«Il governo? E' a Capo Horn»

di governo? V q Capo Horn» di governo? V q Capo Horn» Maccanico: ci logoriamo, temo il naufragio IL MINISTRO DELLE POSTE SROMA LAMO arrivati a Capo Horn, se riusciamo a doppiarlo bene, altrimenti...». Casa Maccanico, pomeriggio di una quieta domenica romana. Se il padrone di casa non fosse quello straordinario cultore del diritto costituzionale e della dottrina politica, si direbbe riemerso da un'assorta lettura dei grandi viaggiatori-scrittori della storia, dal vecchio Magellano fino al contemporaneo Sepùlveda. Invece, più semplicemente, il ministro delle Poste, sprofondato sui divani damascati della sua casa di via della Scrofa, descrive così il momento duro, forse ii più duro, che il governo Prodi sta attraversando. «Capo Horn - spiega Maccanico - è la manovra aggiuntiva, il passaggio politico ed economico più difficile che questo governo si è trovato finora davanti. Le acque sono agitate, e parecchio: ma abbiamo il dovere di superare questo passaggio, perché altrimenti l'Italia perde l'aggancio con Maastricht, e si sfascia tutto». Il rischio che si sfasci tutto e che si arrivi persino ad una crisi questa volta non appare più così remoto come qualche settimana fa. Ma Tonino il Tessitore, benché non sia poi così ottimista, si sforza di non crederci: «Semmai - dice - io vedo un altro rischio, altrettanto pericoloso: quello che il governo si logori, che tra le mediazioni continue annacqui l'efficacia della sua azione. E anche questo va evitato, perché finirebbe col farci perdere comunque l'appuntamento con l'Europa». Ministro Maccanico, l'epilogo del vertice sull'occupazione dimostra che il logoramento nella maggioranza è già un dato fattuale, piuttosto che un rischio potenziale... «Non è cosi, anche se indubbiamente il clima si è appesantito, perché ora siamo chiusi tra due necessità. La prima è tenere insieme la maggioranza, non solo il "nucleo duro" dell'Ulivo, ma anche Rifondazione comunista e Rinnovamento Italiano: dobbiamo compattare una "costituency" molto larga, il che non è affatto facile. La seconda è che dobbiamo gestire, mantenendo ed anzi accrescendo la nostra credibilità, un'altra "costituency", che è quella dei mercati. Questi due fattori interagiscono, l'instabilità politica di questi giorni influenza negativamente i mercati. Dobbiamo raccogliere tutti, con grande senso di responsabilità, l'appello di Ciampi a non disperdere il patrimonio che abbiamo accumulato in questi mesi», i Il problema è che in questo momento, dopo lo scontro sul lavoro e quello ancora più aspro che si profila sulla manovrina, Ciampi appare isolato... «Guardi, io sono amico di Carlo Azeglio da tanti, tanti anni, lo conosco bene e so quanto è determinato. Lui non si fa mettere all'angolo. E comunque io spero che funzioni, come è accaduto finora nei momenti importanti, l'asse Prodi-Ciampi. Senza considerare l'appoggio che, al ministro del Tesoro e alla sua ferma volontà di portare il Paese in Europa, danno persone come Andreatta e il sottoscritto». Di fronte al «no» di Bertinotti sia a nuove tasse, sia ai tagli di spesa, c'è il pericolo che questo appoggio non basti, o che l'asse si incrini... «Certo, con Bertinotti siamo sul filo del rasoio, ma lo sapevamo da subito che ci saremmo arrivati, prima o poi. Lui risente della sua cultura massimalista e del suo retroterra sindacale, al quale noi dobbiamo rispondere andando avanti con i nostri obiettivi e offrendogli in cambio qualcosa, ma senza mai pagare prezzi troppo alti». Finora ne avete pagati... «No, io direi di no». Sulla manovra aggiuntiva rischiate di pagarne, se in cambio siete costretti a varare decreti assistenziali come quello sui 100 mila posti di lavoro al Sud, o se sarete addirittura costretti a rinviare le misure anti-deficit dopo le elezioni... «Intanto sarà approvato il provvedimento del ministro Treu sulla flessibilità. E poi, per ora, io continuo a vedere che c'è determinazione a perseguire l'obiettivo di contenere fm da subito entro il 3% il rapporto tra deficit e Pil, come richiede il Trattato di Maastricht, che resta l'obiettivo primario di questa maggioranza...». Ma anche D'Alema, che finora era stato anche se «obtorto collo» un sostenitore di Prodi, adesso si mostra preoccupato... «Lo capisco, perché se la maggioranza non tiene su un obiettivo primario come Maastricht, allora cade, questo è chiaro. Ma è proprio per questo che io dico che dobbiamo superare questo momento difficile, e riprendere il cammino del risanamento senza esitazioni, senza incertezze». i Ma intanto, a parte il conflitto con Rifondazione, vi tengono col fucile spianato, oltre ai sindacati, anche gli industriali. Romiti, a Brescia, ha lanciato un messaggio chiaro sulTfr. «Lo capisco, noi dobbiamo trovare una linea che tenga conto delle esigenze degli industriali. Ma bisogna rendersi conto che, data l'importanza di Maastricht, tutti devono pagare