Bicamerale, l'ora dei «tre grandi»

La svolta in Commissione matura con l'audizione dei professori: Cheli e Sartori La svolta in Commissione matura con l'audizione dei professori: Cheli e Sartori Bicamerale, Poro dei «tre grondi» Semipresidenzialismo: sì dipds, Art, Forza Italia ROMA. Nella sala della Regina, quando quei due si parlano sottovoce, gli aliri li scrutano, tirano il fiato, sospettano l'intrigo spiazzante. E non vanno lontani dalla realtà: Massimo D'Alema e Pinuccio Tatarella - due «pugliesi» dalla testa fina che si conoscono da anni - hanno ricominciato a tramare. Se da qualche giorno la Bicamerale ha ripreso quota, molto si deve ad una regia che c'è ma non si vede. Una regia dietro le quinte che punta all'intesa fra i tre grandi partiti: pds, Forza Italia e An, un'intesa sul semipresidenzialismo (o in subordine su un premier forte) che ancora non c'è, ma che per la prima volta si intravede. Una trama intessuta da due personaggi diversissimi tra loro, due personaggi che non si amano, ma si rispettano. Da anni circolano leggende da Transatlantico sugli incontri segieti e sui favori che si scambiano Pinuccio Tatarella, pugliese di Cerignola, e Massimo D'Alema, romano ma pugliese di collegio. Diversissimi, ma con un tratto in comune. «Per come si muove e si veste, Tatarella può sembrare un... posteggiatore abusivo - scherza il professor Paolo Armaroli, deputato di An - ma è una grande testa politica», uno che pensa e ripensa ogni minima mossa. «E D'Alema - racconta uno che lo conosce bene come Diego Novelli - è uno che prima di fare una mossa sulla scacchiera ha già pensato le dieci mosse succesive». E proprio Tatarella, confortato da D'Alema, ha pensato all'audizione di due personaggi al di sopra delle parti come Enzo Cheli e Giovanni Sartori. La svolta in Bicamerale è maturata proprio con le audizioni dei due professori, che hanno illustrato i modelli alternativi di forma di governo, arricchendoli con proposte personali. Da una parte il premierato all'inglese, illustrato dal professor Cheli e dall'altra il semipresidenzialismo al1'«italiana» di cui ha magnificato le lodi il professor Sartori. L'effetto delle due audizioni è stato quello di polarizzare le posizioni, di trainare gli incerti e il risultato ultimo di questa svolta, la spiega Cesare Salvi, relatore nel comitato per la forma di governo: «A questo punto i "modellini" sono due, sono chiari e un mix per quanto possibile, appare difficile. Immagino che si vada verso una votazione sui due modelli». Dunque, si va verso una votazione tra soluzioni contrapposte, ma prima ci sarà un'ultima limatura: «Il mio lavoro - spiega ancora Salvi - consisterà nel presentare i due modelli secondo caratteristiche che consentano di non fare crociate a chi andrà in minoranza». E allora, di tassello in tassello, ecco venire fuori il piano di chi punta all'accordo tra i grandi partiti: per come si sono messe le cose, D'Alema, Berlusconi e Fini potrebbero trovare più facilmente un'intesa sul modello semipresidenzialista, sia pure rivisitato e corretto secondo le specificità italiane. «Non c'è alcun dubbio che in questa fase lo sforzo di D'Alema sia quello di agganciare Ai», spiega Francesco D'Onofrio, in Bicamerale relatore per la forma di Stato. Ma la votazione sui due modelli è ancora lontana - se ne riparlerà ai primi di maggio - e dunque D'Alema si tiene aperte tutte le strade, anche quella di un accordo sul modello del premier. Tanto più che il premiera¬ to, nella formula presentata dal professor Cheli, non dispiace alla destra. Racconta Domenico Nania, capogruppo di An in Bicamerale: «Durante l'audizione di Cheli, gli ho chiesto quali delle caratteristiche del suo modello potessero venir meno e lui mi ha risposto: nessuna. Dunque il premier avrebbe poteri forti, tra cui quello di scioglimento, sarebbe espressione del partito più forte e il sistema elettorale porterebbe ad una riduzione dei partiti». Un modello che interessa i seguaci di Fini, che infatti per dirla con Cesare Salvi «hanno recuperato in questa fa¬ se un certo protagonismo, a discapito di Berlusconi, che in questa fase appare un po' appannato». Ma D'Alema lo sa a memoria: agganciare Fini non basta, la Bicamerale avrà successo se tutti i partiti e tutti i leader potranno dire di aver incassato qualcosa. A cominciare da Silvio Berlusconi: «E lui - come sussurra Clemente Mastella - aspetta segnali seri sul fronte della giustizia e se non si muove nulla su quel fronte sarà molto difficile convincerlo». E proprio sul fronte-giustizia - autentico snodo della Bicamerale - ieri nel co¬ mitato garanzie, presieduto da Giuliano Urbani, si è discusso di Csm, pm, obbligatorietà dell'azione penale e sono venute in superficie distanze forti. Alla fine Marcello Pera di Forza Italia commentava così: «Ad oggi le posizioni non sono conciliabili, ho paura che a maggio ci troveremo a lavorare su testi separati». E Pietro Folena del pds: «Occorre uno sforzo di tutti, ma se alla fine risultasse una riduzione dell'autonomia della magistratura, il nostro dissenso sarebbe radicale». Fabio Martini l\ PROPOSTA DI ENZO CHELI La proposta del professor Enzo Cheli è stata formulata giovedì 20 marzo davanti al Comitato della Bicamerale sulla forma di governo. Ha immediatamente suscitato grande interesse tra i politici e gli studiosi. MODELLO WESTMINSTER Cheli suggerisce un governo del primo ministro, in analogia con il sistema britannico. Viene prescelto colui il quale ha ottenuto il maggior numero di parlamentari eletti in collegamento con la propria candidatura. Il primo ministro avrebbe il potere di sciogliere le Camere. A sua volta potrebbe essere sostituito tramite sfiducia costruttiva. SISTEMA ELETTORALE La quota proporzionale andrebbe abolita o ridotta. L'elezione dei parlamentari avverrebbe con un meccanismo a doppio turno. Al ballottaggio parteciperebbero i primi quattro candidati meglio piazzati nel primo turno o, in alternativa, quelli che abbiano superato una soglic'di sbarramento dell'8-10 per cento.

Luoghi citati: Cerignola, Roma