Majorana? Un suicidio annunciato

E Un libro con testimonianze inedite getta nuova luce sul giallo del marzo '38 Majorana? Un suicidio annunciato Così lo anticipò a un collega e a una studentessa E TTORE Majorana non è scomparso in un convento; non è mai fuggito in Argentina; non ha cercato di far perdere le tracce di sé inventandosi un'altra esistenza come un Mattia Pascal di Pirandello. Lo scienziato siciliano il genio del suo tempo, come lo definì Enrico Fermi - è morto proprio in mare, un giorno di fine marzo 1938, per un suicidio da tempo programmato. A queste conclusioni è arrivato un ricercatore catanese, Bruno Russo, concittadino di Majorana, rileggendo tutte le testimonianze disponibili, e trovandone altre inedite, che gettano nuova luce sul mistero. Il libro che ne ha tratto, Ettore Majorana un giorno di mar-éo, appena uscito a FJt- lermo da Flaccovio, non mette la parola fine al giallo. Ma suggerisce una ipotesi indiziaria assai credibile sulla sua scomparsa, in alternativa alle tante già fatte. Ettore Majorana, precocissimo nelle sue scoperte, era arrivato sei mesi prima di Heisenberg a intuire i rapporti fra i protoni e i neutroni, fondamentali per le ricerche sull'atomo. Ma si era rifiutato di darne notizia, nonostante le insistenze di Fermi. Sparì nel nulla a 32 anni, quando era professore di fisica all'Università di Napoli. Lo aspettavano di ritorno da Palermo, via mare: non arrivò mai. Dopo quasi quarant'anni di silenzio, il suo caso era stato riaperto da Sciascia in un lungo racconto apparso a puntate su La Stampa nell'estate 1975, e poi raccolto in volume. Come ricostruisce Matteo Collina nella sua bella biografia II maestro di Regalpietra, uscita da Longanesi, lo scrittore era rimasto sinistramente colpito da un incontro alla televisione svizzera con Emilio Segrè. Si ricordavano i 30 anni dell'atomica e il Premio Nobel, che vi aveva collaborato, sembrava gloriarsi per quella esplosione. Tornato da Lugano, Sciascia riprese un suo vecchio progetto sul rebus di Majorana, e cercò un movente alla sua scomparsa: il fisico si era sottratto al mondo per fuggire le stregonerie dei suoi colleghi, che avrebbero portato alla bomba. La pista seguita dal romanziere si fermava a un convento di certosini, dove ancora dopo la guerra risultava vivesse nascosto «un grande scienziato». L'argomento fu ripreso 12 anni dopo dal fisico Erasmo Recami, non più per un romanzo, ma per una biografia scientifica, con una importante messe di documenti. Anche Recami credette di trovare un bandolo per G/iiarire il mistero di quella fuga: non in Italia, ma in Argentina, dove Majorana sarebbe stato in contatto con un circolo letterario, di cui faceva parte, secondo un'altra testimonianza, lo scrittore Ernesto Sabato. Bruno Russo, miziando le sue ricerche nel 1990 per un programma della Rai (trasmesso purtroppo solo in Sicilia), ha voluto controllare. Non ha trovato nessuna conferma sul convento, e una recisa smentita in Argentina. «Sono andato a Buenos Aires, ho incontrato Sabato. Avendo lavoralo a Parigi nel laboratorio Curie, Sabato conosceva bene la storia di Majorana. Ma quando gli ho chiesto della sua presenza in Argentina è caduto dalle nuvole», ci ha detto. In compenso) Russo ha trovato due testimoni importanti, che hanno parlato per la prima volta. Il professor Giuseppe Occhialini, fisico sperimentale (morto nel 1993), gli ha rivelato il colloquio da lui avuto con Majorana nel gennaio 1938, due mesi prima della fine. Occhialini veniva dal Brasile, era sceso dalla nave a Hapoli per conoscere il collega che ammirava. «Hai fatto appena in tempo ad arrivare, perché se avessi appena tardato di qualche settimana non mi avresti più incontrato», gli disse Majorana; e gli parlò, esplicitamente, del suicidio. Il secondo testimone è una donna, Gilda Senatore, uno dei sei allievi che Majorana aveva in università. Fu l'ultima persona a parlargli. Quel giorno, 25 marzo 1938, il professore la vide in aula, fuori orario; le chiese di seguirlo in corridoio, dove le affidò un fascio di carte. E si allontanò senza darle il tempo di chiedere spiegazioni. Quelle carte, consegnate più tardi dalla giovane al direttore dell'Istituto, sono scomparse, come il^firo autore. Erano, proba¬ bilmente, il suo testamento scientifico. Ma perché un uomo come Majorana, così lucido in ogni sua scelta, si sarebbe ucciso? Perché tutta la vita, ci spiega questo libro, lo portava al rifiuto di vivere. «Si era reso conto che non riusciva a stabilire una dimensione dell'esistenza legata al rapporto col mondo», dice Russo. E ricorda la lunga meditazione di Majorana sull'opera di Schopenhauer, che la sorella del fisico gli ha rivelato. Maria Majorana, oggi ottantatreenne, sembra condividere l'impostazione dell'autore, in una prefazione che suona accredito: «E' la storia che da quasi sessantanni continuo a raccontare a me stessa». Giorgie? Calcagno Ettore Majorana ^

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