiamente l'importanza del fattore ambientale rispetto all'eredità genetica. E' altrettanto vero però che abbiano il diritto (e il dovere) di mettere nel conto gli eventuali disturbi psichici che potrebbe soffrire una persona che venisse a sapere di essere il prodotto di una clonazione, «un replicante». Aldo Carotenuto Università di Roma 3

Persone citate: Alessandro Tibaldi, Shoemaker

Luoghi citati: Australia, Babilonia, Hiroshima, Milano, Roma, Sudamerica, Tirolo, Vietnam