Tirana brucia Berisha resta di Vincenzo Tessandori

Dopo che il presidente ha triplicato la paga a militari e poliziotti compaiono i primi posti di blocco alla periferia. Creata una milizia di fedelissimi Tirana brucia, Berisha resta Fuoco sugli elicotteri americani NELLA CAPITALE ASSEDIATA TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Signor ambasciatore, dice, «signor ambasciatore, si rende conto? Questi distruggeranno il centro della Coca-Cola!». La voce di Sali Berisha, presidente dell'Albania in fiamme, un tempo era sicura e limpida e ora suona flebile e incerta e il volto ha un'espressione lugubre e gli occhi non sorridono più. Ad Hank Haynen, diplomatico olandese, il brillante cardiochirurgo dal fisico di atleta sembra invecchiato di vent'anni. Lo sa di essere solo. Da giorni anche i suoi gli chiedono di abbandonare, ma lui confida: «Non me ne vado, rimango qui fino alla morte». Eppure, insistono tutti, tutti si dicono persuasi che se getta la spugna, i problemi del Paese si risolveranno. Come d'incanto. Naturalmente, questa è un'ipotesi che convince poco gli europei e forse neppure gli americani, che non lo amano più come un tempo. «Non me ne vado». L'altro giorno pareva fatta. Chissà come a Tirana tutti aspettavano la conferma che avrebbe dato lui stesso in televisione. «No, non me ne vado». Ha sorpreso tutti, e ora ricomincia l'attesa. Anche ieri, quando gli avversari di sempre, i socialisti, gli hanno rinnovato la richiesta, ha risposto così. Sordo all'accusa di voler scaraventare l'Albania in una guerra civile che la potrebbe stritolare. Lui, uomo del Nord, contro quelli del Sud. Ma ha sempre meno speranze e l'altra notte, dopo aver fatto imbarcare per l'Italia moglie e figli, è rientrato nell'appartamento deserto al secondo piano di uno stabile appassito in Rruga Fortuzi, ha ripensato a tutti quelli che vorrebbero toglierselo dai piedi e ai quali risponde: «Jo!», «No!». In fondo, il suo vicino di pianerottolo, un autista, lo aveva appena salutato: «Buonasera, presidente». Forse è vero, Berisha è finito. Ma il nodo più serio è un altro: perché finora non sembra essere emersa, nemmeno fra quelle dell'opposizione, così attiva e irriducibile, una personalità di spicco in grado di raccogliere lo scettro di questo regno senza corona. Eppure, il nuovo premier, Bashkim Fino (che ieri ha ottenuto la fiducia dal Parlamento: 74 sì dai 74 deputati presenti, su 143), tenta l'impossibile ed è volato sulla fregata Aliseo, della nostra Marina Militare, per un incontro con Franz Vranitzky, ex cancelliere austriaco, inviato speciale dell'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea. Presenti pure due del Comitato per la salvezza del Paese, quello nato dai vari comitati delle città insorte: in fondo, occorre fare i conti anche con loro. E un primo suc¬ cesso, il premier l'ha ottenuto: quelli di Argirocastro hanno dichiarato di riconoscere il suo governo. Certo, è una vittoria limitata e scontata, considerato che Fino è stato sindaco di Argirocastro, ma ad ogni buon conto è un segnale positivo perché anche gli altri comitati potrebbero seguirne l'esempio. Nell'attesa, la situazione rimane complicata e il primo ministro, al termme dell'incontro, ha riconosciuto che, sì, «per porre fine alla distruzione dello Stato albanese», è indispensabile un aiuto esterno, ma non qualcosa di simbolico: «Alcune migliaia di uomini». Poi ha tenuto la prima conferenza stampa davanti alle telecamere. Fino è paffuto, porta la stessa cravatta che aveva il giorno del giuramento. Ora dice: «Il nostro partito è il partito dell'Albania, il nostro governo è il governo degli albanesi. I veri patrioti sono quelli che restano, non quelli che