«Maledetti, ve la farò pagare» di Flavia Amabile

«Maledetti, ve la farà pagare» Dopo la prova del Dna oggi potrebbero scattare i primi arresti, mentre continuano i veleni «Maledetti, ve la farà pagare» Giallo di Latina, la rabbia del padre di Elisa alfunerale LATINA DALL'INVIATO Quando la mano si è posata per l'ultima volta sulla bara bianca, per Angelo Marafini trattenere l'ira è stato impossibile. «Bastardi, maledetti, ve la farò pagare», ha sussurrato a denti stretti, uno sguardo carico d'odio, appena nascosto dietro un paio di occhiali scuri, perso in un punto ormai vuoto. La bara con il corpo della figlia Elisa - massacrata insieme con il fidanzato Patrizio Bovi a diciassette anni con oltre ottanta coltellate e una sessantina di altri colpi e ferite varie - era stata inghiottita dal buco nero destinato a proteggere il suo riposo. Visto che nessuno era stato in grado di proteggere la sua vita. Mentre il buco nero veniva chiuso, è stata la madre, Giuseppina Marafini, inginocchiata, a scoppiare in un pianto dirotto, e forse avrebbero dovuto vederla allora quegli inquirenti - almeno venti - che mercoledì notte l'avevano tenuta per dodici ore seduta su una sedia: un faro sparato sul volto, e un coro di risate dietro le spalle, a chiederle come mai non ci fossero lacrime nei suoi occhi. Non ce n'erano perché era una madre ancora incredula quella notte Giuseppina Marafini, ancora incapace di rendersi conto della realtà. Ha dovuto toccarla giovedì all'obitorio di Latina, e poi ieri al cimitero, per capire, e finalmente piangere. Quando infine il buco nero è stato sigillato, a testa bassa, marito, moglie e l'ormai unico figlio, Tommaso, quindici anni, sono tornati a chiudersi in casa. In attesa che gli sviluppi delle indagini chiariscano a tutti il loro ruolo. E in silenzio. Il marito due giorni fa aveva ancora avuto la forza di aggredire il giovane avvocato inviato a notificargli l'avviso di garanzia per il test del Dna: «Indagato io? Hanno il coraggio di credermi colpevole? Pensino piuttosto a fare il loro dovere i carabinieri», aveva urlato. Ieri, nulla. Si è accasciato su una poltrona, poi sul letto, ed è crollato sotto il peso di cinque giorni e cinque notti di orrori, interrogatori, perquisizioni, vergogna, veleni. Già quei veleni, grandi come solo nei piccoli paesi di provincia possono diventare. Soprattutto se si tratta di paesi come Cori, divisi in due, una parte alta e una bassa. I coresi di Cori Monte fin dal primo istante non hanno mai avuto dubbi su chi fosse il colpevole: ovviamente Marafini, colpevole innanzitutto di essere un corese di Cori Valle. La rivalità fra le due Cori si è trasformata in una valanga di odio che ha costretto gli inqui¬ renti a mettere sotto torchio i Marafini e poi a chiedere la prova del Dna. Nella valanga era andato a finire di tutto. Anche un brutto episodio avvenuto circa sei mesi fa al quindicenne Tommaso: in motorino aveva investito e ucciso un uomo, ed era stato condannato per omicidio colposo. Anche le grandi fantasie del paese su un collegamento di Marafini con i servizi segreti. Ma, a dire il vero, di veleno entrambe le Cori ne hanno per tutti i destinatari degli avvisi di garanzia emessi due giorni fa. Per Piero Agnoni, che - dicono dava soldi a Patrizio Bovi e passaggi in auto a Elisa Marafini. Per Massimiliano Placidi che dicono ancora i maligni - a Bovi dava cocaina e telefonini e in cambio chiedeva del sesso. A voce ancora più bassa, qualcuno fa circolare storie inverificabili di pedofilia, con tanto di ragazzini adescati nei vicoli. Ma di veleni ce n'è anche per Marco Canali, un ex-fidanzato di Elisa che a Bovi aveva procurato la casa dove abitava e dove poi è avvenuto l'omicidio. In un simile scenario, a prendere corpo con chiarezza è finora soltanto la torbida realtà di una provincia annoiata, dove droga e sesso rappresentano un'alternativa al cinema che non c'è, alla televisione che intristisce, alla piazza che ogni sera è la stessa. E' questa provincia ad aver partecipato ieri pomeriggio a Cisterna ai funerali di Patrizio, trasformandolo in una sceneggiata della peggiore specie, fatta di svenimenti, urla, parolacce, spintoni, liti e di un'unica frase dolce: «Fratello mio, non mi darai mai più i tuoi pizzicotti», ha urlato a un certo punto la sorella. E' questa provincia quella da cui gli inquirenti contano di tirare fuori il nome, o i nomi, delle persone coinvolte. La prova del Dna potrebbe forse già oggi far scattare le prime manette, e, nonostante i veleni di Cori, non dovrebbe essere intorno ai polsi di Marafini che verrebbero chiuse. Flavia Amabile In lacrime la madre parolacce, spintoni e svenimenti per l'ultimo addio alla giovane massacrata a coltellate Un'immagine dei funerali di Elisa Marafini uccisa con 140 coltellate

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