Quando l'aquila uccide se stessa di Lorenzo Mondo
Fini: ci fu anche eversione di destra PANEAL PANE "i Quando Vaquila uccide se stessa INFELICE Paese delle aquile, così orgoglioso un tempo della sua alterità e inaccessibilità, si è trasformato in una arena di galli furenti, in un pericolante imbarcadero di profughi. Si sperava che, uscito da un turpe servaggio, trovasse un ragionevole equilibrio: per chi non ha mai avuto niente, dovrebbero contare anche i piccoli passi sulla via dello sviluppo e della dignità civile. Non mancavano neppure, all'Albania, prestigiosi sponsor ideali. Il bardo Ismail Kadarè, che aveva rinnovato l'epica della sua gente racco: tando la dura lotta per la sopravvivenza contro gli eserciti della Mezzaluna, le cupidigie dei vicini balcanici e, più recentemente, contro l'Italia fascista. Madre Teresa di Calcutta, premiata con il Nobel per la pace, circonfusa di una sacralità che sarebbe bastata un tempo a presiedere alla nascita di una nazione. Ma la poesia e la santità oggi valgono meno della pubblicità mendace che viaggia per l'etere, dei fruttiferi marciapiedi delle città europee. Appaiono un fragile argine contro la povertà endemica, la disillusione storica, l'incapacità di sottoporsi volontariamente a una disciplina comune. Nelle fasi più recenti della loro storia, gli albanesi non hanno avuto peggiori nemici di se stessi: con la ferrea dittatura di prima, con le lacerazioni di oggi tra città e campagne, tra villaggi e famiglie. Sembra che i minibunker di cemento disseminati da Hoxha lungo le coste per contendere ogni passo a un fantomatico invasore, abbiano in realtà separato gli albanesi da se stessi, armandoli l'uno contro l'altro in un delirio di Kalashnikov. Che fare? L'intervento armato che invocano Berisha e il suo governo per riportare la pace suscita forti imbarazzi: in una Europa che parla con voce così flebile, quanti sono disposti a morire per Tirana? Più legati ancora i movimenti dell'Italia, che conserva dell'Albania ingrati ricordi («Sul ponte di Perati - cantavano gli alpini - bandiera nera...») e potrebbe ingenerare sospetti di neocolonialismo. Eppure l'Albania è una poI tenziale polveriera. Non creI do che sia arrivato il momen- to, per gli albanesi del Kosovo, di rivendicare l'unione con la madrepatria. Se prima piegavano il collo davanti ai serbi per le peggiori condizioni di vita nell'Albania forsennatamente stalinista, ora dovrebbe trattenerli lo sfacelo dell'unità statuale. Congiungersi a c ■' e a che cosa? Ma il fiar. ero potrebbe essere acceso dalle provocazioni jugoslave, dalla voglia di saldare il conto a una etnia riottosa, inassimilabile. Grossi rischi li corre l'Italia: per una colonizzazione a rovescio, per una migrazione che rinverdisce il ricordo dell'età di mezzo. C'è da augurarsi che il governo agisca con prudenza, senza cedere a impulsi non meno irrazionali perché solidaristici. Se non si possono chiudere decentemente le porte in faccia a chi si trova in imminente pericolo di vita, sarebbe insensato procedere ad accoglienze definitive, a frettolose sanatorie. A una estensione dell'asilo politico che, per l'anarchia in atto, dovrebbe coinvolgere buona parte degli albanesi. Tanto varrebbe travasare l'intera Albania in Puglia, importare in blocco le sue guerre di clan e di mafia. Siamo disposti a trovare anche per loro lavori socialmente utili e rovinosamente dispendiosi? Porgiamo la mano quando una rappresentanza autorevole del popolo albanese lo chiederà (può esserlo ancora il presidente Berisha?), impegniamoci, se troverà alla fine consenso, in una forza di interposizione europea, aiutiamo a ricostruire un clima di sicurezza che permetta ai nostri imprenditori di tornare sull'altra sponda. Ma sbarriamo i confini a un'invasione indiscriminata e permanente. Gli albanesi, se vorranno rimboccarsi le maniche, hanno bisogno della gente che in questi giorni non vede l'ora di scappare. Lorenzo Mondo doj
Persone citate: Berisha, Hoxha, Ismail Kadarè, Madre Teresa, Mezzaluna, Perati
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