LETTERA DALL'AMERICA la bimba da laboratorio si scopre maschio di Paolo Guzzanti

si scopre maschio F- LETTERA DALL'AMERICA La bimba da laboratorio si scopre maschio NEW YORK A storia del neonato americano amputato alla nascita dell'organo sessuale e poi trasformato artificialmente in bambina (ormoni, seno finto, pressione psicologica, bambole), ma che alla fine si è ribellato recuperando la propria identità, scuote l'America: è la storia del giorno sulla prima pagina del «New York Times» che la tratta per quel che è: una notizia che sconvolge i pregiudizi ideologici molto più degli apparati genitali. Chi ne esce infatti a pezzi non è un organo umano, ma un tabù: quello secondo cui la persona nasce amorfa, neutrale e mentalmente asessuata, in attesa che l'ambiente la modelli. Questa tesi arbitraria e fortemente promossa per motivi ideologici, ripropone la vecchia questione del determinismo e libero arbitrio, ma polarizzate ed entrambe pericolose: da una parte quella della sola prevalenza genetica che conduce al razzismo e al nazismo; dall'altra quella che porta a una nuova edizione americana di quello che fu negli Anni Trenta l'immaginario homo sovieticus, puro prodotto dell'ambiente, ma sotto il controllo di un comitato politico-scientifico, custode del principio: dateci un individuo appena venuto al mondo, e noi ne faremo l'uomo nuovo, se occorre anche l'uomo-donna. A Napoli questo genere di esperimento viene coltivato da millenni ed è quello che fabbrica i «femminielli»: non creature androgine, ne omosessuali, ma maschi avviati fin dall'infanzia alla carriera di donna servile, quella che cucinerà, accudirà i vecchi, fornirà prestazioni sessuali fra sordide bambole e sgargianti vestitini. In fondo anche la monaca di Monza fu allevata come baby-suora, salvo poi vivere il tormento e l'estasi nel letto di Egidio. L'America «politically correa», cioè quella in cui la verità di fatto è subordinata alle direttive scientifiche e lobbistiche, è spaventata dal caso del bambiI no evirato e subito ricostruito I come femmina (un femminiello statunitense allevato, travestito, accessoriato con una simil-vagina e imbottito d'ormoni) sulla cui femminilità posticcia erano stati scritti manuali e saggi, il quale un giorno improvvisamente si ribella, si strappa la maschera del make-up, via il seno al silicone, recupera quel che può attraverso un trapianto, ma più che altro urla con disperazione: io sono maschio, ho sempre saputo di esserlo, volevate seppellirmi vivo in una identità che non è la mia, andate tutti al diavolo, lasciatemi in pace e già che ci sono, mi sposo. Una corte di medici e cerusichi, ma più che altro di filosofici pedagoghi della «correttezza politica» si interroga: il caso dell'amputazione sulla cui cicatrice era stata costruita una pretesa «bimba ambientale» era da-anni < considerato la prova sperimentale certificata del fatto che l'uomo può essere montato e smontato, secondo direttive legate agli equilibri e agli equilibrismi dei generi. Viene soltanto da chiedersi: come mai un tale caso esemplare di manipolazione umana non suscita la stessa febbrile preoccupazione etica, non scuote in via di principio le coscienze quanto la più spettacolare clonazione? L'abuso è lo stesso perché poggia sulla arrogante pretesa di «costruire l'uomo» in un modo o nell'altro. Paradossalmente, l'ipotesi dell'uomo clonato sembra persino meno violenta di quella di una persona vivente sottoposta a modifiche (fallimentari) ispirate ad un pregiudizio ottocentesco: che l'uomo non nasca con la sua precisa identità, ma che aspetti di essere determinato dall'ambiente e da chi comanda. Paolo Guzzanti riti |

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