ZEVI: ARCHITETTI E' L'ORA DEL SACRO DISORDINE

ZEVI: ARCHITETTI E' L'ORA DEL SACRO DISORDINE ZEVI: ARCHITETTI E' L'ORA DEL SACRO DISORDINE LEGGERE, SCRIVERE, PARLARE ARCHITETTURA Bruno Zevi Marsilio pp 556 L. 65.000 LEGGERE, SCRIVERE, PARLARE ARCHITETTURA Bruno Zevi Marsilio pp 556 L. 65.000 ER rieducare gli arcliitetti bisognerebbe vietare righe, squadre, compassi, tecnigrafi. Con questi strumenti si concepiscono soltanto architetture scatolari». E' una delle raffiche che Bruno Zevi spara sui contemporanei, salvandone pochi nel passato. «La maggioranza di coloro che progettano e costruiscono oggi biascica, emette suoni inarticolati, non ha più niente da dire». Zevi non risparmia i tardivi razionalisti, i pseudomoderni: «Perché un edificio deve essere concepito come l'imballaggio di tante scatolette dentro uno scatolone?». Non esultino i nostalgici del buon tempo antico: Bruno Zevi conserva e rafforza la sua posizione di uomo moderno che guarda al domani da provocatore fiducioso; non propone affatto di riutilizzare linguaggi presi in prestito dal Medio Evo, dal Rinascimento, dal Barocco o dal Liberty, come hanno tentato (spesso cadendo nel grottesco) i Post-Modern da lui aborriti e definiti «nauseanti». Nel suo nuovo libro («Leggere, seri vere, parlare architettura))) raccoglie numerosi saggi tra riflessione e creatività artistica lanciando l'invito a elaborare un nuovo linguaggio, capace di far convergere il meglio del razionalismo, dell'espressionismo, dell'informale, del decostruttivismo, in un'unica scrittura «di grado vero». La svolta sarebbe ormai nell'aria: «Viviamo in un'epoca trionfale per il linguaggio architettonico. Ma molti non se ne accorgono. Su 100 edifici recenti 90 sono del tutto anacronistici, 8 contengono in modo incoerente qualche ele¬ mento lessicale moderno; 2 nel caso migliore sono sgrammaticati». Persino i grandi maestri del Movimento Moderno vengono accusati di «aver talora prodotto opere retrograde, classiciste». Perché, dopo un'analisi quasi spietata, tanta fiducia neu'imminenza di un cambiamento radicale? Secondo Zevi questo è il tempo della liberazione da norme e canoni tradizionali. E' anche il tempo della vittoria dell'architettura organica (di cui Zevi è l'apostolo in Italia) riscoperta da clù non dimentica la lezione di F. L. Wright. Le radici dell'architettura organica vengono cercate nella preistoria, a Pompei, nel Medio Evo, con una nuova chiave di lettura delle città antiche. «Piazza del Campo a Siena e Palazzo Vecchio a Firenze oggi sembrano appartenere a un altro pianeta», per il disegno organico, antigeometrico e antisimmetrico. Michelangelo viene citato come «straordinaria figura di contestatore della prospettiva centrale» nel caso del Campidoglio. Il libro indica la nuova strada: affrancamento dalle regole classiche della simmetria, delle proporzioni, dei ritmi, delle prospettive, dell'ordine formale: «Sacrosanto disordine che scalza l'ordine idolatrico». Zevi non si limita alle affermazioni, entra nel vivo: «Ogni finestra è una parola che vale per sé, non va affatto allineata né proporzionata. Può assumere qualsiasi forma. E poi perché non inclinare le finestre rispetto al piano di facciata?». Discorso forse affascinante per una casa d'artista di avanguardia. Ma sono immaginabili gli effetti nell'architettura ripetitiva di massa. Chi ha fatto esperienza di vita in case «popolari» con finestre a buchi tondi o in uffici con vetrate sghembe prova un certo sgomento. La simmetria è particolarmente presa di mira come «bisogno spasmodico di sicurezza, segno di passività, terrore infantile del padre», con esplicito riferimento alla psicanalisi. «Forse l'intera storia dell'architettura potrebbe essere riletta in chiave di nevrosi della simmetria». In centinaia di pagine dense di citazioni e di comparazioni svolte attraverso la storia della letteratura, della musica (si veda l'insistenza su Schònberg e la dodecafonia), della pittura, delle scienze, Zevi propone con vena polemica il suo messaggio di rottura con ogni codice per liberare l'architetto dalla tentazione di ripetere lezioni classiche, comprese quelle di un Gropius o di un Mies Van der Rohe. Nella sua aspirazione alla purezza pronuncia una sentenza molto netta sul rapporto tra il nuovo e Tanti- Bruno Zevi pubblica da Marsilio una polemica analisi dell'architettura contemporanea: «La maggioranza di coloro che progettano e costruiscono oggi biascica, emette suoni inarticolati, non ha più niente da dire» E ancora: «Su 100 edifici recenti 90 sono del tutto anacronistici» co, addirittura in linea con i difensori dei Centri Storici: «Possiamo conciliare gli antichi valori linguistici con i nuovi? Dobbiamo rispondere no per due motivi. Primo perché in tal modo si potrà impedire la costruzione di nuovi edifici nei tessuti storici che vanno tutelati, secondo perché fuori di quei tessuti si consentirà di realizzare opere non solo nuove ma schiettamente moderne». Per lui il rischio più grave è quello del compromesso che «offende passato e presente», che ha prodotto in Italia «case troppo alte e grattacieli vergognosamente bassi». Le prospettive future provocano smarrimento quando Zevi parla delle avanguardie di matrice un po' futurista e un po' dada, quando cita l'americano Frank O. Gehry come la stella che iUumina il cammino dal decostnittivismo a nuovi traguardi. «E' minimalista, pop e kitsch, esalta il cheapscape delizia e angoscia del paesaggio derelitto». Ma niente paura. Il libro non offre modelli da imitare banalmente. L'intento è ben diverso: «Questo lavoro ha l'ambizione di un atto eretico, suscitare il dissenso». Mario Fazio Lettere

Luoghi citati: Firenze, Italia, Pompei, Siena