La commedia shakespeariana in una traduzione «mista»
MAURI ALL'ALFIERI MAURI ALL'ALFIERI MALINCONICA TEMPESTA La commedia shakespeariana in una traduzione «mista» ALL'INIZIO degli Anni Ottanta Giulio Einaudi andò un giorno a pranzo da Eduardo De Filippo. La notizia in sé potrebbe apparire un gratuito sconfinamento nel privato di due importanti artefici della cultura italiana del nostro secolo se non celasse un risvolto interessante. Durante quel pranzo, infatti, l'editore torinese propose all'artista napoletano di tradurre, per una nuova collana in fieri dedicata a scrittori tradotti da scrittori, una commedia di Shakespeare a sua scelta. Eduardo scelse «La tempesta» e la tradusse nella lingua del suo teatro: in napoletano. Nella nota del traduttore (collocata nelle ultime pagine del volume edito nel 1983), scrisse poi a proposito delle ragioni che gli avevano fatto preferire quella commedia: «Una delle più importanti è la tolleranza, la benevolenza che pervade tutta la storia: sebbene sia stato trattato in modo indegno da suo fratello, dal re di Napoli e da Sebastiano, Prospero non cerca la vendetta bensì il loro pentimento. Quale insegnamento più attuale avrebbe potuto dare un artista all'uomo di oggi?». Veniamo ora a questa stagione teatrale. L'attore e regista Glauco Mauri decide di mettere in scena «La tempesta» shakespeariana. E motiva la propria scelta facendo sue le parole che Eduardo scrisse quasi quindici anni fa. Anzi, fa di più. Utilizza per la propria edizione scenica, interpolati alla traduzione di Dario del Corno, brani della versione eduardiana, assegnandoli- ai due «comici» della commedia: i mari¬ nai napoletani Trinculo e Stefano. L'operazione, a detta dei critici che hanno assistito al debutto dello spettacolo avvenuto lo scorso mese, pare riuscita alla perfezione. La tournée toccherà nei prossimi giorni Torino. «La tempesta» giungerà infatti al Teatro Alfieri martedì 18 marzo e vi resterà sino a domenica 23. La Compagnia in scena è formata, oltre allo stesso Mauri nei panni di Prospero, da Roberto Sturno (Calibano), Felice Leveratto (re di Napoli), Marco Bianchi (Sebastiano), Amerigo Fontani (Antonio), Carlo Caprioli (Ferdinando), Pino Michienzi (Gonzalo), Giuseppe Cucco (Adriano), Raffaele Esposito (Trinculo), Ernesto Lama (Stefano), Gaia Aprea (Miranda) e Vincenzo Bocciarelli (Ariel). Le scene e i costumi sono di Uberto Bertacca, le musiche di Arturo Annecchino. «La tempesta», ultima opera scritta da William Shakespeare, può essere letta come un ideale congedo dell'autore dal palcoscenico del londinese Globe Theatre. E' il commiato pacato e malinconico di un uomo che ha vissuto intensamente e ha imparato a sopportare l'ingombrante fardello del proprio passato. E' la storia di un vecchio mago che alla fine dei propri giorni rinuncia al potere e alla vendetta e sceglie di tornare ad essere semplicemente un uomo. Monica Bonetto La tempesta. Al Teatro Alfieri dal 18 al 23 marzo alle ore 20,45. Festivo ore 15,30. Ingresso 38 mila. Tel. 517.6246. ARIA Grazia Gregori, in un articolo di poco tempo fa, l'ha definita «una pochade dell'inconscio». Ed è forse la definizione che meglio illustra, sintetizzandoli, i due assi portanti di una strana commedia a tratti grottesca, a tratti nichilista, a tratti semplicemente e irresistibilmente divertente: il gusto genuino e viscerale di fare teatro e l'influenza pregnante che hanno su quest'ultimo le nostre più recondite ossessioni. Si intitola «Caro professore» e sarà in scena al teatro Adua da martedì 18 a giovedì 20 febbraio. La commedia è creazione di Adriana Asti e le appartiene più di quanto si possa immaginare. Sua infatti è l'intensa e al tempo stesso ironica interpretazione, supportata dalla vivace complicità di Cochi Ponzoni. E suo è anche e soprattutto il testo, un gioco irriverente, disarmante, libero da falsi pudori, con cui l'autrice-attrice inscena il proprio mondo ulteriore. H professore del titolo è Cesare Musatti, padre della psicanalisi italiana, medico paziente e amorevole cui Adriana Asti ha per lungo tempo affidato la cura delle ferite del proprio inconscio. Lo spettacolo dunque prende le mosse da un affettuoso addio postumo per poi inoltrarsi, inabissarsi si potrebbe quasi dire, nelle fantasie dell'anima, nelle allucinazioni ricorrenti di chi ha imparato a riconoscerle e a conviverci. Il teatro è da sempre il luogo in cui l'uomo esorcizza le proprie paure, è lo specchio nel quale si riflettono le immagini distorte e deformi della nostra immaginazione: in questo allestimento il gioco di specchi diventa fondante, l'esorcismo evidente, l'analisi necessariamente esibita e attraverso tutto questo si oltrepassa il baratro, ci si ritrova al di là di qualsiasi male dell'anima. E' a quel punto e in quel preciso luogo che viene il tempo del sorriso. Adriana Asti si diverte e diverte nei panni di Amalia, la protagonista. Cochi Ponzoni, dal canto suo, è il malleabile interprete che incarna le fantasie del subconscio di Amalia affrontando più di un travestimento. La regia è di Massimo Navone. [m. b.] Caro professore. Al teatro Adua dal 18 al 20 marzo alle ore 20,45. Ingresso 27 mila, ridotto 20 e 15 mila. Tel. 248.2276, 248.7871.
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