Occupazione Bertinotti urla e vince

Vertice di quattro ore a Palazzo Chigi. Il Consiglio dei ministri varerà oggi un decreto Vertice di quattro ore a Palazzo Chigi. Il Consiglio dei ministri varerà oggi un decreto Occupazione, Bertinotti urla e vince Ma sulla manovra bis è muro contro muro con Rifondazione ROMA. Arrivano tutti tra le nove e un quarto e le nove e me;:'o, i segretari dei partiti di maggioranza: D'Alema e Marini (i più ritardatari perché reduci da un prevertice a due), Dini, Bertinotti e il portavoce dei verdi Manconi, che giunge a piedi perché sprovvisto di auto di rappresentanza, tanto che all'uscita «scroccherà» un passaggio al leader della Quercia. Il portone di Palazzo Chigi si chiude dietro di loro e dietro i ministri Ciampi, Treu, Maccanico e Visco. L'appuntamento per il vertice del centro sinistra sull'occupazione è al terzo piano, nell'appartamento di Prodi. E con il presidente del Consiglio, naturalmente, ci sono anche Veltroni e Micheli. Caffè, acqua minerale e succo d'arancia per un incontro a lieto fine. Il Consiglio dei ministri varerà oggi un decreto sulla materia. La maggioranza è salva, almeno su quel preciso oggetto del contendere, grazie a mille miliardi e a centomila posti per i giovani disoccupati del Sud «concessi» a Bertinotti perché «digerisca» (sono parole sue) il lavoro interinale. Salva, ben s'intende, fino alla prossima puntata, quella della manovra bis: «Non sbaglia avverte Bertinotti - chi dice che dopo questa schiarita, tra una settimana, potrebbero esserci nuovi problemi. Sarebbe ragionevole fare un vertice anche sulla manovra bis». Il summit dura quattro ore e mezzo, qualcuno (come Ciampi e Dini) esce prima, Prodi si assenta per l'incontro con Violante e Mancino, ma poi torna. Tutti si dicono soddisfatti. Però quanta fatica e quanti strilli per raggiungere quel risultato. «Alla fine per farmi sentire ho dovuto urlare», racconta ai suoi, dopo il summit, Bertinotti. E quello da lui usato è un eufemismo, visto che il segretario del prc, a quel vertice grida per circa due ore (uno dei partecipanti ha cronometrato il tempo) e litiga con Ciampi e con D'Alema. Ne risentono la giacca grigia (stazzonata) e i capelli (elettrici e fuori posto). La prima nota dolente è la manovra. Dice il presidente del Consiglio: «In queste tre settimane ci sono state troppe turbolenze, troppe interviste. Ci sono costate 10 mila miliardi. Ciò nonostante siamo ad un passo dal risanamento economico, quindi vi prego adesso non rovinate tutto, uscendo, con qualche dichiarazione ai giornali. Se non riuscissimo a entrare in Europa sarebbe un fallimento per tutta la maggioranza, anche per Rifondazione. A questo fine ritengo vi sia bisogno di una manovra correttiva tra gli 8 e i 14 mila miliardi». Non l'avesse mai detto, Prodi. Bertinotti scatta come una furia: «La manovra non è necessaria. Ma se proprio volete farla può essere al massimo di 7 mila miliardi». A questo punto Ciampi si incupisce e replica secco: «La manovra deve essere molto più ampia: almeno il doppio di questa cifra». Cielo. Bertinotti insiste. Ciampi si alza e fa per andarsene. D'Alema e Veltroni si guardano negli occhi. Micheli e Prodi fanno altrettanto. 11 vice presidente del Consiglio suggerisce: ((Aspettiamo i dati della trimestrale di cassa e rimandiamo la discussione». Micheli concorda. Il capitolo manovra si chiude. Secondo capitolo: occupazione. Le urla di Bertinotti si sentono in tutto il terzo piano. Rotea la mano destra, il segretario del prc, come a dar maggior forza al suo discorso. E finisce per litigare sia con D'Alema sia con Dini. Il leader di Rifondazione insiste con il lavoro minimo garantito. Bocciato da tutti. Si parla allora dei miliardi da destinare all'occupazione e dei posti di lavoro per i giovani. Berti¬ notti ne vuole di più, degli imi e degli altri. Ciampi freme: «Non ci sono i fondi», dice. Dini si infiamma: «Certe proposte - sbotta - sono inaccettabili. Ci sono problemi di cassa e ci vuole senso della responsabilità». Ma il più arrabbiato di tutti e D'Alema. Lui e Marini, prima del vortice, hanno concordato la linea dura nei confronti di Bertinotti. Così il segretario della Quercia interviene: «Basta Fausto - dice - stai esagerando, le tue sono inutili impuntature, guarda che così finiamo per rompere». Segue battibecco. Veltroni torna a mediare. Lui e D'Alema fanno un gioco di squadra, il primo è il «pompiere», il secondo è il «duro». E infatti il segretario del pds confida: «Per la prima volta io e Walter ci siamo capiti benissimo». Alla fine l'accordo si trova. Le dichiarazioni ufficiali sono improntate all'ottimismo. «Incontro positivo», dice D'Alema, secondo cui di «vertici meno se ne fanno e meglio è, però se si devono fare allora deve esserci anche Bertinotti». «Questa è una coalizione di legislatura», osserva Veltroni. ((Abbiamo superato le avversioni del prc», osserva Dini. Ma Bertinotti già avverte: «Il nuovo banco di prova del governo sarà la manovra». Arrivederci alla prossima puntata.. Maria Teresa Meli «Non si può aspettare Ormai senza sacrifici si finisce in Africa» il leader del ppi Franco Marini nella fotografìa a destra Fausto Bertinotti e Massimo D'Alema all'uscita dal vertice di maggioranza

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