«Ma non è il Vietnam d'Europa»

«Ma non è il Vietnam d'Europa» IL VICE DELLA «Ma non è il Vietnam d'Europa» Fassino: «E' eccessivo parlare di guerra civile» SROMA E parliamo di princìpi, tutti siamo favorevoli. Ma poi, quando si entra nel concreto, devi fare i conti con problemi finanziari, logistici e di risorse umane che nessun Paese è in grado di affrontare da solo e che invece richiedono grande determinazione e impegno europeo». Piero Fassino, pds, sottosegretario agli Esteri, uscendo dal vertice serale di Palazzo Chigi, si mostra pensieroso. Fassino, che cosa ha deciso il governo? «Ma che cosa volete... Questa è una situazione in cui non può decidere un Paese solo. Si tratta di vedere che cosa pensano anche gli altri. Il ministro Dini sarà in Olanda per due giorni per incontrarsi con i colleghi dell'Unione europea. Dini verificherà quali sono gli orientamenti e gli stati d'animo dei partner europei». L'Italia comunque considera un successo la missione di Vranitzky. O no? «Sono due gli elementi positivi della giornata. Primo, il nuovo governo ha stabilito un rapporto con l'Osce. Secondo, s'è stabilito un rapporto tra l'Osce e i rivoltosi. I quali, peraltro, hanno ribadito a Vranitzky che riconoscono il governo che si è costituito, l'accordo di Tirana, e di essere pronti a favorire il disarmo». Ma insistono nella richiesta preliminare delle dimissioni di Berisha. «Sì, loro aggiungono la questione di Berisha. Che, come è facile capire, è la classica questione che la comunità internazionale non può risolvere da sola. Su questo punto è decisivo l'orientamento delle forze politiche albanesi. Vedremo che cosa maturerà nelle prossime ore. Ma attenzione: il dialogo delle due parti con l'Osce dimostra che in Albania per ora non c'è guerra civile, né conflitto tra parti contrapposte, anche perché U governo neocostituito è di unità nazionale». L'hanno paragonato a un 8 settembre. «E' una crisi drammatica. Una dissoluzione dello Stato senza precedenti. Ma non c'è uno scontro tra parti politiche. La prova? Si dice che ci sono in giro 150 mila kalashnikov, ma i morti sono poche decine. Non siamo di fronte al bagno di sangue. Non ha alcun senso fare paragoni con la Bosnia o il Vietnam. Lì era una guerra con parti contrapposte, con chi vinceva e chi moriva, con un potere che spariva e un altro che subentrava. Qui no. C'è il collasso di uno Stato. Per questo bisogna aiutare lo sforzo di tutte le forze politiche albanesi, comprese quelle che si sono costituite in soggetti autonomi, per uscirne tutti assieme. I colloqui di Vranitzky indicano che forse questa possibilità c'è ancora». L'Italia è disposta a fare la sua parte, per aiutare questo processo? «Sì. Siamo disposti a fare la nostra parte sul piano politico, economico, e anche, eventualmente, con una presenza militare. Però, evidentemente, in un quadro di azione internazionale. Nessun Paese da solo può essere in grado di affrontare una crisi di questa portata. Ecco l'importanza della riunione in Olanda. Perché va valutata la disponibilità degù altri. Non solo e non tanto sul temao militare, quanto anche sull'aiuto economico-finanziario. Perché uno può dare una prospettiva di recupero all'Albania solo se ci sono grandi aiuti economici che compensino il tracollo delle finanziarie piramidali». Per restare all'aspetto militare, i tedeschi sono critici, mentre inglesi e francesi sono enormemente impegnati in Bosnia. «Sì, questa è una reale difficoltà. Gli esperti dicono che per ogni effettivo messo in campo, ce ne sono tre nella logistica. Significa migliaia e migliaia di persone... E l'Europa è molto impegnata in Bosnia. Non c'è nessuno Stato, salvo gli Stati Uniti, che da soli siano in grado di fornire interventi di quelle dimensioni. O c'è una intesa europea, o diventa complicato per chiunque». [fra. gii.] Il sottosegretario agli Esteri Piero Fassino ICS PTW!rw "Mi—zz—=r—z,—