Grotti dal petrolio alla «Piovra» di Giovanni Bianconi

Yuri in questura: mai violato la legge Grotti, dal petrolio olla «Piovra» L'ex vicepresidente dell'Eni coinvolto nei traffici ROMA. Tra la condanna definitiva per la tangente Eni-Sai e la cattura, nel novembre scorso, passarono alcuni giorni. Il condannato a quattro anni e quattro mesi di carcere Alberto Grotti, ex vice-presidente dell'Eni, li trascorse in un'anonima casa della periferia di Roma, via Pasquale II. Quando l'arrestarono gli uomini del Servizio centrale operativo della polizia non dissero di chi era l'appartamento-rifugio. Solo oggi, ad operazione «Scacco matto» conclusa, si scopre che quella era la casa di Alexander Ivanovich Bokach, guardia del corpo e factotum del capomafia Yuri Essine. Con quel soggiorno, Grotti ha fornito l'ultima prova dei suoi contatti con la Piovra russa. Nel rapporto informativo dello Sco sull'«Organizatsja», l'ex numero 2 dell'Eni risulta inserito a pieno titolo nell'«unità operante permanentemente in Italia». E il giudice romano che l'ha inquisito per concorso in associazione mafiosa scrive che «il Grotti appare un elemento chiave per l'inserimento dell'Essine nel giro dei grandi affari internazionali, soprattutto nel campo dei prodotti petroliferi». Il magistrato non mostra dubbi: Grotti «è uomo di fiducia dell'Essine, al quale consente di fare un salto di qualità entrando nel mondo dei grandi affari internazionali. E' l'uomo adatto, per le sue conoscenze, la sua esperienza professionale, per negoziare affari in campi particolarmente delicati come quello dei prodotti petroliferi, ma al contempo è in grado di avere contatti ed avviare trattative in più diversi settori merceologici, e al più alto livello». Se non fosse già in carcere per quella condanna definitiva, probabilmente, l'ex uomo Eni sarebbe incappato nella retata dell'altra notte. Secondo quanto hanno ricostuito gli investigatori, c'è la sua ombra dietro la società «Globus trading s.r.l.» di Roma, perquisita ieri mattina, che gestiva le operazioni di im¬ port-export messe in piedi dalla mafia russa. Yuri Essine detiene il 30 per cento di questa società, e tramite Grotti stava mettendo in piedi un contrabbando di circa 300.000 tonnellate di petrolio andato a monte si presume - proprio per l'arresto dell'ex-vicepresidente dell'Eni, a novembre. La «Globus», in Russia, ha come referente un deputato, Polunin Vladimir Ivanovich, e attraverso di lui era arrivata ad un tale Gryzhim, indicato come vice-direttore dell'ente petrolifero statale. Per questi canali in Italia doveva arrivare di contrabbando (rivenduto ai fornitori ad un prezzo vantaggioso per loro, con un grosso danno economico per l'Agip) petrolio per il valore di 150 milioni di dollari. Grotti - accusa la procura di Roma - era l'intermediario di questo traffico, e per organizzarlo, un anno fa, si recò a Mosca a spese e sotto scorta della mafia russa. Agli atti dell'inchiesta ci sono telefonate del marzo '96 di Essine ai suoi uomini in Russia per organizzare la trasferta dell'amico italiano. Victor Berezniy, ex-ufficiale del Kgb passato agli ordini di Essine, fu incaricato di ricevere Grotti, proteggerlo nei suoi movimenti e metterlo in contatto con l'onorevole Polunin. «Ma l'attività del Grotti scrive il magistrato - non si limita al settore petrolifero: egli opera a Mosca in diversi campi aprendo trattative importanti, e concludendone alcune in diversi settori, coinvolgendo anche importanti ditte italiane». I microfoni che per mesi hanno intercettato le telefonate di Yuri Essine, hanno registrato conversazioni che parlano di un contratto per l'importazione di caviale realizzato dalla «Globus»; e la stessa società stava trattando la vendita di una collezione Giorgio Armani a Mosca per 300.000 dollari. E ci sarebbe ancora Alberto Grotti dietro una trattativa fra la Olivetti e la Novoarbatskiy da 150-200 milioni di dollari, e dietro un'esportazione di spumante italiano, della ditta Contri di Verona, nella città di Alma Ata. Gli inquirenti sono certi, «non vi può essere dubbio sulla consapevolezza del Grotti di operare nell'ambito di un contesto di criminalità mafiosa». A parte i contorni ambigui degli affari trattati (ruoli occulti nelle società e pagamenti in contanti), la scorta armata ricevuta in Russia e i contatti moscoviti con personaggi «che sicuramente non potevano considerarsi uomini d'affari», c'è anche un altro dettaglio, sempre carpito dal telefono di Yuri Essine: il capo-mafia chiama un certo Lena e lo minaccia perché saldi un debito da 100.000 dollari. Il creditore, dicono gli investigatori, era Alberto Grotti. Giovanni Bianconi Alberto Grotti e l'hotel «Golf.di Madonna di Campiglio