La porta del crimine in Europa di Pierangelo Sapegno

Un'organizzazione chiamata «Caronte» smista cinesi, turchi, indiani e pachistani La Sacra Corona Unita si è alleata nei traffici intemazionali con la delinquenza albanese La porta del crimine in Europa In Puglia arrivano clandestini, droga e armi LA PIOVRA DELL'ADRIATICO BRINDISI DAL NOSTRO INVIATO Tino, dica. Si chiama Tino. «Oggi sta a casa», fa la signora ciabattando sulla porta. «Quello è il suo bagno», e l'occhio guarda verso il mare. Dall'altra parte della strada, due cani lanosi corrono via. La spiaggia adesso è una spiaggia d'inverno, un po' triste e un po' grigia, battuta dal vento, senza ombrelloni, senza troppo sole. Lido Sant'Alma, sette chilometri sopra Brindisi. Il padrone si chiama Agostino Cariulo, ha 70 anni, capelli bianchi e faccia larga, «ma lasciatelo stare, che volete da quel poveraccio?», e poi questo dicono che è uno degli stabilimenti balneari più famosi di Brindisi, «e lui è ima persona stimata da tutti». Allora, quando l'hanno arrostato sono rimasti tutti di stucco. Hanno preso lui, hanno preso il padrone di un ristorante del centro e poi hanno preso 16 albanesi. Associazione a delinquere finalizzata al traffico di clandestini. Il capo era Jeti, un albanese di Durazzo, tale Hidajet Tosouni, come c'è scritto sul documento, e l'hanno pedinato pelinosi, lui e i suoi amici, hanno registrato tutte le sue telefonate. Agostino Gariulo assumeva i clandestini «fittiziamente», recita l'accusa nei faldoni: lui si intascava i soldi, e gli altri i permessi di soggiorno. «Questo è uno dei reati più diffusi», spiega Nicola Piacente, sostituto procuratore di Brindisi. L'altro è quello del traffico di droga. Canapa indiana, la coltivano in Albania, a tonnellate, nelle piantagioni di Kalarat, a 80 chilometri da Valona, e poi la portano su queste coste con la complicità di poliziotti e militari corrotti. Fino all'altro ieri sbarcavano duecento, trecento chili alla settimana di marijuana, e ogni tanto trovavano i borsoni con la canapa abbandonati sulle spiagge. Ne veniva così tanta che il prezzo era crollato: 800 lire al grammo. La portavano i clandestini, anche per pagarsi il viaggio da Valona, o per avere lo sconto. Certo, se uno pensa a qualche anno fa, quando scoppiavano le bombe e di notte saltavano i locali, quando ti staccavano la testa per una rapina come aveva fatto Luca Bicone con un robivecchi, spappolando il cranio a quel poveraccio, e se uno pensa al 5 marzo del '91, a quella volta che sbarcarono in ventimila in un colpo solo dall'Albania, e a come era allora la Puglia, questo oggi sembra un altro posto, molto cambiato, molto più tranquillo. Eppure, questa è una zona pericolosa, ripetono i magistrati, «questa è una porta d'Europa per tutto e per tutti», come dice Cataldo Motta, sostituto della Direzione Distrettuale Antimalia a Lecce, e loro continuano a ripeterlo a Boma, di stare attenta, che prima o poi chissà che cosa capita da queste parti. C'è la Sacra Corona Unita, la mafia pugliese, bastonata dalle inchieste e dai pentiti, è vero. L'ultimo processo è di questi giorni, 46 delitti, 76 imputati tutti detenuti. Ma qui sta nascendo una criminalità nuova, internazionale, con un'estrazione sociale diversa, strana, benestante. Piccoli imprenditori, piccoli professionisti disposti a tutto: uno degli ultimi processi ha visto fra gli imputati cinque avvocati, ben conosciuti a Palazzo di Giustizia. Neanche troppo tempo fa il procuratore nazionale antimafia, Piero Luigi Vigna, aveva parlato di rapporti tra mafia albanese e mafia brindisina. Però, scorrendo le statistiche offerte dalle richieste di custodia cautelare, dai rinvìi a giudizio, dagli elenchi degli indagati coinvolti soprattutto nei traffici di immigrati e di droga, si scopre che le organizzazioni sono composte prevalentemente