Difendere chi e che cosa?

Difendere chi e che cosa? Difendere chi e che cosa? » Perché i soldati non hanno sparato LA CONFESSIONE D'UN EX UFFICIALE TIRANA dal nostro inviato «Perché l'esercito non si è battuto? Piuttosto io chiedo perché avrebbe dovuto battersi». Ismail Bizhga ha l'espressione amara di chi ha vissuto delusioni cocenti. Era maggiore di marina, sommergibilista, una laurea in ingegneria che, ormai, non gli serve. Appartiene alla generazione degli ufficiali cinquantenni, cancellati nel 1993, quando si pensò a loro come agli ultimi sopravvissuti di un regime da tutti rinnegato. E il presidente favori la sua guardia, sicuro della fedeltà. Il sottomarino di Ismail Bizhga, classe Nato «Whisky», sigla 422, made in Urss, è attraccato al molo della base di Pasha Liman, presso Saranda l'insorta, e li rimane, come il gemello, il numero 442: prendere il mare sarebbe un azzardo, immergersi un suicidio. L'intera flotta albanese dà l'impressione di un insieme di ruggine e frustrazione: i 24 aliscafi da combattimento, classe HV Chwan e le 6 motocannoniere classe Shanghai, tutti di fabbricazione cinese, costituiscono il nerbo dell'armada, chiamiamola così. «No, nessuno avrebbe sparato contro la gente, nemmeno quando ha preso i Kalashnikov», assicura Ismail Bizhga. «E i motivi sono diversi. Per esempio, perché in questo Paese non esiste una divisione fra Nord e Sud, così come è stata dipinta da giornali e televisioni stranieri. Certo, quello delle montagne e quello del mare sono mondi lontani, ma non in guerra fra loro. E poi, i militari sono demotivati, lo sono da tanto, perché è vero, c'è chi non ha dimenticato i privilegi di un tempo, ma pure la situazione attuale è opaca. Oggi, la carriera non attira più e i quadri sono completati fra mille difficoltà». Il sommergibilista pensa ai tanti ex ufficiali scivolati nelle file degli insorti, nelle ultime settimane, pensa a Xhevat Kocin, che era colonnel¬ lo dell'esercito e un mattino si sentì dire: «Non ci servi più». Ma Kocin era uno molto attivo, aveva saputo riciclarsi, era diventato agente della Vefa, la finanziaria piramide più grande dell'Albania, quella che ha appoggiato esplicitamente i democratici del presidente Sali Berisha. Quando a Saranda è scoppiata la sommossa, lui si trovava in un bar. A un tratto sono entrati quattro ragazzi, i mitra in pugno. «C'è qualcuno che sappia di cose militari?», hanno domandato. E' così che Kocin è diventato un capo. E Ismail Bizhga pensa anche al generale Agim Gozhiza, quello che aveva comandato la piazzaforte di Argirocastro e che tutti consideravano un uomo capace. Lui pure era stato messo alla porta senza complimenti. E anche lui è diventato un capo, anzi, il punto di riferimento degli armati del Sud. Il generale Gozhiza lo sapeva che quelli scesi da Tirana con i carri armati non avrebbero fatto fuoco sui SUOI. Fino a pochi mesi fa l'esercito contava su 25 mila uomini, del tutto privi di esperienza perché qui non c'è stata guerra per cinquant'anni, a dispetto dell'insensato terrore per un'invasione che aveva fatto bruciare 10 miliardi di dollari in bunker seminati per tutto il Paese. E poi, l'esercito può contare su 2000 cannoni, ma in grado di far fuoco saranno sì e no 200, mentre dei 300 carri armati T54 o T55 russi e cinesi, soltanto una sessantina potrebbe sostenere uno scontro. Per il trasferimento dei soldati vengono tuttora impiegati vecchi cassoni cinesi sull'orlo del collasso: camion e furgoni moderni, quelli arrivati con l'operazione Pellicano, son stati riservati alla polizia. Non è brillante neppure la situazione dell'aeronautica. Gli annuari militari dicono che la flotta delle nuvole è composta di circa 200 Mig 15 e 17, più un Navi, aerei e tank da rottamare. I soli camion senza ruggine sono quelli donati dagli italiani

Persone citate: Agim Gozhiza, Ismail Bizhga, Pasha, Pellicano, Sali Berisha

Luoghi citati: Albania, Shanghai, Tirana, Urss