Pagine di Montagna
30 30 SERVIZI PROMOZIONALI Publikompass Speciale Museo Montagna FINO AL 16 MARZO 1997 TORINO, MUSEO MONTAGNA Gli archivi de La Stampa al Monte dei Cappuccini LA STAMPA • PAGINE DI MONTAGNA DAriu animivi pi iìn.qhaNpe quotidiano » unii iiiosli.1 tk-l MUSEO NAZIONALI. Ul 1.1 A MONIA(>NA -DUCA UEGLI ABHIJZZI c'.ii . Torino RÉÒjONE PIEMONTE [ONDATONE CRT PROVINCIA 1)1 TORINO . REGIONI. AUTONOMA VALLE I) AOSTA LA STAMPA Pagine/ Montagna Nel '64 s'inaugura il tunnel del S. Bernardo Sei anni di lavoro e 17 caduti fra gli operai EL traforo del Gran San Bernardo, La Stampa comincia a parlare nel marzo del 1897, facendo la storia dei progetti in un lungo articolo non firmato, del corrispondente da Aosta, ricordando che già nel 1851 : «...una commissione internazionale ebbe l'incarico di riconoscere qual punto delle Alpi sarebbe più indicato per un traforo...Mentre nel 1896 l'ing. G.Noble Fell presentò alla Camera di Commercio di Torino, una domanda a nome suo e di un Sindacato di capitalisti inglesi, per ottenere l'appoggio morale alla costruzione di una ferrovia a trazione elettrica per congiungere con un tunnel Aosta con Martigny. Però, ironia del caso, mentre nella regione subalpina - prosegue l'articolista - esultavasi a si lieta novella, il Parlamento nazionale approvava a grande maggioranza la convenzione pel traforo del Sempione». La galleria del Gran San Bernardo viene quindi accantonata per più di mezzo secolo. Alla fine le prime auto transiteranno sotto il tunnel autostradale solo il 19 marzo 1964, (i lavori cominciarono nel 1958), e il giornale ne dà notizia in prima pagina. La terza è tutta dedicata all'inaugurazione, (400 i giornalisti convenuti da mezza Europa), con pezzi di due grandi inviati, Francesco Rosso ed Ettore Doglio. Un titolo a nove colonne sottolinea che si tratta della «Prima galleria per auto dell'arco alpino. Il costo è di 400 miliardi». Altri titoli nella pagina: «Un salotto lungo sei chilometri nel cuore della montagna», e «Abbiamo percorso il tunnel in pochi minuti con pie- Un gruppo di operai del cantiere del traforo del M. Bianco nel 1960 DURA DECENNI IL TORMENTONE DELLA CUNEO- Nel cantiere del traforo del C S.Bernardo, 1959 POI c'è il tormentone della ferrovia Cuneo-Nizza. Il giornale ne parla ogni tanto, lamentando le lungaggini della ricostruzione. Nel 1962 La Stampa riporta l'ennesimo appello di parlamentari e amministratori italo-francesi a Breil in valle Roja, diventata francese dopo il trattato di pace. Distrutta dai tedeschi durante la guerra, la linea riprenderà a funzionare solo nel 1979, 34 anni dopo. La costruzione fu iniziata nel 1883 e inaugurata nel 1928: cento chilometri di strada ferrata con 80 gallerie, 407 viadotti, pendenze del 26 per mille. Un capolavoro che se fosse in Svizzera, sarebbe valorizzato e coccolato; da noi, come si sa, le cose vanno meno bene. 20 luglio 1962. Ettore Doglio va a Lione e racconta della decisione francese di dare il via, insieme agli italiani della Sitaf, I brani di questa pagina sono tratti dal catalogo che accompagna la mostra, in vendita alla cassa del museo e in libreria a 40 mila lire. L'allestimento propone un viaggio nel tempo e nella memoria di oltre cent'anni, e racconta con testi e immagini, come il quotidiano La Stampa, ha trattato l'argomento «montagna», dall'alpinismo allo spopolamento, dalla cronaca di incidenti e catastrofi (come il Vajont), alla nascita dello sci e alle spedizioni oltreoceano. l dì l dì pGli orari del Museo. Dal martedì al venerdì continuato: 8.30-19.15. Sabato, domenica e lunedì: 9-12.30/14.45-19.15. Ingresso 8 mila, ridotto 5 mila, soci