da albanesi e solo in minima parte da italiani. Ma quello che più stupisce è l'area sociale che caratterizza questi ultimi: imprenditori falliti, tassisti, faccendieri, quell'area grigia ai margini della legalità che sta diventando criminale. Negli ultimi due anni, recitano ancora i faldoni delle indagini, gli albanesi finiti in carcere sono stati poco più di ottanta, senza contare quelli beccati mentre sbarcavano sulle coste. Non è nemmeno troppo, ma nemmeno poco considerando che questo è il posto dove si sbarca soltanto e dove i clandestini vengono smistati per le città del Nord. La verità è che la Puglia è diventata davvero un fenomeno sociale, una regione che muta il suo assetto economico e che trasforma la sua base e la sua immagine. «E' un porto che cambia faccia», come dice Motta. Qualche anno fa quando arrestarono Luca Picone restarono di stucco. Figlio di due insegnanti, buona borghesia, studente del liceo: allora era un identikit impensabile per un sicario. Lo presero mentre stava per mettere le bombe a palazzo di giustizia di Lecce. Disse subito che voleva parlare e diventò il pentito più importante della Sacra Corona Unita. Era un ragazzo di vent'anni, stupivano la sua estrazione sociale e il fatto che era stato il killer più pericoloso della malavita di quegli anni. Oggi, dicono gli inquirenti, non ci sarebbe più questo stupore. A lui e agli altri collaboratori chiesero degli albanesi: ce ne sono nella vostra organizzazione? «Noi, quelli nemmeno ce li filiamo», rispose. Ma sappiamo che non è più così, che uno dei gruppi che apparteneva alla Sacra Corona Unita, uno di quelli più forti degli altri, come rivela ancora Motta, «ha alcune forme di collegamento con la criminalità albanese». E sappiamo che quella non è più una malavita rozza e ingenua, com'era 5 anni la subito dopo gli sbarchi del '91: allora, racconta Nicola Piacente, «su tutti i passaporti sequestrati c'era scritto Rilasiato dalla Questura di Brindizi», e bastava un banale posto di blocco per fermare un clandestino con i documenti falsi. «Dove credete di andare con questi?», gli dicevano. Ma adesso invece, aggiungo Motta, questa nuova criminalità «sta creando delle vere e proprie agenzie di sei-vizio per il traffico internazionale di clandestini». La chiamarono Operazione Caronte, la prima volta che se ne accorsero tre anni fa. Pero, a quei tempi li portavano solo dall'Albania. Oggi Caronte smista cinesi, turchi, indiani, pachistani, e da tutto il mondo si rivolgono a loro, a questa mafia appena nata fra Durazzo e Brindisi. E su questa rotta e questo quello che vogliono sviluppare, ed è così che vogliono trasformare le Puglie. Per ora il traffico di poveracci e di piccola roba. Ma domani molto di più, L'eroina passa solo, velocemente, senza femarsi. Le armi, invece, stanno per arrivare, e questo è il timore più forte: dal Montenegro appena finita la guerra sono già scesi bazooka, lanciamissili, esplosivi micidiali come il T4. E ora cosa succederà? Ora che in Albania, come informa una nota della polizia italiana, stanno vendendo i Kalashnikov sulle spiagge a tre dollari l'uno? Ecco dove stanno sbarcando i mille e mille albanesi in rotta per l'Italia. In questa terra di frontiera che ha cominciato a cambiare da quella notte di marzo di 6 anni fa. E lasciate stare Tino, come sbraita la signora ciabattando ancora sulla porta, «lasciate stare Tino che era un bravo vecchio, ohe l'hanno rovinato quei disgraziati là. Quei morti di fame!». Cammina in mezzo a un polverone, sotto a un sole animoso. Pierangelo Sapegno Un'organizzazione chiamata «Caronte» smista cinesi, turchi, indiani e pachistani La malavita italiana attinge a un'area sociale borghese fino a ieri insospettabile Giovani albanesi costrette a prostituirsi. Nella foto piccola, camionisti coinvolti in un traffico di clandestini