In marcia con i conquistatori dello Zaire

11 Prima di fuggire i soldati saccheggiano la città, 400 hutu annegano nel fiume tentando la fuga In marcia con i conquistatori dello Zaire E' caduta anche Kisangani, nessuno ferma i ribelli tutsi REPORTAGE ZAIRE ORIENTALE DAL NOSTRO INVIATO Eccola finalmente l'annata con gli stivali di gomma. Per centinaia di chilometri li ho inseguiti nella foresta per trovare le avanguardie dei liberatori dello Zaire. Ogni volta, ai posti di blocco, i soldati ti gridavano dietro «più avanti, più avanti», ridendo soddisfatti del gioco a rimpiattino. Adesso la rincorsa è finita. E hanno vinto loro. «Lei non vedrà battaglie - annuncia un ufficiale Kisangani è appena caduta, i mercenari di Mobutu sono scappati». I vincitori sono accovacciati sotto un albero maestoso e non sembra proprio che sia una giornata storica. Invece l'Africa volta pagina. Vecchi satrapi con le loro ciniche congreghe interessati a coltivare la miseria cadono, vacillano i confini, irrompono nuovi misteriosi protagonisti. I soldati bambini zairesi sembrano un po' tristi. Hanno visto partire i ruandesi dal profilo di giunco, alleati ambigui e voraci, gente che sta dietro la guerra con molta disinvoltura, con naturalezza. Loro si vede che hanno una gran fretta di diventare bambini comuni, di ritrovarsi nella propria povera pelle; un giorno bisognerà chiedere conto a qualcuno di questi adolescenti sottratti ai giochi per le guerre africane. Il più piccolo, con la faccia compunta da guerriero, rifiuta una caramella fulminato dall'occhiata di un ufficiale. Tutti indossano stivali di gomma, quelli dei giardinieri, come se avessero allegramente saccheggiato un negozio Pirelli. Ma non bisogna farsi ingannare dalle scarpe dei soldati. I contadini di Mao avevano poveri sandali di giunco, i vietnamiti correvano nelle risaie con scarpe tagliate dai copertoni delle auto. Anche questi si vede che vogliono andare lontano, hanno cominciato a rosicchiare il regno immenso di Mobutu a piccoli morsi appena quattro mesi fa; adesso il banchetto è diventato pantagruelico. Un terzo dello Zaire è nelle loro mani, dalle montagne, qui, ricche di diamanti come uno scrigno, vedono lo Zaire che avvolge sinuoso la città conquistata. E possono scendere fino a Sud dove continuano a inghiottire spazi sempre più grandi dello Shaba del rame e del cobalto. Nulla più li separa da Gbadolite, la reggia del dittatore il cui «viaggio» in Costa Azzurra assomiglia sempre più ad un esilio e il cui potere è ferito a morte. I suoi mercenari ucraini e serbi da 3000 dollari al mese sono scappati in elicottero, i soldati zairesi invece, arrancano in rotta sulla strada lasciala volontariamente aperta dai vincitori come un'irresistibile tentazione. A nessuno importa dei 400 Hutu, eterni profughi, annegati nel fiume mentre continuavano la loro corsa verso un'irraggiungibile sicurezza. E' davvero sontuosa la foresta del Kivu sotto questo cielo d'Africa sensuale e femmineo. Così aristocratica da sopportare con degnazione anche la pista verso Kisangani massacrata dai camion militari che la taglia come una lunga, esigua ferita. Il motore malato della Jeep rantola e sbuffa sotto i colpi dell'autista che la sprona come un forsennato. «Questo è un posto di uomini cattivi, dei selvaggi May May» sussurra spiando ansioso ogni curva. La notte scende improvvisa, senza tanti complimenti, inghiottendo queste valli che accorrono trionfalmente dentro immense conche dorate. Non un soffio di vento, non un brivido d'aria; immobili grandi giganti della selva. Come formule di un pauroso enigma, solo fuochi lontani. Ma nell'ombra è tutto un andirivieni. Si scende nel gorgo infiammato del Kivu per cercare i fili di una rivoluzione che fa crollare il più inossidabile dittatore africano, sperando di trovare qualche sillaba nuova nel liso vocabolario politico del continente. E scopri un sessantenne, Laurent Kabila che era già un rivoluzionario quando Che Guevara verme qui e non imparò che le rivoluzioni non si possono esportare. Senti risuonare nomi antichi, come quelli di Lumumba, il presidente dell'indipendenza ucciso proprio da Mobutu. E soprattutto scopri che