WILBUR A ZANZIBAR DANIELLE IN ALASKA

WILBUR A ZANZIBAR DANIELLE IN ALASKA WILBUR A ZANZIBAR DANIELLE IN ALASKA A devastante macchina da guerra letteraria dell'ex esattore di tasse Wilbur Smith non è mai stata tanto micidiale come in questo momento: dopo due romanzi di apprendistato, anche Danielle Thomas, la moglie (la terza, ma terza da ormai 28 anni) si è messa a sparare ad alzo zero ed il volume di fuoco della famiglia è quasi raddoppiato. Persili la tattica è cambiata: ora - e per la prima volta - i due escono contemporaneamente, quasi fossero una cosa sola, con l'idea di colpire (ed affondare) con una sola bordata le classifiche di mezzo mondo. Infatti Uccelli da preda e Grido di silenzio (rispettivamente storia di galeoni e pirati tra Buona Speranza e Zanzibar, e vicenda d'orsi e sesso tra gli inuit dell'Alaska) sembrano fatti apposta per raccogliere anche le briciole di lettori che fatalmente si perdono sulla grande tavola imbandita dell'avventura e dell'amore. Sembra quasi di vederli pianificare il successo nella loro stupenda villa bianca, circondata di eucalipti e jacaranda, di Città del Capo. 0 a Leopard Rock, nel ranch di 25 mila acri a tre ore di macchina, tra gazzelle, bufali e gnu. 0 nel buen retiro delle Seychelles, un pezzo d'isola incantata comperata alcuni anni fa. O, ancora, nella quiete imperiale dell'appartamento di Londra a due passi da Harrod's. / coniugi Smith, vera macchina da guerra del bestseller, escono contemporaneamente: velieri e pirati per lui, orsi bianchi e amore per lei Wilbur Smith con la moglie Danielle Thomas Lei, per lunghi anni segretaria, consulente, ricercatrice, consiglieri, correttrice di bozze e confessore dell'illustre marito, avendo iniziato a volare con le proprie ali, si è però - d'improvviso - trovata con molto meno tempo da dedicargli. E lui, così abituato ad essere coccolato nella sua routine di lavoro (inizio di un nuovo romanzo rigorosamente e romanticamente ogni 6 febbraio, anniversario del loro matrimonio, e poi giornate scandite da un orario inflessibile dalle 8,30 alle 3 del pomeriggio quando arriva il tè, prima di dedicarsi a lunghe ed inflessibili vacanze in giro per il mondo a ricaricarsi e a cercare nuove ispirazioni), beh, lui si è d'un tratto trovato con meno materiale a disposizione. Così devono essersi detti: tu, Danielle, usa come fondale quel viaggio di due anni fa in Alaska dove abbiamo pescato trote con le mani in quel cottage sperduto dal mondo, prendi quei voli fatti in idrovolante per atterrare su laghi e banchisa, mescolali con quei racconti che ci hanno fatto gli eschimesi, un po' di plantigradi polari, un po' di sentimento, qualche amore impossibile ed è fatta. E tu, Wilbur, visto che io non posso più dedicarti il tempo di una volta, riprenditi una delle tue belle saghe, i Ballantyne o i Courteney, meglio i Courteney così arriviamo alla nona puntata, tutta roba che conosci a memoria e su cui non ti servono tante ricerche, riportali alle origini, sui mari, al periodo della Compagnia delle Indie, dei galeo¬ ni, delle marche franche e dei corsari eredi di sir Francis Drake. Condiscili con una guerra santa, ad esempio la difesa del Santo Graal conservato nell'Etiopia di Prete Gianni e del tempio di Axum, uno spruzzo di mercanti di schiavi dalle parti di Zanzibar, qualche bel duello navale al largo del Capo di Buona Speranza ed anche per te il gioco è fatto. Ecco, devono essere nati così questi ultimi due romanzi di famiglia, seguiti da lunghe ore al computer, uno accanto all'altro, gomito a gomito, anima ad anima, ogni tanto un sospiro, una lunga occhiata, qualche sorriso di tenerezza perché i due si adorano e si cercano come solo due innamoratini sanno fare, al di là V delle loro abbondanti sessanta primavere. Il risultato tuttavia è un Uccelli da preda vagamente distratto, salvato soprattutto dalla grande tecnica e dalla grande mano di un Wilbur Smith che, intorno al trentesimo romanzo, possiede ormai una tastiera che batte da sola. Mancano soprattutto i legami di questi Courteney (padre e figlio) con quelli che li hanno preceduti nella dynanty sudafricana degli otto episodi antecedenti. Sembrano piombare sugli oceani un po' per caso, soprattutto per soddisfare un sogno cavalleresco che mancava dal mercato. Non c'è il respiro della provvidenza, i personaggi - buoni e cattivi - sono tutti piccoli uomini, schegge di destino che non sembrano mai fare parte del grande disegno, prerogativa invece dei tutti gli eroi smithiani. Gli stessi odi e gli stessi amori, i tradimenti, le vendette e le salvazioni hanno un che di meccanico, sono semplici cinghie di trasmissione per la pagina successiva. Manca l'ardore, non c'è mai futuro che non sia quello del presente prossimo. Difficile sentirsi coinvolti da protagonisti senza il senso della stirpe, a meno che questi Courteney, rappresentando solo se stessi, siano un ambiguo caso di omonimia. Il segno più evidente della loro casualità nella storia sono le donne: il volto dell'una - l'olandese Katinka esperta in educazioni sentimentali, Sukeena la conturbante schiava mezzosangue e Judith Nazaret la Giovanna d'Arco africana - si sovrappone all'altra per svanire subito dopo senza quasi lasciar traccia. Stessa critica - ma qui aggravata da una tecnica decisamente allo stato larvale - per Grido di silenzio. Danielle Thomas getta nell'avventura artica manciate di semi rosa: lui ama lei, lei ama lui, ma lui e lei - naturalmente non sono liberi. E' chiaro che le rose fioriranno. Tuttavia che fatica. Fortuna che almeno i paesaggi - stupendi - rimangono indifferenti a tanto stormir di trote, orsi bianchi, pack e passioni. La polemica

Luoghi citati: Alaska, Città Del Capo, Etiopia, Indie, Londra