Uniti solo contro le manette di Pierangelo Sapegno

Uniti solo contro le manette Uniti solo contro le manette «La dose personale non va punita» LE MILLE VOCI DALLA TORRE DI BABELE NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Bisogna entrare, per capire. Il teatro Mediterraneo ha le porte come nei saloon che ti ritornano in faccia. Appena passate, lo scenario è di quelli che raccontano, perché è una gran bolgia che ci si para davanti, con i fotografi appesi ai fianchi dei palchi, la gente seduta sulle scalinate o sospesa sulla balaustra, in questo vociare altalenante che scorre per la sala. Fuori da quelle porte come i saloon, ce ne stanno altri seicento che sbraitano invano. Dentro non c'è più posto. «Ed è colpa del nostro pessimismo», cerca di spiegare Guido Bolaffi, direttore generale degli Affari sociali, quando apre la conferenza. «Non credevamo che avreste risposto tutti in maniera cosi massiccia». Oppure, è colpa dei politici: «ce n'erano troppi, non ce l'aspettavamo», dice Livia Turco, la ministra. Solo che tutto questo alla line non importa tanto, perché stavolta l'immagine non inganna, racconta bene, definisce un quadro esatto, un'impressione giusta. La seconda conferenza nazionale sulla droga comincia proprio con questo caravanserraglio di uomini, eli umori e ideologie, di tesi contrapposte e gruppi divisi. Mentre i soldati di Muccioli s'aggirano in sala stampa per dire che aspettano la risposta di Scalfaro, e dovrà dire da che parte sta, e che qui sono tutti inatti, «non ci volevano far entrare»; e il ragazzino li fuori ti passa il volantino del Cora, «associazione del partito radicale», e non dar retta a quelli lì, dice, «che tanto sono entrati tutti». E poi si presenta uno, «Marco Mottolese, piacere, l'editore Parole di cotone, che ha pubblicato il libro «Canapa». Il libro è questo qua, fa lui e lo porge, una scacchiera di colori. L'autore è Jack Herer, il gum americano della depenalizzazione. «E il segnalibro è in canapa», precisa Mottolese, e l'Italia era il secondo paese in Europa per la produzio- ne di canapa, ai bei tempi, «e tutta nella Padania», dice. In questa torre di Babele, dove ci si perde e ci si confonde anche nello stesso pensiero, c'è ima sola, incredibile parola che mette d'accordo tutti, e non importa che sia la più brutta, la più difficile da pronunciare: decarcerizzazione, si chiama, e non facciamo solo fatica a scriverla. Però almeno su questo, sul fatto che non bisogna mandare in carcere chi detiene la famosa «dose personale», c'è una volta tanto unità di pensie¬ ro. Solo su questo, sia ben chiaro. Tutti insieme, da Livia Turco a Casini, a Mastella, da don Benzi a don Ciotti, che per il resto parlano voci così lontane. I punti di divisione, in questo gran caravanserraglio, sono soprattutto due: la depenalizzazione (altra parola che vi raccomandiamo) per tutti i reati connessi alla droga, e cioè lo spaccio di piccole quantità, la detenzione, gli scippi per procurarsi la roba; e la riduzione del danno, sostenuta da alcuni esperti che in questa conferenza spiegheranno pure che in certi casi lo Stato potrebbe distribuire dosi di eroina per tenere meglio sotto controllo la tossicodipendenza. E su questi temi, è difficile trovare uno che la pensi come un altro, anche se le parole a volte si possono assomigliare. Dai nuovi mediatori come don Mazzi: «Non ci può essere destra e sinistra sulla droga, cerchiamo di metterci assieme». O come don Ciotti: «Dobbiamo tener presente che la droga è un mercato di mafia ed è una strage di mafia. Non dobbiamo dividerci, ma cercare unità nelle diversità. Però, per il voto deU'altro giorno in Parlamento, mi sento umiliato dal fatto che i compromessi della politica abbiano avuto il sopravvento sulle ragioni dei giovani tossicodipendenti». Agli oltranzisti, come don Benzi: «La depenalizzazione è un messaggio contradditorio che manda in tilt gli adolescenti. Nel momento in cui la legge Iervolino-Vassalli cominciava a dare i primi risultati, il referendum del '93 ha spazzato via questa sorta di argine, questo discrimine fra legalità e illegalità rappresentato dalla modica quantità». Alla fine, quello che unisce tutto questo è il dramma che si combatte, anche qui. Quello che divide è la soluzione. Ma il fatto è che la separazione fra un gruppo e l'altro, fra le tesi e le idee, ha in sé qualcosa di così confuso che lo scenario del Teatro Mediterraneo appena rappresenta, con quei fotografi aggrappati sotto al palco e la gente sospesa sulle balaustre. E gli uomini politici che gremivano le prime file della sala alla fine altro non fanno che evidenziare ancora di più queste divisioni, che sono trasversali anche a ogni gruppo, persino nei partiti. E così oggi comincia a Cava dei Tirreni la controconferenza del Polo, e Alessandra Mussolini annuncia che non ci andrà: «Quando governo e forze politche si assumono la responsabilità di organizzare un confronto come questo, bisogna esserci e io sarò qui». E Alessandro Meluzzi, di Forza Italia, invece dice persino che non sarà una manifestazione del Polo, quella di Cava: «ho ricevuto adesioni di esponenti di Rinnovamento e del Ppi». E poi, su tutto ci si divide e ci si confonde. Pure sugli emendamenti appena votati al Parlamento. Comincia Pierferdinando Casini, segretario Ccd: «Qui si parla, ma a Roma abbiamo già deciso». Continua Rosi Bindi, ministro della sanità: «La conferenza non deve tener conto del voto del Parlamento. E sulla riduzione del danno si può sperimentare soprattutto un rafforzamento dei servizi pubblici». Finisce Clemente Mastella, presidente Ccd: «Peccato. La Turco è stata attenta nella sua relazione a dimenticare il voto dell'altro giorno». Così è se vi pare. In questo grande mare pieno di rotte e di tempeste non resta che annotare Walter Veltroni, vicepresidente del Consiglio: «Contro la droga occorrono diversi strumenti: la battaglia contro la disoccupazione, la battaglia per migliori scuole e città, le battaglie specifiche contro il traffico e per la riduzione del danno». Volendo, è il biglietto di presentazione di questa conferenza. L'altro sta negli occhi, davanti a noi, e da questo marasma chissà che non venga fuori qualcosa. Mottolese, l'editore, sta raccontando la storia della marijuana. Carlo Forquet, di Sampa, scuote la testa, «sono tutti pazzi, qui sono pazzi». Fuori, un frichettone stanco s'addormenta sulle scale. Pierangelo Sapegno

Luoghi citati: Cava Dei Tirreni, Europa, Italia, Napoli, Roma