TOMBA TOMBEUR IL NOME E'LA PISTA di Ferdinando Albertazzi

I RAGAZZI I RAGAZZI di Ferdinando Albertazzi IN un giocoso disegno degli Anni Quaranta Walt Disney appare in veste di autoritrattista, il volto a tergicristallo dallo specchio alla tela su cui i pennelli vanno appunto raffigurando... il sorriso a bocca infinita e le orecchie a vela di Topolino. Difatti Disney è effettivamente Topolino, nato Mortimer Mouse e diventato Mickey Mouse per un illuminato suggerimento di Lillian. la moglie di Walt. Lo racconta Topolino (pp. 80, L. 30.000) redatto per la Disney Libri da Luca Boschi, che ripercorre la storia del personaggio "top comics» definito nel '35 dal regista Sergej Eisenstein «il solo, unico contributo dell'America alla cultura mondiale». Apparso in striscia il 13 gennaio 1930, Topolino era ormai famoso protagonista di cartoni animati (a partire da Steomboot Wi/'ie e Gallopm ' Gaucho, usciti nel 1928). utile sempre, intende d'ora in poi giovare al vostro spirito senza essere punto noioso. Pagine gaie, racconti straordinari, gioclii originali, passatempi interessanti. E i collaboratori sono pronti più che mai a dare le loro fresche energie». Soprattutto era pronto lui che, oltre a mandare avanti mia storia a quadretti tipo Corrierino sulle paradossali avventure degli elegantissimi negretti Turlutù e Maccabù alle prese con l'Italia, firmava grandi tavole didattiche, sfornava copertine e illustrazioni, scriveva racconti, e il 22 febbraio 1934 azzardò il suo primo fumetto, Ivan l'Intrepido. Non era ancora un fumetto completo, ovvero il testo non era hi balloon, era sottoposto alle immagini. Ma prima o poi Rino Albertarelli non poteva non imporsi nel nuovo, per gli italiani, modo di narrare. A Ivan l'Intrepido seguì un Capitan Fortuna per l'Audace, un Pirati del Pacifico per il periodico meteora Argentavivo. vo con due grevi baffoni e un fisico non impeccabile. Kit Carson era effettivamente esistito. Ma quando Rino Albertarelli lo disegnò per la prima volta ne sapeva molto poco. «Ne avevo trovato il nome in im libro dello storico americano Truslow Adams», confessa Rino Albertarelli. «Su quelle pagine imparai che era stato la guida di John Charles Frémont nelle sue esplorazioni oltre le Montagne Rocciose e nella conquista della California. Mi bastò e non mi persi a cercare altro. Quello che mi piaceva era il nome, tre sillabe in tutto con l'accento forte su quella centrale: un nome ideale da eroe fumettistico come Flash Gordon, Dick Tracy. Solo dopo la guerra mi venne la curiosità di sapere chi fosse stato realmente Kit Carson. Avrei voluto farne un personaggio patetico, alla Don Chisciotte, un uomo giusto, ma dalla pistola "fallibile", perennemente malmenato dai lazzaroni della Frontiera che non rispettavano le regole del codice cavalleresco del West...». Era un personaggio in anticipo sui tempi. Non piacque, quindi, all'inizio all'editore che lo avrebbe voluto più positivo, più bello e più fortunato come mi eroe del grande schermo. Ma al pubblico giovane il Kit Carson di Rino Albertarelli piacque subito molto, a partire dalla prima apparizione sul Topolino del 15 luglio 1936. A cavallo, naturalmente, e come Don Chisciotte seguito da un tombolotto simile a Sancio Pancia, ma di nome, anzi di soprannome, Zio Pam. Antonio Faeti si esalta come per una scoperta in Guardare le figure (Einaudi, 1972), ma il suggerimento di Rino Albertarelli era inequivocabile: «Carson sembra, come Don Chisciotte, dominato da un irresistibile impulso che lo spinge ad errare nella prateria senza limiti, così come il cavaliere viaggiava alla ventura entro la sterile desolazione della mesa spagnola. Possiede anche un compagno, che è simmetrico rispetto al Sancio Pancia di Cervantes, quello Zio Pam posto accanto al protagonista come un suo inevitabile doppio, perché senza di lui egli dovrebbe ridursi a tacere - e quindi non potrebbe esporre la sua visione del mondo - oppure a pronunciare un lungo vaniloquio mai interrotto né scandito dalle considerazioni alternative di un interlocutore...». Solo dopo la guerra, quando prese seriamente a studiare storia americana, Rino Albertarelli avrebbe trovato qualcosa sul vero Kit Carson. Clii aveva avuto ragione nell'immaginario? Lui o l'editore? Quanto all'aspetto fisico avevano sbagliato tutt'e due che gli avevano assegnato un peso e una presenza in qualche modo notevole. Invece, il vero Kit Carson era di scarsa rilevanza fisica, ma grazioso, sì, addirittura grazioso. In Kit Carson e dintorni. Il West di Rino Albertarelli, catalogo dell'omonima mostra ideata e curata da Andrea Bosco per la Provincia di Milano, Arnoldo Mondadori editore, 1991, si può leggere nella denuncia di abbandono del lavoro da parte di un certo David Workmaim, sellaio: «Si comunica a tutti che Cristopher (Kit) Carson, un ragazzo di sedici anni piccolo per