Dolce alter ego

E Aldo Busi scrive all'adorabile Masiero E Aldo Busi scrive all'adorabile Masiero Dolce alter ego LAURETTA adorata, sono il Suo alter-ego, colui che a Sanremo s'è fregiato del Suo nome per meglio essere compreso nella sua quintessenza di Scrittore, cioè di ladro di identità. Molti si sono chiesti perché abbia fatto il Suo nome e non un altro; posso rispondere perché sarebbe stato di nessuna utilità promozionale per nessuno rievocare, per esempio, Alberto Rabagliati. Nel tentativo di scuotere anche solo vagamente il vuoto di memoria del mio interlocutore (?), ricorrendo a Lei e non a Rabagliati ero mosso da almeno due ragioni: la prima, la meno grave, perché Rabagliati è morto e la seconda, imperdonabile, perché Rabagliati non ha mai dato neppure da vivo alcuna garanzia di sicura femminilità come invece è il Suo e il mio caso (lo Scrittore ha tutti i sessi, anche i più improbabili o s-figati). Ma la vera ragione è che volevo restituirLe una gentilezza di cui Lei mi gratificò allorché io avevo, credo, non più di diciassette anni, e parlo di gentilezza da parte mia perché ero ben consapevole che la sparata le avrebbe fatto un sacco di pubblicità (ingrediente che non guasta mai a qualcuno che, come Lei, eroicamente, fa ancora serate teatrali in giro per l'Italia e, spesso, in piccoli centri di provincia dove il pubblico non sempre accorre in massa e che d'ora in poi in massa accorrerà sicuro che, dietro il Suo nome in cartellone, ci sia io en travesti). Dunque, più di trent'anni fa - facevo il camerierino all'Hotel Terminns in Piazza della Repubblica a Milano -, non so come ma mi ritrovai accanto a Lei a un tavolo di ristorante per un dopo teatro; non sono neppure certo di aver assistito allo spettacolo che ci sarà stato prima di quella cena e se lì mi trovavo mi ci avrà portato qualcuno era quel ristorante appena voltato dentro via Senato da via Manzoni, esiste ancora, sotto altro nome, credo. Di sicuro so che io, adducendo una sazietà del tutto immaginaria, avrò detto che non avevo fame eccetera e, per paura di dover sborsare soldi che non avevo, mi sarò rifiutato persino di toccare la comune acqua minerale e tutti avranno preso alla lettera la mia inappetenza o bruciore di stomaco o che. A me sarebbe piaciuto tanto mangiare (ero alto un metro e ottantuno e pesavo sessantacinque chili) ma so che mi sarò comportato così perché l'ho fatto tante altre volte in vita mia e già da allora sarei potuto morire piuttosto che trascendere dai miei mezzi a spese altrui (non si diventa geni per caso, sottolineo). Mantenute le debite distanze dall'inevitabile approssimazione della memoria, ho però di Lei un ricordo addirittura più vivido che non degli ossi buchi con risotto che mi passavano sotto il naso per planare davanti a qualunque altro naso eccetto il mio; Lei parlò con me, un ragazzino molto più timido che impiccione, con grande semplicità, mi stava parlando come parlava a chiunque altro lì in grado di permettersi un primo, un secondo e un dessert! Mi ricordo di come io mi sentivo bene malgrado i morsi della golosità, malgrado la voluttà da svenimento che ti prende da giovane quando rinunci persino a lasciar trapelare una voglia o un desiderio o un bisogno per farti almeno compatire e per sottolineare il tuo orgoglioso valore: Lei si dilungò con me sul Suo bambino, di pochi anni, che aveva lasciato a casa in mani fidate, non aveva alcuna apprensione, aveva un modo quasi scientifico di considerare questa sua esperienza di essere madre, non si faceva alcuna illusione su di chi fosse Suo figlio (Suo si capisce, non d'altri). Parlò di Johnny DoreUi, il padre, con totale serenità e rispetto, senza alcun astio o animosità e, soprattutto, diceva queste cose a me, un nessuno che forse puzzava un po' di cucina e di suo. Non mi mise mai in imbarazzo, mi fece un fuggevole complimento per il mio sacco di ricci (questo, è probabile, me 10 sto inventando sui due piedi) e non mi chiese né chi ero né che facevo, soltanto come mi chiamavo: ai suoi occhi ero comunque importante, forse perché aveva dedotto che se ero lì ero un Suo giovane anuniratore o comunque uno che, malgrado la giovane età, metteva mano al portafoglio per andare a teatro, dunque importante e degno di rispetto o di cortesia in sé. Lei era la regina della tavola e aveva un eloquio e una briosità come, dopo di lei, ho riscontrato solo in Paolo Poh il quale, oltretutto, aveva questo pregio da cui sonorlerano) esentate le signore: lui pagava 11 conto di chiunque altro. Si sapeva in giro che, se Poh ti diceva, «Vieni a cena dopo lo spettacolo?», pagava lui e non permetteva a nessun altro di far finta di precederlo. A Poli credo di aver scroccato non meno di due cene da ragazzino. Certo con lui a tavola non si poteva piazzare una parola, non era mai stanco, era ima recita senza fine, lui non voleva scambi, voleva dei commensali manducanti, sorridenti, muti e scrocconi, io ero l'ideale (e in seguito non mi sono mai perso un suo spettacolo, e vado tuttora a onorare sia l'artista che l'uomo generoso che è stato ed è). Ecco, mia adorata, perché «quel simpatico Busone», come mi ha definito, l'ha tirata in ballo: memore di quel delizioso minuetto di confidenze che mi regalò trent'anni fa, io adesso ho voluto trascinarla idealmente in un giro di valzer di massmedia. E la morale è: se volete che fra trent'anni un genietto o geniaccio gentile si ricordi di voi quando voi stessi fate fatica a ricordarvi chi siete, fate come Lauretta Masiero fece con me: ricordatevi di lui trent'anni prima, cioè subito, senza alcuno sforzo o calcolo divinatorio sulla ricompensa a venire. Basta essere gentili con il primo venuto, basta non rifiutare la parola a nessuno, basta riconoscere in ogni imbranato o non appartenente al milieu la fama più importante di tutte, quella di essere umano, di esserci, riconoscere pari dignità a uno qualsiasi che ha, se non i vostri mezzi o fortuna o nome, il vostro stesso appetito e per pudore lo nasconde, basta un gesto di gentilezza in punta di forchetta fra una cucchiaiata e l'altra nelle vostre bocche e il resto, una gratitudine non dovuta, insperata, verrà da sé. Ma niente piove dal cielo che non piova prima da un vero cuore di uomo o di donna. Aldo Busi

Persone citate: Alberto Rabagliati, Aldo Busi, Lauretta Masiero, Masiero, Paolo Poh, Rabagliati

Luoghi citati: Italia, Milano, Poli, Sanremo