«Bene così, ma i dubbi restano»

«Ben© così, ma i dubbi restano» «Ben© così, ma i dubbi restano» Fossa: le tasse devono servire per l'occupazione ti CADE IL «MURO» BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO «Grazie, presidente Prodi. Oggi lei si è ricordato del suo passato che noi abbiamo sempre condiviso. E speriamo che riesca a portare avanti ancor oggi quelle idee, nonostante le difficoltà con cui si deve misurare tutti i giorni...». Par di sognare. Eppure è così che Giorgio Fossa, presidente di Confindustria con fama di duro, commenta, davanti ai duemila Brambilla assiepati a Brescia per ascoltare il «nemico», il discorso del premier. Eppure Romano Prodi, nei fatti, ha concesso poco o nulla alla platea: nessun impegno sul Tir, blande promesse sulle tasse. Perché allora, presidente Fossa, questa grande pace con Prodi? «Nessuna pace - replica secco il leader degli industriali -. Ma noi giudichiamo sui fatti e devo dire che la relazione di Prodi è stata in larga parte condivisibile. Ma i problemi restano tutti: c'e il rischio che aumenti la pressione fiscale e sul Tfr avrei preferito una smentita secca». Ma, aggiunge subito Fossa, «c'è ancora la possibilità di discutere, purtroppo ancora per pochi giorni, e trovare soluzioni che non gravino così tanto sulle imprese...». Non è, insomma, l'anticamera dell'ennesimo «inciucio». Ma il muro contro muro e evitato. Questi, del resto, sono i mesi decisivi per l'aggancio con Maastricht e non saranno gli imprenditori a tornire ad un governo non risoluto un comodo alibi... Questo, in sintesi, il risultato che la Confindustria porta a casa dopo un appuntamento difficile con i «nemici», Prodi e Visco in testa. «Il mondo dell'industria - tuona Fossa davanti agli industriali plaudenti - è pronto a fare la sua parte. Non ci rifiutiamo di pagar le tasse, noi industriali. Ma questi soldi devono servire per l'occupazione e per ridurre, in prospettiva, la pressione fiscale». Stavolta non si firmeranno cambiali in bianco; prima, ruggisce Fossa, Prodi faccia i conti con «quelle forze economiche e sociali che bloccano i processi di privatizzazione e liberalizzazione del mercato, alzano il carico fiscale, formulano ricette sbagliate sulla letta alla disoccupazione». E ancora: «Prima di giudicare la manovra vogliamo vedere cosa c'è dentro e, soprattutto, che cosa uscirà per davvero dal Parlamento». Le parti, insomma, restano distanti, ma quella che poteva essere una giornata di fischi e di fratture, è diventata un'occasione di dialogo. E il merito, stavolta, è soprattutto di Giorgio Fossa, il «presidente falco»... «L'importante - commenta lui - è parlar chiaro. Alla fine la chiarezza premia sempre». La chiarezza, e non la polemica. E Fossa ha scongiurato il rischio delle «provocazioni» politiche in sala, dove erano presenti numerosi esponenti di an bresciana e alcuni leghisti, tra cui il senatore Tabladini. «Questa è un'assemblea di piccoli imprenditori - aveva ammonito dal podio Mario Pirani, coordinatore della mattinata, prima dell'apparizione di Prodi -. Ci sono ospiti che accogliamo volentieri, purché non si dia luogo a manifestazioni politiche». I due, Fossa e Prodi, intanto, si stavano incontrando in una sala del palazzo. Diplomazia segreta? No, perché all'incontro partecipava anche Mino Martinazzoli, oltre ad almeno altri 6 o 7 imprenditori, ma un segnale che qualcosa, su questo fronte, finalmente si muove. E pochi minuti prima Sergio D'Antoni, segretario della Cisl, era stato assai comprensivo sul tema del Tfr, dopo il monito di Romiti. «Gli industriali protestano - ha detto - e hanno qualche elemento di giustificazione, perché bisogna incoraggiare gli investimenti in questa fase». Ma, soprattutto, il leader della Cisl spiazza la platea con un suo commento sull'accordo del '93. Sono convinto anch'io - dice D'Antoni - che siamo di fronte a uno scenario nuovo, e che ci vuole un adattamento al nuovo scenario». «Se battiamo per davvero l'inflazione - continua -, il ruolo del contratto nazionale, che pur deve resta- re, cambia. E la gran parte della contrattazione si sposta nelle aziende. Ma per fare questo passo non servono i proclami, ci vuole un salto culturale. Voi industriali dovete delegare potere, offrirci possibilità di controllo sui risultati...». «E' un'apertura importante commenta subito Fossa -. Io ho sempre detto che è nelle cose che con un'inflazione tendente allo zero il contratto nazionale si occuperà sempre di più della parte normativa e meno della parte salariale». Spazio per le riforme, quelle vere «per affrontare i nodi strutturali», in¬ somma, sembra che ce ne sia. E gli industriali sembrano compatti. Che impressione sentire il campione dell'industria pubblica, Franco Bernabè, mentre dice che «l'unica cosa che le imprese possono chiedere allo Stato è di farsi da parte, dettar le regole e poi lasciare spazio al lavoro e alla competizione». E gli fa eco Benito Benedini, presidente di Federchimica: «Noi imprenditori non vogliamo essere gli emigranti del Duemila». Ugo Bertone «Prima di giudicare vogliamo vedere cosa c'è dentro alla manovra» HI Voi sapete che Paese ho ereditato Dobbiamo riflettere tutti insieme Anche il sindacato jjjj H Palazzo Chigi faccia prima i conti con le forze che bloccano la liberalizzazione del mercato h In alto Prodi e Fossa A sinistra Lucchini e, a destra il ministro Visco

Luoghi citati: Brescia, Fossa