Cai 4 mila. Il biglietto comprende la visita non solo della mostra «Pagine di montagna», ma di tutte le collezioni del Museo, e permette di assistere alle proiezioni a ciclo continuo dei videomontagna. Informazioni 011/6604.104. La mostra resterà aperta fino al 16 marzo. Parigi e oggi in pensione), visita i cantieri. Il pezzo è titolato: «Si lavora a pieno ritmo anche fra l'infuriare della tormenta. Più celeri del previsto i trafori del Monte Bianco e del San Bernardo», accomunando i lavori dei due più importanti trafori delle Alpi. Il giorno dopo, sempre Nebiolo affronta il problema delle strade per i tunnel del Bianco e del San Bernardo: «Mezzo milione di veicoli all'anno passeranno per i due tunnel alpini. Le statali 26 e 27 non sono in grado di convogliare l'imponente traffico». Ci vorranno anni perchè le gallerie siano servite da adeguate infrastrutture autostradali. Nel frattempo il traffico sulle statali conoscerà lunghi periodi di ingorghi e rallentamenti colossali con relativi pesanti inquinamenti. Il 29 dicembre del 1961 ancora Ettore Doglio firma un servizio da Chamonix e Courmayeur, e ricorda che in due anni e mezzo di lavoro gli infortuni nel cantiere del traforo del Monte Bianco sono stati 1200; nove le disgrazie mortali. Ma Doglio fa notare che gli incidenti sono stati 900 sul versante francese, e solo 300 di qua delle Alpi. L'ultimo diaframma cade nell'aprile del '62. L'on. Badini Confalonieri, presidente della Società Italiana per il traforo, dice: «Non ci sono più Alpi». Del tunnel invece sotto il Monte Bianco, si riparla nel '46, con un titolino a due colonne in cronaca. I lavori cominciano nel 1959. Il 7 aprile del 1962 tutta la prima pagina del giornale è dedicata a una valanga che si abbatte sul cantiere: tre morti e una quarantina di feriti. I servizi sono di Ettore Doglio e Remo Griglie, giornalista (oggi in pensione), che dedicò quintali di piombo all'argomento montagna su Stampa e Stampa Sera. Nel 1962, il 14 agosto, cade l'ultimo diaframma ed è gran festa. Si stringono la mano i minatori degli opposti versanti. E capita che ci siano italiani da una parte e dall'altra, lavoratori immigrati che salutano i compatrioti. Enrico Emanuelli firma un'apertura di commento. E conclude: «...Se i cosmonauti comprovano il nostro desiderio di conoscere altri mondi, i traforatori del Monte Bianco italiani e francesi comprovano il desiderio che gli uomini hanno di conoscersi meglio muovendosi liberamente...». na visibilità, aria limpida, sicurezza assoluta». Una lapide ricorda i 17 operai caduti sul lavoro. Negli anni precedenti sono parecchi gli articoli sull'andamento dei lavori. Il 7 marzo 1959 Gino Nebiolo (in Rai dagli anni '70, inviato giramondo, ultimamente corrispondente da (allora presidente della società il conte Marone), al traforo stradale (12 chilometri), del Frejus, «I lavori cominceranno l'anno prossimo», dice il titolo, e si presume che dureranno almeno quattro anni. Gli anni sessanta si distinguono per un fervore di grandi progetti di viabilità legati alle quattroruote. Nè i giornali, nè le amministrazioni pubbliche hanno il minimo sentore che la scelta della strada invece che la ferrovia, procurerà problemi colossali solo trent'anni dopo. Nel '65, un'apertura a quattro colonne annuncia: «Scoppiata la prima mina che apre la Quincinetto-Aosta, Cominciati a Hone-Bard i lavori dell'autostrada». Nel 1997, oltre trent'anni dopo, l'ultimo tratto dell'autostrada della valle d'Aosta, da La Salle-Morgex a Courmayeur, cinque o sei chilometri in tutto, è ancora da finire. [r. se] Renato Scagliola
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