Sassi killer la verità da un satellite

Sassi killer, la verità da un satellite Tortona, ricostruita la sera del delitto. Secondo i giudici la scena sarebbe stata ripresa dallo spazio Sassi killer, la verità da un satellite E sul cavalcavia della morte una teste conferma le accuse TORTONA DAL NOSTRO INVIATO Undici ragazzi sul cavalcavia, a giocare un gioco di morte. E un occhio silenzioso e lontano, freddo, elettronico, che li spiava dall'alto. Un satellite, che dall'alto ha visto tutto, e ha registrato nella sua memoria chi c'era davvero, e le targhe delle macchine, e i movimenti di quelli che la sera del 27 dicembre sono andati là a tirare i sassi e a uccidere Maria Letizia Berdini. Due di quella banda ieri sono tornati sul cavalcavia per un sopralluogo, stessa ora, stesse macchine parcheggiate esattamente come quella sera. Loredana Vezzaro, la prima a raccontare la verità sull'omicidio dei sassi, e Roberto Siringo. Ma poche ore prima di andare sul cavalcavia per l'«ispezione di luoghi e cose», il procuratore di Tortona Aldo Cuva faceva capire che, sì, si stavano compiendo «atti delicati, coperti dal segreto istruttorio». E quegli «atti» così importanti sarebbero proprio le richieste fatte dalla procura ai servizi segreti, affinché si attivino con tutti gli enti autorizzati a fare rilevazioni del territorio. I satelliti. E chiedano se la sera del 27 dicembre quella zona è stata inquadrata, fotografata e memorizzata. Una richiesta che per ora non ha avuto risposta. I tecnici dicono che la cosa è possibile. Paolo Ferraris, docente del Politecnico di Torino, dice: «Le immagini satellitari, anche di notte, possono dare indicazioni particolareggiate, forse fino al punto da individuare le persone presenti sul cavalcavia, o almeno il loro numero». Un precedente c'è, ed è quello dell'alluvione del novembre '94 in Piemonte. Racconta Domenico Tropeano, del Cnr, che allora il satellite geostazionario Ersi, nell'ambito della missione Dedalus, «percorreva un'orbita che ha poi permesso agli esperti di ricostruire con esattezza il fenomeno della piena del Tanaro. Si vedevano distintamente i centri abitati, persino i tetti, le strade, la ferrovia». E allora, perché non affidarsi all'occhio di un satellite, per capire come sono andate le cose? Così deve aver pensato il procuratore Cuva, mentre avviava la pratica a chi di dovere. Gli americani, i servizi segreti, Sismi e Sisde, o i tecnici che gestiscono le rilevazioni Meteosat. Chiunque abbia visto - che si tratti di una macchina o di un essere umano - adesso deve dire la verità. Così deve aver anche pensato il procuratore Cuva, mentre ieri pomeriggio saliva a piedi sul cavalcavia della Cavallosa. Strade bloccate da ore, carabinieri a presidiare gli incroci, e a bloccare le strade d'accesso alla frazione di Torre Garofoli. Pochi curiosi, tanti giornalisti. Aria tiepida, profumo di fiori, e rumore di autostrada. Sulla Torino-Piacenza, la Polstrada che presidia il tratto prima e dopo il cavalca- via. L'appuntamento è alle 17, e poco dopo arrivano gli invitati: gli avvocati degli imputati, i due liberi (la Vezzaro e Siringo), e i difensori di chi è ancora in carcere: i fratelli Furlan (Paolo, Franco, Gabriele e Sandro), Paolo Bertocco, Gianni Mastarone, Francesco Lauria. Gli avvocati di chi è poi stato scarcerato, come Michele Faiella e Claudio Montagner. Più quelli di parte civile, che rappresentano la famiglia della vittima. Ecco, la famiglia. Lorenzo Bossini, il vedovo, ha preferito non tornare sul cavalcavia. E allora c'è venuta Maria Grazia, sorella di Maria Letizia. Una signora piccola, avvolta in un cappotto scuro, che prima di salire sul cavalcavia ha chiesto di essere accompagnata da un carabiniere fino al Santuario di Nostra Signora della Cavallosa. Una chiesina di mattoni rossi a trecento metri dall'autostrada. Una preghiera, un momento di serenità prima di andare a vedere le facce di Loredana Vezzaro e Roberto Siringo. Alle 19 tutti sono pronti. Arriva la Vezzaro, e intanto il procuratore ha fatto arrivare le tre auto usate dalla banda quella sera. Una Tipo verde scuro, una Peugeot 306 scura, una Y10 rossa. I carabinieri portano le auto sulla cima del cavalcavia, scendono, aprono il bagagliaio della Y10. Le pietre, secondo le deposizioni, erano li dentro. Il sole quasi tramonta, l'ora del delitto (le 19,45) si avvicina. Si comincia. Tre carabinieri si sistemano in piedi sul guard rail, sporgono le braccia al di là della rete di protezione, mimano il lancio dei sassi. Altri carabinieri li fotografano. Il procuratore accompagna la ragazza, «erano messi così?». Lei dice sì. Dice di averli visti dalla Tipo in cui era seduta con Sandro Fur¬ lan, il suo fidanzato. Uno che ha fatto ampie ammissioni, ma forse adesso ci sta ripensando, e forse ritratterà. Le 19,45. E' buio, si accendono le fotoelettriche. Tocca a Siringo. Lui faceva il palo, quella sera, e nella stessa posizione si è piazzato. Altre foto, e intanto sull'autostrada passano i Tir, le auto rallentano, e da sotto, alla luce blu dei lampeggianti della Polstrada, si vedono ombre che camminano sul cavalcavia. E tre figure scure appoggiate sulla rete, le braccia protese fuori. Brunella Giovara Chiesta l'autorizzazione dei servizi segreti I tecnici confermano «Le immagini possono dare indicazioni particolareggiate» Bloccati per molte ore gli accessi sul viadotto Simulata la posizione delle auto sul luogo in cui fu uccisa Letizia IL GRUPPO DEI LANCIATORI IL SEGNALATORE I I PALI (con cellulare) I GLI OSSERVATORI 0 Roberto SIRINGO, O Gianny|g|ARONE che segnalava i bersagli © Paolo FURIÀN © Paolo BERTOCCO O Francesco LAURIA 0 Gabriele FURLAN O Franco FURLAN 0 Sandro FURLAN © Loredana la scena del delitto Questa la ricostruzione della serata del 27 dicembre scorso quando fu colpita da un sasso l'auto su cui viaggiava Maria Letizia BERDINI A sinistra. Maria Grazia Berdini, sorella della vittima, si reca alla ricostruzione Sopra, il cavalcavia della morte durante il sopralluogo

Luoghi citati: Piacenza, Piemonte, Torino