un prezzo al risanamento. Anche le imprese. Si tratta solo di bilanciare i sacrifici, di non addossarli solo da ima parte». Quindi si tratta di fare anche tagli di spesa? «Il punto è questo: io credo che gli industriali accetterebbero responsabilmente di fare la propria parte se ci fosse un equo bilanciamento degli interventi sul fronte della spesa». Anche sul fronte delle pensioni, quindi? «Certo, ho detto su tutta la spesa». Ma a quel punto incontrereste comunque il veto dei sindacati e quello di Bertinotti, che vi bloccherebbe, magari provocando la crisi, o il logoramento, come dice lei... «Insomma, capiamoci fino in fondo. Qui la questione è evitare la consunzione del governo, perché se alla crisi si arrivasse per consunzione, sarebbe un disastro, avremmo perso l'Europa e anche quel poco di bipolarismo che abbiamo creato fino ad ora, perché si sfascerebbe il centro-sinistra e si frantumerebbe l'Ulivo». Ma in caso di crisi, come invece continua a dire pubblicamente D'Alema magari senza crederci davvero, non si andrebbe a votare? «Questo non lo so, è un interrogativo che circola ma che io trovo ozioso, perché tutti rispondono senza tenere conto della variabile indipendente che è il presidente Scalfaro». Ma lei al governo di larghe intese, magari proprio per l'Europa, ci crede ancora oppure no? «No, oggi non ci credo. Poteva funzionare quando io feci il tentativo un anno fa, non oggi. D'Alema ha già creato una lacerazione forte nel suo partito, dopo che al congresso si è spostato anche lui verso il Centro...». Creandovi qualche problema, visto che è saltato l'accordo per un patto federativo con Dini e i Popolari... «Be', dopo la virata del pds al centro comincia ad esserci un po' d'affollamento, in effetti. Questo è positivo, ma restringe i margini d'azione per le forze che ci sono. Quanto a Dini e ai Popolari, loro sono gelosi delle rispettive identità. E' legittimo, per carità, ma così il patto federativo non può na- scere, ed ò un peccato». Diceva di D'Alema... «Sì, non ce lo vedo a fare un altro "strappo" dentro al pds, dando vita a un governo con Forza Italia e An, con la Lega e Rifondazione all'opposizione». E allora? «E allora niente. Io non voglio considerare l'ipotesi di una crisi, perché credo in questo governo e sono convinto che possa e debba andare avanti con il programma che si è dato. Anche perché in questi mesi, al di là delle polemiche, di risultati importanti ne abbiamo raggiunti parecchi. Se prescindo per un alluno dai passi avanti fatti nella finanza pubblica e nella lotta all'inflazione e guardo al mio settore, per esempio, mi pare che abbiamo fatto significativi passi avanti. Pensi solo all'emendamento concordato venerdì scorso sul disegno di legge per le telecomunicazioni e le Tv». Anche lì, in realtà, qualcuno ha voluto vedere un altro esempio di rinvio quasi pilatesco, visto che avete trasferito all'Authority la patata bollente della decisione sulla scadenza dei termini per far trasferire a terra le trasmissioni della belusconiana Retei... «Ma è una critica assurda! Quella del "regalo a qualcuno" sulle norme televisive è da sempre un nostro vizio nazionale. Io credo che abbiamo trovato una soluzione equa per lutti, compresa la Rai: ci siamo legati allo sviluppo delle tecnologie e alla piattaforma satellitare, che rappresenta il futuro, e abbiamo dato poteri all'Authority, che vogliamo forte e siamo persuasi che si adeguerà alle indicazioni della legge, lo spero che prima di Pasqua si riesca ad approvare questo emendamento...». Ha già verificato gli orientamenti del Polo su questo? «Ho fatto le mie consultazioni, e ho trovato un clima positivo». A questo punto cadrebbe l'ipotesi di uno stralcio delle norme sull'Authority per le telecomunicazioni? «Se c'è l'accordo sulle norme transitorie io credo proprio di sì. Ed è un fatto importantissimo, che ci consente di privatizzare la Stet entro i termini previsti. Vede, anche questa sembrava una chimera impossibile, e invece ci stiamo riuscendo...». Sempre che nel frattempo non affondiate, dalle parti di Capo Horn... «Io spero proprio di no. Anche se il mare stavolta è mosso sul serio». Massimo Giannini «La manovra aggiuntiva è il passaggio più difficile che questo esecutivo si è trovato finora davanti O riusciamo a superarlo o diciamo addio a Maastricht» Dobbiamo tenere insieme la maggioranza e raccogliere tutti con grande senso di responsabilità l'appello di Ciampi a non disperdere il patrimonio che abbiamo accumulato in questi mesi flpp Con Bertinotti siamo sul filo del rasoio Lui risente della sua cultura massimalista e del suo retroterra sindacale Noi dobbiamo puntare ai nostri obiettivi offrendogli in cambio qualcosa ma senza pagare prezzi troppo alti ij tj A sinistra il ministro delle Poste Antonio Maccanico A destra il premier con il segretario di Rifondazione Bertinotti

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