l'armata che ha sconfitto i Kalashnikov e i mercenari è formata da guerrieri seminudi, armati di bastoni, di erba e di acqua, comandati da stregoni bambini. In fondo alla foresta c'è un piccolo ospedale. Adesso che la magia lo ha abbandonato il May May è un fagotto di infelicità. L'ospedale non ha niente, neppure l'acqua. L'infermiere che è rimasto racconta che il medico è fuggito con i soldati di Mobutu portandosi dietro tutte le medicine, le apparecchiature e persino i materassi. Lungo tutta la strada fino a Kisangani i soldati in rotta hanno rubato, violentato, bruciato, innaffiato le case con i mitragliatori. La gente sta appostata nelle sue baracche piene di miseria custodite e guardate come un'immensa ricchezza e racconta delle povere cose perdute. Il May May morirà perché non c'è nulla per curare il suo intestino squarciato dalle pallottole dei soldati. Per questo si aggrappa alla sua storia come ad una rivincita, con la tenace ferocia dei moribondi. Fino a novembre dello scorso anno era, come tanti sfortunati sudditi di uno degli uomini più ricchi del mondo, un uomo che spingeva biciclette stracariche di sacchi e di latte su sentieri che una pioggia rabbiosa trasforma in tm vetro spalmato di grasso. Ad ogni chilometro l'inimmaginabile pena di questo popolo di schiavi trovava uno sbaiTamento: un soldato, un poliziotto, un funzionario che chiedeva il pedaggio «perché la bicicletta era troppo carica». Un giorno lui e gli altri hanno detto basta e sono andati nella foresta per sentire il richiamo. L'ultima volta era succes¬ so nel 1964 e suo padre diventò un «simba». Fu un'atroce epopea in queste terre, bagnate dal sangue di missionari ed europei. La guidava, tra gli altri, una celebrata fattucchiera, «maina Cinema», che marciava davanti ai soldati gridando che le pallottole erano solo gocce d'acqua. La fermarono proprio a Kisangani che allora si chiamava Stanleyville i paracadutisti belgi accorsi, solleciti, in aiuto dell'amico Mobutu. Trentadue anni dopo è eli nuovo il tempo della dawa, la medicina che rende invulnerabili, fatta di erbe e di acqua, i simboli della vita, distribuita da bambini sciamani che hanno le mani pure insieme con la marijuana. Kabila, un ribelle che da trent'anni Mobutu teneva tranquillamente a bada come un insetto molesto, ha capito che questa era l'arma segreta, risolutiva: per seminare le anime degli uomini qui parole come libertà, popolo, democrazia non servono, perché le usano tutti. Occorrono fattucchiere e stregoni. E' stata la più incredibile delie guerre, piccole bande di uomini seminudi, coperti di amuleti, correvano veloci per la foresta verso Kisangani, precedendo i soldati. All'improvviso balzavano fuori davanti alle trincee dei soldati di Mobutu gridando may may, «acqua, acqua». «Non ho mai avuto un fucile. Non mi serviva, ero invulnerabile. Bastava una pietra, un bastone. Bastava sputare contro i soldati ed era come se tirassi una granata». 1 pretoriani di Mobutu, un'armata arruolata nelle prigioni e nei bassifondi e pagata con il saccheggio, erano i primi a credere alla magìa. Questi uomini vivono di leggende e credono più alle storie che alla Storia. Gli anni passano senza scuotere l'Africa dal suo torpore. Ha ceduto le sue ricchezze ma ha conservato in questa ferita la sua anima immobile. «Lo spirito di Lumumba era con noi, lo avevamo evocato anche se la sua tomba e lontana. E adesso e tornato». E' proprio vero che uccidere non è difficile, il vero problema è nascondere il cadavere. Mobutu non c'è riuscito. Domenico Quirico mercenari del dittatore pagati tremila dollari al mese sono scappati. Un terzo del Paese è nelle inani dei. banyavlulenge che puntano alle ricchezze in diamanti rame e cobalto di Gbadolite e dello Shaba <Lo spirito di Lumumba è con noi» Il segreto del loro leader, Kabila, è un'armata di guerrieri seminudi considerati invulnerabili UGANDA ZAIRE 1 RUHENGERI RUANDA 9 KIGALI • GITARAMA BOTARE BURUND A sinistra due ribelli tutsi «banyamulenge» e qui sopra un cadavere insepolto [FOTO REUTERJ

Persone citate: Domenico Quirico, Guevara, Kabila, Laurent Kabila, Lumumba, Mao, Shaba

Luoghi citati: Africa, Kigali, Ruanda, Shaba, Zaire