Caravaggio con Merz è uno strazio
6 La Reggia di Capodimonte offre una confusa vetrina sulla «Prospettiva del passato» Caravaggio con Merz, è uno strazio Non basta mescolare i classici ali 'avanguardia 6 NAPOLI ANDO alle ipocrisie. Non ci si accusi di essere reazionari. Va benissimo, in linea di principio, che la nobile reggia di Capodimonte, ricca di straordinari capolavori dell'antico, si apra alla contemporaneità, da un lato mostrando la collezione stabile (ahimè, abbastanza povera di opere davvero valide), dall'altra accogliendo sotto il titolo pretenzioso di Pìvspettiva del Passato il pellegrinaggio di una raccolta assai discontinua e discutibile pur se strombazzata qual è quella dello Stedelijk di Amsterdam (che risulta a noi essere ad ogni visita uno dei musei più pasticcioni e deludenti sulla piazza). Lo credo, con i principi che vengono enunciati da Rudi Fuchs, proprio in questa trappola - smascheramento! Fuchs, che ha deciso con operazione più che fragile di affiancare i capolavori di Caravaggio, Rosso Fiorentino, Luca Giordano, in dotazione al museo, con delle operette davvero modeste, che magari hanno i nomi anche altisonanti di Stella o di Mangold, di Cari Andre o di Cina. Non ci si fraintenda, non è che si gridi allo scandalo: è almeno dagli anni di Gertrude Stein o Edith Sitwell che gli arredatori à la page haimo appreso che si possono benissimo sposare i Picasso ai fondi oro, la scultura primitiva insieme con Mantegna. Ed anche qui, quando un'opera funziona, come un Kirkebly o Vedova, come Nesso di Paolini, può benissimo reggere il confronto con un Vouet, ma non perché tutt'e due ruscellano una sciarpa di seta rossa! Oppure la feroce Giostra di ammali appesi di Nauman, contrapposta soltanto perché fa da pendant ai manieristici corpi sinuosi di un bellissimo Passignano! Ma è tremendo (davvero da maestrina da asilo, che chiede ai suoi bambini: «Che cosa vedete di simile in questi due quadri?»), è davvero depressivo questo metodo da settimana enigmistica. Siamo ancora al punto che si mette insieme una folgorante Flagellazione di Caravaggio con un cespuglietto ibrido di Merz, perché tutt'e due hanno le fascine! Oppure il solito Baselitz a rovescio, con un Apollo e Marsia di Giordano, perché lo scuoiato ha le gambe all'aria! Se questa è avanguardia! Qui casca davvero l'asino, aliimè: perché sentire il bisogno di affiancare uno scadentino Lupertz o un Domenico Bianchi da cucina di transatlantico accanto a un magnifico Mantegna, mio scolastico Dorazio o un patetico listellone di Judd accanto ad un formidabile Cézanne («Hanno gli stessi colori!») semplicemente per sottolineare che l'arte è continuata e tout se tient, è davvero un patetico metodo promozionale, come a dire: io ti dò il Caravaggio, tu sorbisciti anche il più dubbio Polke. Mentre la serata dell'Arte continua, tra una pubblicità s l'altra. Con astuzie (!) alla Pavarotti: ti metto un po' di Zucchero insieme a Mahler, così la pillola passa più ùidolormente. Non più la visibilità di Woellflin o Berenson, ma la «televisionizzazione» alla Berlusconi-Funari! Del resto, tranquillamente Fuchs, sotto un titolo da film neorealista, La storia comincia oggi, lo teorizza: «Un dipinto come la Flagellazione, con la sua atmosfera cupa e minacciosa, ci dice qualcosa dell'ambizione di Kounellis, che vuole creare un'arte dura e di opposizione». Basta, per favore, con la soLfa del «Caravaggio nostro contemporaneo»! (E fa un po' d'effetto, secoli dopo il saggio di Longlii, trovare ancora chi scrive della Flagellazione: «Cristo non è stato ancora legato e il trattamento che riceve non è dei più gentili»). E che dovrebbe dire Caravaggio, allora, che forse aspirava a qualcosa di più che divenire un Palmella del colore? «Una tale devozione alla missione dell'arte ha reso Caravaggio ai nostri occhi e a quelli degli artisti moderni un radicale ante litteram». Bravo! Ma non è tra l'altro il contrario esatto di quanto predicava l'avanguardia, che voleva bruciare i ponti con la tradizione, insieme a Venezia e al chiaro di luna? Provatevi a dire a Duchamp: «Mo' ti metto il tuo pisciatoio accanto ad un Tiepolo, vedrai come sta benino!». Questi son metodi da vetrinista Standa, da famigliole che bazzicano il mercatino, e ti mostrano fieri il falso-Daum insieme a Luigi Filippo, il Moissen di fabbrica con la finta sdraio Le Corbusier. Ma che c'entra Dubuffet con Braque, Rouault con Chamerlain che rifa Armami vent'anni dopo? Il rischio è solo quello del confronto: provatevi a guardare dopo lo splendido Guarino quella Gòtterdammenmg del gusto che è la stanza della Transavanguardia, con i titoloni da film Wertmuller e le goffaggini del pennellone. Saprete che strazio è diventata certa arte «moderna». Marco Vallerà Le discutibili scelte di Rudi Fuchs: non fanno scandalo, offendono il gusto Due opere della collezione contemporanea di Capodimonte. Da sinistra: «Camera» di Carlo Alfano e «Equilibri precari quasi impossibili» di Eliseo Mattiacci (in due foto di Mimmo Jodice)
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