Dini l'Europa salverà l'Albania

La Comunità accetta le proposte italiane: sarà una forza multinazionale La Comunità accetta le proposte italiane: sarà una forza multinazionale Pini: l'Europa salverà l'Albania L Ve invia tecnici e militari per la ricostruzione L'Unione europea ha deciso ieri di adottare l'Albania. Un alto rappresentante dei Quindici gestirà a Tirana una «missione civile», tesa a ricostruire lo Stato e l'economia del Paese delle aquile. Una «forza militare o di polizia», di 1000-3000 uomini, dovrà invece proteggere i civili europei ed «aiutare il governo locale a ricostituire le sue forze di sicurezza». Chi parteciperà alla missione non è ancora chiaro, ma è praticamente certo che l'Italia farà la sua parte, come probabilmente la Spagna, la Grecia e la Francia. I russi hanno dato la propria disponibilità. Mentre gli americani hanno fatto sapere che per il momento non sono disposti a partecipare alla missione, anche se non escludono che questo possa avvenire più in là. Una delegazione ad alto livello, composta dalla presidenza di turno olandese, dalla Commissione europea, dall'Osce e da Italia e Grecia, sarà «immediatamente» inviata a Tirana per concordare il da farsi con il governo di Bashkim Fino. Allo slesso tempo l'Unione chiederà all'Onu il mandato necessario per l'invio delle truppe in Albania. Per la prima volta dunque l'Europa assume un ruolo attivo e di primo piano nell'arena internazionale. Per la prima volta la tanto decantata «politica estera e di difesa comune» fa la sua apparizione nel mondo reale. E tutto ciò grazie all'impegno e la tenacia della diplomazia italiana, che ha piegato l'opposizione inglese e tedesca. «Come vedete - ha detto il ministro degli Esteri Lamberto Dilli - c'è una grande differenza tra l'azione europea e la proposta di inviare una forza militare consistente». Era stato l'inviato dell'Osce Franz Vranizky a lanciare la proposta, echeggiando le richieste del nuovo premier albanese. Fino, e del presidente Sali Berisha. Vranitzky aveva chiesto l'invio di almeno quattromila uomini e in una riunione straordinaria l'Osce aveva raccomandato un piano in tre punti, tra cui l'invio in Albania di una «forza di stabilizzazione per ripristinare l'ordine pubblico». Secondo Dini, però, non era chiaro cosa avrebbe dovuto fare una tale spedizione in un Paese dove, come ha detto lo stesso Vranitzky, non c'è guerra civile, né etnica, ma uno stato di «anarchia generale». Ieri pomeriggio, nella cittadina olandese di Apeldoorn, Dini ha così presentato ai suoi colleghi dell'Unione europea un «programma globale e articolato» di intervento. Condizione fondamentale: l'apertura di un dialogo politico tra le varie forze politiche e i rappresentanti degli insorti, iniziato venerdì a bordo della fregata «Aliseo». Ancor prima di arrivare ad Apeldoorn, il ministro inglese Malcolm Rifkind e quello tedesco Klaus Kinkel avevano rifiutato ogni intervento militare. Lo stesso Helmut Kohl aveva chiesto: «Cosa si deve dire ai soldati? Cosa vanno a fare?». Il compito di Dini appariva dunque molto difficile. Il ministro greco Teodoro Pangalos e quello spagnolo Abel Matutes hanno invece affermato la propria disponibilità, e al francese Hervé de Charette il piano Dini è piaciuto tanto che, in pubblico, l'ha fatto suo. In realtà in Albania la tensione si allentava e gli insorti accettavano di buon grado la presenza di truppe straniere, rendendo meno arduo lo sforzo italiano. Il piano Dini prevede l'invio di 150 esperti della Commissione europea, col compito di aiutare il governo a rafforzare le istituzioni e ricostruire amministrazione ed infrastrutture. Assieme all'Osce, un «Alto amministratore» europeo dovrebbe facilitare il dialogo politico ed organizzare le elezioni previste per giugno. La Commissione europea si è detta pronta a «fornire aiuti umanitari immediati, non appena le condizioni saranno sufficientemente sicure per permetterne la distribuzione». Altrettanto vale per il Fondo monetario e la Banca mondiale, chiamati a cofinanziare la rinascita albanese. Ma alla necessità più elementare dovrà rispondere la «forza militare o di polizia»: aiutare a ristabilire l'ordine pubblico, proteggere la missione europea ed assistere il governo albanese nella ricostituzione di esercito e polizia. Un compito duro, rischioso, da cui dipende il successo di tutta l'operazione. Forse si sarebbe potuto far di più. Ma come ha detto Dini: «Questa è una soluzione equilibrata e soddisfacente, che risponde alle esigenze del momento». Per l'Italia, comunque, è un successo. Fabio Squillante i