«Nessuna violenza è morto d'asma»

Per un intero giorno un lontano parente della vittima è rimasto in cella accusato di abusi sessuali Per un intero giorno un lontano parente della vittima è rimasto in cella accusato di abusi sessuali «Nessuna violenza, è morto d'asma» Caserta, l'autopsia fa luce sul decesso del ragazzino CASERTA. E' una brutta storia, brutta come tutte quelle in cui la verità ha mille facce. La morte di un ragazzo di 14 anni potrebbe aver portato in carcere un innocente, per ore ritenuto capace di brutali abusi sessuali. Quando i genitori lo hanno accompagnato in ospedale, per Francesco A. non c'era già più nulla da fare. Ma lì i medici hanno notato i segni di violenza che hanno dato il via alle ipotesi più crudeli, al fermo di un giovane, Angelo S., 24 anni, sospettato di aver persino seviziato lo studente. Fino a quando non sono cominciate a circolare le prime indiscrezioni sui risultati dell'autopsia, dalle quali è emerso che quell'adolescente sofferente d'asma, ma all'apparenza alto e forte, non era stato violentato. Fino a tarda sera, però, il presunto stupratore è rimasto in una cella del carcere di Santa Maria Capua a Vetere, in attesa delle decisioni della Procura che ha acquisito le relazioni dei periti. Decisione che è arrivata in serata, con la scarcerazione. Ma Angelo S. resta indagato. Perché, visto che non sono emerse tracce di violenza? Forse nel «giallo» della morte del ragazzo, forse stroncato da una crisi di asfissia, c'è ancora spazio per oscuri retroscena? Tutte domande che per ora restano sospese e non danno pace alla famiglia e agli amici di Francesco, ma neppure a chi è vicino ad Angelo S., inquadrato dalle telecamere mentre gli agenti lo portano via, diventato il «mostro» di Lusciano, il piccolo paese in provincia di Caserta che fa da scenario alla presunta violenza e al presunto errore giudiziario. Il mistero comincia venerdì sera, quando il quattordiceime si accascia in strada sotto gli occhi della madre che dalla finestra lo vede rincasare. E' lei a dare l'allarme: avverte il marito, un ex contadino diventato addetto alle pulizie in una banca in provincia di Napoli, e il cognato, che nello stesso palazzo ha una bottega di falegnameria. I due uomini si precipitano a soccorrere il ragazzo, cercano di rianimarlo, ma ogni sforzo si rivela vano. E' già morto, quando l'auto arriva al pronto soccorso dell'ospedale i Aversa medici non possono fare nulla e parlano di arresto cardiaco. Sono loro, però, a insinuare i primi dubbi, quelli che trasformano una fine prematura da un tragico scherzo del destino alla conse guenza di una violenza sessuale, di sevizie inferte persino con oggetti. Ieri mattina, il primo colpo di scena. La polizia ferma il fratello dell'insegnante, lontano parente della famiglia di Francesco e suo vicino di casa, dal quale il ragazzo si era recato prima di morire. Dal professore prendeva lezioni private di matematica e in quella casa - accusano gli inquirenti - sarebbe avvenuta la violenza. L'improvvisa svolta nell'indagine arriva dopo lunglii interrogatori, durante i quali i due fratelli vengono ascoltati separatamente. Gli investigatori lasciano intendere che il racconto dei due sugli avvenimenti di quel pomeriggio di ve- nerdì è zeppo di contraddizioni. Un esempio: l'insegnante dice di essersi allontanato dalla stanza dov'era Francesco per non più di un quarto d'ora, il fratello sostiene che l'assenza è durata quasi un'ora. I telegiornali mandano le im¬ magini di Angelo S. portato via dagli agenti. E i compagni di scuola dello studente che frequentava la prima classe del liceo scientifico «Enrico Fermi» di Aversa, sfilano in silenzioso corteo per le strade del paese. Sono oltre mille ragazzi e con loro ci sono pure gli insegnanti, tutti dietro uno striscione nero con una scritta bianca: «Per Francesco. Rimarrai sempre nei nostri cuori». Arrivano a piedi a Lusciano, consegnano un biglietto di solidarietà ai genitori e alla sorellina del loro amico, testimoniano il loro rifiuto «di qualsiasi tipo di violenza». Le ore passano, il «giallo» sembra risolto: in carcere c'è il colpevole di abusi che hanno portato alla morte del ragazzino. Ma arriva il secondo colpo di scena: le voci sugli esiti della perizia eseguita dal professor Michele Pille- ri, escludono segni recenti di stupro, capovolgono i referti stilati in ospedale dove i medici avevano parlato di lesioni nella «zona perianale». Angelo S., però, non lascia la sua cella, fino a tarda sera. Mariella Cirillo li. PROFESSORE. Lanfranco Schillaci è un professore trentaquattrenne che nell'89 diventa un caso: viene accusato di aver violentato la figlia Miriam, di 3 anni. Dopo una visita, infatti, i medici del Niguarda emettono una diagnosi terribile: «E lei vorrebbe farci credere che queste lesioni anali sono dovute a una supposta?». La piccola viene tolta ai genitori e solo dopo qualche mese il tribunale dei minorenni revoca i provvedimenti presi in via cautelativa. Poco dopo si scopre che le lesioni erano causate da un tumore e nonostante un'operazione Miriam muore nel '90. IL PROFESSIONISTA. «Papà mi tocca», rivelò una bimba di 4 anni alla cugina. E l'uomo, 50 anni, milanese, si trasformò in mostro. Quelle parole gli inchiodarono addosso i sospetti di tutti e della moglie, decisa a proseguire nella causa di separazione che era già in corso. Ma dopo 3 anni, nel febbraio del '96 i giudici lo hanno assolto con una sentenza clamorosa: nei casi di abusi e violenze «il minore non è credibile né incredibile, in quanto la struttura della sua personalità non ha una definizione tale da consentire una valutazione così netta dei comportamenti e delle affermazioni». La manifestazione che si è svolta ieri a Caserta in memoria dello studente morto in circostanze ancora da chiarire

Persone citate: Angelo S., Enrico Fermi, Lanfranco Schillaci, Mariella Cirillo, Vetere

Luoghi citati: Aversa, Capua, Caserta, Lusciano, Napoli