UNA DOPPIA BOCCIATURA di Massimo Giannini
Una card per i musei UNA DOPPIA BOCCIATURA ■•quando», resta il problema del «come" farla. E su questo i segnali sono tutt'altro che rassicuranti. Il governo Prodi - come dimostrano lo stesso rinvio della Trimestrale e il febbrile vertice di maggioranza di ieri sera - è stretto in un angolo. Raschiato il fondo del barile delle spese «vive» dello Stato, si è impegnato con gli elettori a non ricorrere ad ulteriori aggravi d'imposta, ma non trova la forza di imporre a Bertinotti e ai sindacati l'unica soluzione che risolva un'equazione altrimenti impossibile: una manovrimi che magari non tagli previdenza e sanità, ma al tempo stesso l'immediata apertura di un confronto sulla riforma delle pensioni. Affidandosi solo su contributi di solidarietà «una tantum» per altro invisi comunque ai sindacati, a Rifondazione c persino al pds, su prelievi forzosi come quelli del Tfr contestati da Dini e Marini e osteggiati dagli industriali, su anticipi d'imposta e riaperture dei termini del concordato, l'Italia rischia infatti una doppia bocciatura: quella di Bruxelles e quella dei mercati, che invocano da tempo interventi strutturali sulla spesa. Sarebbero indispensabili non tanto per far cassa quest'anno, quanto per indicare il definitivo imbocco dì un sentiero «virtuoso». Sa bene il premier, come lo sanno tutti i leader della maggioranza, da Massimo D'Alema preoccupato delle elezioni amministrative cheora nega l'esistenza di due Sinistre, a Lamberto Dini che varò nel '95 una blanda riforma previdenziale: senza interventi sulle pensioni l'Italia non potrà dimostrare ai partner europei la «sostenibilità» del risanamento di bilancio nei prossimi anni; né potrà meritarsi sul campo un deciso calo dei tassi e quindi dell'onere per interessi, la vera scommessa da vincere per evitare nuove e intollerabili «stangate». Non a caso l'incertezza politica sulla manovrina ha fatto riaprire in queste settimane la «forbice» tra i tassi del nostro Btp e il «Bund» tedesco a quasi 200 punti base, rispetto ai 140 di fine dicembre. Sa bene il premier, come lo sanno tutti i leader della maggioranza, che la spesa per pensioni in Italia negli ultimi 35 anni ha moltiplicato per 4 la sua incidenza sul Pil, e che oggi rappresenta il 61,5 per cento della spesa totale contro il 45,3 della media europea. L'unico che finge di ignorare tutto questo è come sempre Fausto Bertinotti. Per lui, del resto, la manovrina è e resta «inutile». Solo il coraggio che Prodi non ha fino ad ora mostrato potrà invece renderla «utile». Ma a patto che il premier sappia uscire dall'angolo. Magari cogliendo quel varco che gli ha aperto sul Welfare il numero due della Cgil Guglielmo Epifani. E magari facendo una proposta concreta e organica di riforma della spesa sociale. La base c'è già: è il Rapporto della Commissione Onofri, inspiegabilmente e colpevolmente rinchiuso da un mese in qualche polveroso cassetto di Palazzo Chigi. Il premier deve solo ritirarlo fuori, convocando i sindacati e sfidando Bertinotti. Per Prodi 1'«abbraccio» di Fausto è stato talvolta utile a contenere le pressioni di D'Alema sul governo. Ma oggi può diventare mortale. Per lui, e soprattutto per il Paese. Massimo Giannini
Persone citate: Bertinotti, D'alema, Dini, Fausto Bertinotti, Guglielmo Epifani, Lamberto Dini, Massimo D'alema, Onofri, Prodi
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