Parigi litiga sul vestito che non c'è di Antonella Amapane

Parigi litiga sul vestito die non c'è Ma il corpo esibito divide gli stilisti: «Sexy è bello». «No, è il segno di un vuoto di idee» Parigi litiga sul vestito die non c'è Da Westwood a Givenchy, la provocazione è il nudo PARIGI DAL NOSTRO INVIATO E il vestito non c'è più. La favorita di Francesco I, Diana di Poitier, è una top di colore, con i seni nudi, scoperti dal busticr giustacuore, slip oro e reggicalze. Dal palco del leggendario Lido la ragazza si sporge verso il pubblico accarezzandosi le natiche. Mentre un compratore fa il gesto di offrirle cento dollari. La platea impazzisce. Sfila Vivienne Westwood e i riferimenti sessuali si intrecciano a citazioni storiche. Jerry Hall schiude il mantello rinascimentale per esibire biancheria luccicante, il reggipetto carioca enfatizza i capezzoli, le mutandine ai minimi termini svelano l'inguine. La mantenuta del re è una schiava di potere, con la maschera del boia, pantaloni di cuoio sadomaso solcati da zip davanti e dietro. Nudi e provocazioni assortite a Parigi si sprecano. Resta l'idea dell'abito, ma la moda commerciale scompare. Chi si metterà le blasfeme tute con i Cristi voluti da John Galliano? Quale donna acquisterà i tailleur creati da Xuly Bet con i sacchetti della pattumiera? Di sicuro vince la spettacolarizzazione di un prèt-à-porter in crisi che si aggrappa ai colpi di scena. Tanto show serve a far dimenticare un deficit di un miliardo di franchi? Oppure a nascondere l'incapacità di coniugare fantasia e portabilità? «Certe gag non sono abiti, ma trucchi per ottenere pubblicità gratis sui giornali», così John Fairchild, editore del quotidiano di moda «W», commenta il pube esibito sotto la pelliccia da Bertrand Marechal; il petto a vista nei top di Lolita Lempicka e nei golf di Sonya Rykiel. Ma, attenzione, osserva Ungaro: «C'è nudo e nudo. Guai a confondere pornografìa e erotismo. Scoprire il corpo deve essere un atto pudico». Difficile non paragonare a una prostituta di lusso la femmina di Alexander Me Queen per Givenchy. Accompagnata da una colonna sonora che è un orgasmo, esce dalla porta che raffigura una mano sull'inguine. Sotto i cappotti di pelle nera, lunghi fino ai piedi, la carne urla. Naomi sfoggia minigonne di trenta centimetri. Helena Kristensen pare una hostess dell' «Air-otica line» che fa volare le sue «vittime» sadomaso: berretto a bustina, micro tailleur in nappa nera. Valentino si dichiara nemico del coté guardone che si rispecchia nelle trasparenze: «Sexy oggi per me significa mostrare senza volgarità gambe, seni e collo». Gli stilisti a Parigi si dividono in due scuole di pensiero. Una vede la donna santa coperta da capo a piedi, l'altra la preferisce in caricaturale versione hard-core. «Spogliare è out. Noi stilisti abbiamo il compito di vestire», dice Helmut Lang senza curarsi delle nude animaliste che manifestano fuori dal defilé. Non accenna a mostrare curve neppure Gaultier promuovendo completi maschili portati da top nere, truccatissime. Il colpo di scena, un po' irriverente, è il saffico incontro di due ragazze, una oro, l'altra dark, che si baciano sulla bocca. Antonella Amapane Alle sfilate di Parigi imperversa la trasgressione: modelle che sfilano in topless, altre nude, baci saffici

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