L'ULTIMO COLPO DELL'UOMO INVISIBILE
Compie cent'anni il personaggio inventato da h. G. Wells: uno spunto suggestivo, ancora buono per un raccontino ambientato a Gargonza Compie cent'anni il personaggio inventato da h. G. Wells: uno spunto suggestivo, ancora buono per un raccontino ambientato a Gargonza MUOMO INVISIBILE SIK fosse ancora vivo, lo scrittore inglese H. G. Wells (1866-1946) avrebbe senza dubbio avuto un po Isto-letto nel castello di Gargonza in qualità di trombone esterno d'onore. Ai tempi del suo massimo prestigio non c'era convegno o seminario d'intellettuali, scienziati, politici in tutto il mondo dove non fosse invitato a pronunciarsi circa gli indefungibili interrogativi sull'Uomo Nuovo, lo Sviluppo della Società, Dove Mai Va la Sinistra e altri consimili hamburger di aria fritta. Nel 1934 visitò l'Urss, fu ricevuto per tre ore da Stalin e come tanti altri socialcoglioni dell'epoca venuti da Occidente non vide e non capì nulla di quel mostruoso «esperimento» utopistico. Era ovviamente in buonafede, si dava da fare, correva da una capitale all'altra, da un castello all'altro a proporre, progettare, raccomandare certe sue idee di concordia universale. Triste, tormentato, pessimista, questo non gli evitò di montarsi la testa, di scivolare nel ruolo panciuto, un po' tronfio, dell'intellettuale vaticinante, che se solo dessero retta a lui... Nulla è rimasto del beneintenzionato profeta H. G. Wells, nessuno mai cita, ricorda un suo messaggio, mtervento, contributo «costruttivo» ai problemi del mondo. Ma prima di diventare un «pensatore» pubblico e ridicolo insieme, egli era stato un romanziere di straordinaria popolarità, uno dei fondatori, con Jules Venie, della fantascienza, uno di quegli scrittori («Un buon cattivo scrittore», è la definizione immortale di Orwell riferita a Kiplmg) che senza mai avvicinarsi alla grandezza lasciano comunque un loro segno incancellabile nella storia letteraria. Inventò i meravigliosi luoghi comuni che ancora oggi alimentano dozzine di film, racconti, giochi, le guerre stellari, la macchma del tempo, l'mvasione degli alieni. Inventò L'uomo invisibile, di cui cade quest'anno il centenario, mitico best seller, mitico film degli Anni 30. Difficile oggi da reperire in libreria, espunto malinconicamente dalle ristampe tascabili, il romanzo non merita tanto oblio. Non è un capolavoro ma riserva non poche piacevoli sorprese a chi l'abbia dimenticato o a chi lo sfogli per la prima volta. La prima sta nell'ambientazione. 11 «mostro» appare non già a Londra ma ùi un villaggio del Sussex e viene visto, commentato, insomma presentato al lettore attraverso gli occhi della piccola gente del luogo, i padroni della locanda dove prende alloggio, i vicùii, i bottegai, altre tipiche figurine di provincia. Costoro sono Scuriositi, sospettano, congetturano, ma il tono resta lieve, niente affatto minaccioso, e i piccoli incidenti che si cominciano a raggrumare attorno all'eccentrico straniero suscitano reazioni candidamente umoristiche, quasi goldoniane. In un campiello veneziano il forestiero sarebbe un qualche falso marchese; qui, per quanto ne sappiamo, viene per la prima volta applicato il congegno, poi ripetutissimo, che mette in contrasto la commedia rustica con l'orrore fantascientifico. Wells è un ottimo, gustoso realista, scopriamo. E le sue amabili macchiette, l'atmosfera di campagna inglese, predominano in so¬ stanza fino alla fine. L'uomo invisibile è subito antipatico; ha i suoi problemi, per carità, ma si comporta con furia eccessiva, i suoi scatti, le sue stranezze giustificano ogni diffidenza. Quando infine viene letteralmente «scoperto» (e sotto non c'è niente), in una scena più farsesca che drammatica, si dà alla fuga verso la costa inseguito dai villani inferociti, si rifugia presso un dottore e a lui racconta la sua storia. Ha lavorato quattro anni su un'mtuizione trafficando con provette e alambicchi in una catapecchia londinese, ha derubato cinicamente il padre causandone il suicidio, non ò quindi un gentleman. Non solo, ma il suo progetto è di terrorizzare il mondo con la propria invisibilità, gli basterebbe l'aiuto di un complice per imporre la sua legge nefanda. Il dottore finge di stare al gioco ma poi, avendo a che fare con un mostro psicopatico, lo tradisce, fa accorrere con la polizia una folla di linciatori che liquidano brutalmente il fenomeno. Lo scienziato faustiano che tutto solo nel suo laboratorio persegue un progetto trasgressivo destinato a ritorcersi contro di lui ha beninteso l'immediato precedente (1886) del dottor Jekyll. Ma la lunga confessione dell'uomo invisibile sta in piedi benissimo come abile racconto del terrore. Il gatto-cavia che non si decide a scomparire del tutto è una forte immagine, e convincente risulta lo stupore rabbioso di Griffin (cosi si chiama il protagonista) quando infine si trova a correre per Londra nudo sotto la neve e tutti i prosaici ma terribili inconvenienti dell'invisibilità, che non aveva previsto, mettono in crisi la sua sperata onnipotenza. Un Hitler nel 1922, se si vuole, un reietto carico come una bomba di odio fanatico verso tutto e tutti. Non male davvero. La scienza poi non si curò di studiare e risolvere il problema dell'invisibilità se non per un aereo da combattimento americano che sfugge ai radar, a quanto dicono. Ma la trovata resta suggestiva, invitante. Un castello nella campagna toscana dove si danno convegno cento pensatori invisibili che si parlano, si urtano, si sgambettano, inciampano gli uni negli altri per scale e corridoi sarebbe uno spunto ancora buono se non per un intero romanzo per un vivace raccontmo. Carlo Frutterò Franco Lucentini Qui a fianco lo scrittore inglese H. G. Wells. Sopra una scena del film «L'uomo invisibile» diretto nel '33 da James Whale e interpretato da Claude Rains
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