Gaza l'ultimo appello a Netanyahu di Aldo Baquis
Conferenza con Europa, Usa, Giappone, Egitto e Giordania ma senza Israele Conferenza con Europa, Usa, Giappone, Egitto e Giordania ma senza Israele Gaza, l'ultimo appello a Netanyahu Oggi Re Hussein dai genitori delle piccole vittime dell'attentato TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Un appello urgente ai Paesi patrocinatori del processo di pace in Medio Oriente affinchè convincano Israele a desistere dalla realizzazione di decisioni di carattere unilaterale in Cisgiordania e a Gerusalemme Est è stato lanciato ieri dal presidente dell'Autorità nazionale palestinese Yasser Aratat nel corso di una Conferenza convocata ieri a Gaza. In un discorso severo ma pacato il presidente palestinese ha spiegato ai diplomatici che rappresentavano Usa, Russia, Unione Europea, Giappone, Norvegia, Egitto e Giordania «il piano israeliano volto a distruggere sistematicamente il processo di pace» e ha elencato una serie di «violazioni degli acco: di». Fra queste, la imminente costruzione a Sud di Gerusalemme del rione ebraico di Har Roma, la decisione del governo israeliano di compiere in Cisgiordania un ritiro di dimensioni ritenute dai palestinesi «del tutto insufficienti», la chiusura dei Territori e la confisca di terreni, «Nessuno - ha dichiarato Arafat - ha il diritto di prendere decisioni unilaterali che rischiano di avere ripercussioni sull'assetto definitivo nei Territori». «Faccio appello al governo israeliano - ha aggiunto - affinché annulli le recenti decisioni relative alle colonie e dia al processo di pace quelle speranze che gli spettano». Oggi anche re Hussein di Giordania - che sarà in Israele per esprimere cordoglio alle famiglie delle studentesse uccise da un soldato giordano - chiederà a Benyamin Netanyahu di rinunciare in extremis al progetto di Har Homà durante un colloquio senza precedenti per un leader arabo nell'ufficio del premier israeliano a Gemsalemme. Dopo oltre tre ore di lavoro, la Conferenza si è conclusa - come era prevedibile - senza anatemi né conclusioni concrete. «Non mi sento affatto tranquillo» ha commentato il portavoce di Arafat, Marwan Kanafani. Infatti le notizie che giungono in questi giorni da Gerusalemme indicano che quasi con certezza le ruspe israeliane inizieranno i lavori di Har Homà lunedì o martedì. «E' possibile che quei lavori innescheranno disordini» ha convenuto il ministro della sicurezza interna Avigdor Kahalany. «Ma in definitiva il governo israeliano deve anche soppesare gli interessi nazionali di lunga scadenza» e quindi, ha lasciato intendere, deve essere eretto quel popoloso sobborgo che con i suoi 30 mila abitanti contribuirà a separare fisicamente i palestinesi di Gerusalemme Est da quelli della Cisgiordania. Interprete di un revisionismo politico che si fa gradualmente strada nel governo di Benyamin Netanyahu (fino ad influenzare il moderato David Levy), Kahalany rientra nel novero dei ministri secondo cui la formula di Oslo è superata. Quella formula teorizzava un processo di pace composto innanzi tutto da piccoli passi tesi a cementare la fiducia reciproca, mentre le questioni spinose (Gerusalemme, i profughi, lo Stato palestinese! venivano lasciate a un futuro più remoto. I ministri del Likud paventano però che Israele giunga alle trattattive sull'assetto definitivo nei Territori dopo aver già ceduto ai palestinesi strategiche porzioni di Cisgiordania, e quindi con una ridotta capacità di trattativa. «Meglio mettere subito sul tavolo le questioni principali» hanno esortato questa settimana Kahalany e il sindaco di Gerusalemme Ehud Olmert (Likud). Da qui la volontà di ri¬ durre il ritiro parziale dalla Cisgiordania e la disponibilità a un confronto immediato su Gerusalemme: «Har Homà - ha detto Olmert - è per noi l'ultima trincea». Nella Conferenza di Gaza Arafat ha però chiarito a Netanyahu che rischia di pagare un alto prezzo politico per il tentativo di alterare i tempi del negoziato. Dopo la forte condanna del progetto di Har Homà espressa dall'Assemblea generale dell'Onu ieri i Paesi partecipanti alla Conferenza di Gaza hanno esortato le parti «a rispettare gli impegni in modo scrupoloso». Il tono relativamente pacato della Conferenza è stato certamente influenzato dall'impressione provocata dalla strage delle studentesse israeliane nella valle del Giordano. Ma quando inzieranno i lavori di Har Homà, i Territori non rischiano una nuova fiammata di violenze? «Chi lo sa?» ha replicato Arafat. «Bisognerebbe chiederlo alle masse palestinesi...». Aldo Baquis A destra, il tavolo della Conferenza internazionale convocata dal Anp ieri a Gaza. Sopra, il presidente palestinese Yasser Arafat
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