scappano». E poi il sigillo: «In questa tragedia non ci sono sconfitti e vincitori, ma solo perdenti». Vranitzky ha confermato che per spazzar via il caos occorrono «unità di polizia internazicr.ale». E Spartaq Nigyeli, ministro della Giustizia, del Movimento per la legalità, insomma, un monarchico, dice sconsolato che «la situazione è fuori controllo, c'è l'anarchia». Il governo, per la verità, qualcosa ha fatto, magari qualcosa di elementare, ma concreto: ha ripreso una piccola parte del controllo della capitale. Per tutto il giorno carri armati e blmdati carichi di soldati, anche senza divisa, hanno percorso i viali principali, quelli che nascono dalla piazza Scanderbeg, e si sono spinti fino all'aeroporto. Chi si arruola, ha fatto sapere il ministero degù Interni, avrà paga triplicata. Sono quelli della neonata milizia civile: quando passano, dai loro blindati urlano che spareranno a vista su quelli che impugnano ar- mi. Con l'arrivo dei carri, le sparatorie si sono allontanate dal centro. Almeno fino al tramonto, perché con le tenebre le mille battaglie riprendono. L'altra notte, sotto la mia finestra, un giovane sui 30, su una Mercedes bianca, è stato freddato da quelli dello Shik, il servizio segreto, quelli che impugnano i khalashnikov e non indossano mai la divisa. Non si era fermato all'alt, hanno spiegato. Invano, ieri mattina, qualcuno ha tentato di coprire con un po' di terra la grande macchia di sangue. Il più violento scontro notturno avvenuto proprio davanti alla sede della presidenza della Repubblica. Tre automezzi privi della targa con a bordo non meno di 10 persone hanno sparato contro l'edificio, presidiato da carri armati e agenti in borghese che hanno risposto al fuoco bloccando almeno uno dei veicoli e catturando cinque degli aggressori. A Tirana gli msorti hanno anche saccheggiato e poi incendiato la sede della Croce Rossa internazionale, portandosi via 70 tonnellate di viveri e medicinali. Un altro clamoroso saccheggio è segnalato a Durazzo dove i ribelli hanno devastato la residenza del presidente della Repubblica. Il palazzo, costruito da re Zog, è stato svuotato di mobili e altri oggetti antichi. L'mcendio divampa anche nel Nord: a Rreshen e Lezha si segnalano scontri e morti, mentre a Shen Koll è stato assaltato il carcere, i cui 450 detenuti sono riusciti a fuggire. Gli insorti hanno bruciato tutte le banche della città. In fiamme a Scutari gran parte degli uffici istituzionali, due banche, l'ufficio dei servizi segreti e la prefettura. In città si segnalano otto morti. Ovunque i razziatori si appropriano di tutto quel che riescono a portar via, persmo detriti metallici, sacchi di cemento o vetri staccati dalle knposte. Prosegue l'operazione internazionale di sgombero: gli elicotteri militari Usa hanno trasferito in giornata 139 civili da Tirana a bordo della portaelicotteri «Nassau», neU'Adriatico. L'operazione è stata sospesa dopo che da terra si è sparato sui velivoli. Un elicottero «Cobra» stava anche per essere colpito da un missile, ma l'uomo a terra con un lanciamissile portatile è stato scorto in tempo dall'equipaggio e messo in fuga a colpi di cannoncino. Anche i militari tedeschi che partecipano all'operazione di sgombero hanno sparato da un elicottero contro uomini che facevano fuoco contro le 105 persone da evacuare e i velivoli. Infine sono 45 i francesi sgomberati a bordo di cinque elicotteri dal porto di Durazzo con altri 43 stranieri. Vincenzo Tessandori Militari tedeschi rispondono al fuoco Assalto al palazzo del Presidente Saccheggiata la Croce Rossa Il nuovo governo ottiene la fiducia

Persone citate: Bashkim Fino, Berisha, Franz Vranitzky, Hank Haynen, Sali Berisha, Shen Koll, Vranitzky