Se l'Ulivo punta a Las Vegas
Muore a Varese il deputato leghista Frigerio IL PALAZZO Se l'Ulivo punta a Las Vegas vabbé, non è uscito il «terno Veltroni»: 49, museo; 61, lavoro; 90, ministro... Converrà il vicepresidente del Consiglio che sarebbe stato un po' troppo, per la prima settimana. In compenso, con parte dei quattrini ricavati dallo sdoppiamento bisettimanale del Lotto, da Veltroni così intensamente voluto e ancor più velocemente messo in opera, saranno restaurati tanti bei palazzi. Chi ha giocato e rigiocato, perciò, è in qualche modo un benemerito della Cultura. Chi non ha giocato, molto meno. Chi non ritiene virtuoso giocare, o ha dei dubbi sull'espediente ludico-legislativo, o addirittura ne intravede i possibili rischi, si sente isolato e come sopraffatto dal pensiero unico ed esultante del Lotto benefico. Si sente ai margini della «nuova coscienza civile», come l'ha salutata Veltroni prima della salvifica estrazione; e come comprensibilmente l'incoraggia il ministro delle Finanze Visco, del quale capita di leggere sempre più spesso bizzarri comunicati sulle più diverse lotterie, figuracce di Capodanno da spiegare, jolly o assi di coppe da grattare. E allora uno magari si ricorda di come erano, Visco e Veltroni, prima che il potere - o anche il «servizio», dipende - li costringesse a trasformarsi in piazzisti di sogni, per quanto in buona fede. E un po' meraviglia pure che ci sia voluto un governo di sinistra, o suppergiù, questo Ulivo proiettato verso Las Vegas, per ridare un senso allo «Stato biscazziere», come lo chiamava Gaetano Salvemini. Per cui, adesso, passato il principio e individuata una qualche indiscutibile Buona Causa - pensionati? emigrati? malati? disoccupati? -, zàcchete, eccoti per assurdo la benefica lotteria «Totokid», aperta anche ai bambini, ecco l'assoluta liberalizzazione di flipper, slot-machine e videogiochi, ecco l'agognato via libera ai casinò regionali, uno per l'inverno, s'intende, e uno per l'estate, che fanno una quarantina in I tutto, evviva. Pochissimi, d'altra parte, hanno segnalato i pericoli che si corrono, una volta agganciate le risorse economiche del gioco alla Ragion di Stato, con il dovuto supplemento di comunicazione. Fatto sta che sul doppio lotto, il governo non ha solo lanciato un segnale forte, ma forse per la prima volta s'è preoccupato di sostenerlo con un'organizzazione altrettanto decisa: battage di stampa e campagna pubblicitaria, apertura notturna dei botteghini, moltiplicazione dei punti di vendita, predisposizione della copertura televisiva via cavo e perfino (discutibili) analogie storiche con Clemente XII che con una lotteria finanziò la costruzione della Fontana di Trevi. Fino a rendere l'espediente un'autentica virtù, ma non solo per il governo o per la società Lottomatic, ma per tutti. Si dirà: ma in fondo lo è veramente, una virtù; con soldi «brutti» e spesi male si rida vita a qualcosa di bello (Albergo dei Poveri di Napoli, Residenza reale di Venaria, Palazzo Barberini a Roma) che altrimenti seguiterebbe ad andare in rovina. Benissimo. E tuttavia, anche senza ricorrere all'idea del gioco usato come anestetico sociale dal potere, né pretendere che il governo riconosca e faccia sua l'opinione secondo cui è disonesto far pagare ai poveri gli svaghi culturali dei ricchi, ecco, almeno si abbia lo scrupolo di ammettere che in questo caso - pure con inusitata rapidità e competenza - si è scelta la linea secondo cui il fine giustifica i mezzi. E almeno i mezzi di solito non solo è giusto, ma conviene anche discuterli. Filippo Ceccarelli Bili |
Persone citate: Barberini, Clemente Xii, Filippo Ceccarelli Bili, Gaetano Salvemini, Veltroni, Visco
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