Riparte la cuccia ull'«uomo d'oro» di Lodovico Poletto

Gli amici di Ivan Cella a Susa: non sappiamo dove sia, cercava fortuna a Tirana Gli amici di Ivan Cella a Susa: non sappiamo dove sia, cercava fortuna a Tirana Riparte la cuccia ull'«uomo d'oro» La madre: spero sia vivo Riparte la caccia al quarto «uomo d'oro» delle Poste, dopo la sua tuga da una prigione di Tirana durante la rivolta. Ivan Cella, l'ex proprietario della birerria «Nuova frontiera» accusato di aver ucciso due complici del furto miliardario alle poste di Torino, nel giugno dello scorso anno, tenterà di ritornare in Val di Susa? Prenderà contatto con i suoi vecchi amici? Saranno un centinaio gli albanesi che vivono a Susa dall'estate del '91. E non ce n'ò uno che non sappia chi è Ivan Cella, lino a pochi giorni fa in un carcere albanese con la sua compagna di fuga, Cristina Quaglia. Ma nessuno eli loro parla volentieri. A pochi passi dalla stazione, di fianco ai giardini pubblici, c'è il punto di ritrovo della comunità. Ed è un coro: «Cella lo conoscevamo perche aveva un locale: andavamo sempre lì». Di più non dicono. Uno di loro fa intuire di sapere molto. Ma mette subito le mani avanti: «Parlo solo se mi pagano». Comunque, come tutti gli altri suoi connazionali, ha una convinzione. L'ex birraio del paese e la sua compagna sono fuggiti in Albania con il miraggio del guadagno facile: investire i soldi del bottino nelle finanziarie fantasma che concedevano fino al 40 per cento di interessi. Sarmo tutto di Ivan Cella gli albanesi di Susa. Anche che suo cugino, un mese fa, era andato a trovarlo in carcere a Tirana. Ma adesso che il Paese balcanico è in rivolta dove può avere cercato scampo? «A me proprio non dovete chiederlo. Non so nulla, proprio nulla di mio liglio» dice al telefono di casa mamma Onorina. Ha saputo dell'evasione dal carcere della capitale albanese dagli ex amici di suo figlio. «Sono malata, non posso camminare, non fatemi affaticare» implora. E aggiunge: «Questa storia mi ha sfinita. Ogni giorno c'è qualcuno che viene a chiedermi qualcosa di Ivan. Ma io lo giuro non so nulla. Da quando è in carcere non l'ho più sentito, non ho più avuto contatti con lui. Un parente, però, mi ha detto che stava bene, che non voleva tornare in Italia. E che Cristina era in prigione pure lei». Le rivolte di questi giorni, seguite attraverso le immagini trasmesse dalla tv, aggiungono angoscia alle paure di mamma Onorina: «Se almeno sapessi che è vivo sarebbe già un passo avanti. Ma figuriamoci se riesce a telefonare». Alla periferia di Villarfocchiardo c'è la casa di Cristina Quaglia, la giovane compagna di Cella. I genitori non ci sono. Il fratello Mario controlla ogni movimento di estranei vicino alla casa. Spiega: «Sappiamo della fuga, l'abbiamo appresa anche noi dai giornali. Ma fino ad oggi mia sorella non si è ancora fatta sentire». Nonostante tutto, appare tranquillo. Anche quando racconta che le ul- Urne notizie di Cristina risalgono a qualche settimana fa, addirittura prima che in Albania esplodessero tensioni e rivolte: «Eravamo andati a trovarla in carcere a Tirana, stava bene. Lei voleva rientrare in Italia perché non ha mai avuto nulla da nascondere». Lodovico Poletto Mario Quaglia (a sinistra), e Ivan Cella

Persone citate: Cella, Ivan Cella, Mario Quaglia