la sua età ma tarchiato, capelli chiari, il 1° settembre è scappato dal sottoscritto che vive a Frankin, Contea di Howard, Stato del Missouri...». Ma si può leggere anche un tenero ritratto fattogli dalla grande scrittrice Willa Cather in La morte viene per l'arcivescovo, parlando di un incontro del suo padre Latour con il celebre trapper: «Se lo era immaginato come un mezzo gigante, un pezzo d'uomo dall'aspetto imponente. Invece codesto Carson era un ometto piuttosto smilzo, alto appena quanto lui...». Oreste del Buono TOMBA TOMBEUR IL NOME E'LA PISTA P. PENNA £.'UUfM£ NOHZIF PALLA FAMIGLIA roto, UN ALTRO (7( RIFONPAZIONF //» L' UTFKo, COMF AL GOUTO, io METTO IO / Scrivete a: Stefano Bartezzaghi «La posta in gioco» La Stampa - Tuttolibri via Marenco 32 10126 Torino | OSA ha Alberto Tomba I ' più degli altri? Lascio a I voi le risposte mondane: i I i miliardi, la fama, le me\à 1 daghe, il successo con le donne, la mancata soggezione al codice linguistico e a quello stradale... Niente di tutto ciò: io cerco una risposta immateriale (non posso dire «spirituale» perché qui più dello spirito ci interessa la lettera). Quando Alberto Tomba è diventato famoso, tutti hanno pensato almeno una volta: «certo che con quel cognome...». Non credo che il caso onomastico di Tomba commuova ancora qualcuno. Colgo anzi l'occasione e dichiaro che mi è impossibile nominare tutti i lettori che, negli anni, mi hanno mandato la battuta: «Perché Tomba vince? Perché Bara!». Un altro paio di maniche: lombare significa anche «ruzzolare», e quest'altra coincidenza mi sembra enormemente più si¬ gnificativa, per uno sciatore: Tomba tomba! (E' come se mi portiere si chiamasse Autogol!). Non parliamo poi di mio sciatore-playboy, fra le cui specialità ci sarà il far «tombare» il cuore delle ragazze: Tomba tombeur. Un'altra, e diversa, caratteristica del nome dello slalomista l'ha colta Giuseppe Varaldo (Imperia), nell'ambito del gioco delle catene chiuse di parole. Partiamo da Alberto. Incomincia per A e finisce per TO. Ma ecco che, una volta che siamo passati da A a TO, poi ritorniamo da TO ad A: A(lber)TO TOlmbìA. Cosa ci ricorda, questa circolarità? A me ricorda gli impianti di risalita: il nome è la pista che scende fino a TO, e il cognome è lo skilift che ci trasporta alla A di partenza. Di questo gioco abbiamo già parlato un mesetto fa, e spero che ci siamo trovati d'accordo nell'escludere la fastidiosa, equivocissima nozione di «sillaba» dai nostri orizzonti. Una se¬ quenza si considera incatenata quando qualche lettera (da una, due o più) si trova ripetuta alla fine di una parola e all'inizio della parola successiva. L'importante è che la catena sia chiusa: che l'ultima parola finisca con il gruppo con cui è iniziata la prima. Il gioco inventato da Varaldo funziona bene per costruire definizioni di personaggi: SgARBI: ARBItRIO RIOttoSO: SOS MAnET: ETeREA REAITA', TAloRA RAffinatissiMA MAriO: OnoRO' ROMA (come del resto MArcantoniO) MIllER (Henry): ERotisMI (varianti: ERezioNI, NIchilisMI, Rappresento' OrgasMI; ERotiCI CInisMI; ERoS SenzA AmorE EspriMI) Un'altra applicazione riguarda concetti astratti: TAngentopoU: LTllegittiMA MAzzetTA TElenoveLA: L'AmoRE, RESO UT, io METTO IO / METTO IO / LA VIGNETTA DI MARAMOTTI 'SOAP' APpaRE REpellenTE (variante: L'AmoRE REcitaTO TOrpidamenTE) Tipico di Varaldo è rivolgersi alle trame di romanzi o altre opere (il titolo dell'opera non entra nella catena): Mdby Dick o la balena: OceaniCA CacciA AL Leviatano Le ultime lettere di Jacopo Ortis: DElusO, OrtiS S'ucciDE (la sintassi consente di permutare i termini: OrtiS S'ucciDE DElusO, S'ucciDE Deluso, OrtiS) Il conte di Montecristo: EdmonD, Dall'iF FuggiTO, TOrNA, NAbabbO Ormai Inesorabi1E Odissea (versione lunga): D'All'assediO OmeriCO COll'armatA AcheA All'andirivieni In NaVE; VEnt'annI Impiegati IntensaMENTE; MENTEndO, Osando OppuRE REmanDO... DOpodichE' EgLI - L'ImmortalE EroE EmeRITO - RITOrna All'isolA AnelatA, All'animA AmatA, All'opiMA MAmmelLA LanguiDA. Odissea (versione concisa): Andirivieni In NaVE, VEndettA, AmorE; EccoLA, L'AnticA ArcinotA AwenturA. L'applicazione più difficile di questo gioco pare proprio essere quella ai nomi-e-cognomi. Ci sono alcuni nomi auto-incatenati (ma senza cognomi); NEroNE, TOTO', Orazio, EuclidE. Si trovano molti nomi a catena aperta, come EdmonD Dantès o Jacopo Ortis: sono incatenati solo al centro. Ma come nomecognome incatenato sia al centro che agli estremi, Varaldo, per ora, ha trovato solo AlberTO TombA. Quelli che non ha trovato, se li è inventati. MAgDA D'AleMA; OdettE e OrestE Eco; COstantE e COsettE ECO, NIoBE BErluscoNI, OdoriCO COstanzO; IriS SgarbI; EUcliDE DepardiEU; AchilLE LettA; LTvTA VIA1LI; LIbeRA RavanelLI; ISA Sacchi. Stefano Bartezzaghi

Luoghi citati: America, California, Imperia, Italia, Milano, Missouri, Roma, Torino