«Oggi li ho visti in faccia» di Antonella Mariotti

«Oggi li ho visti in faccia» «Oggi li ho visti in faccia» «Dirò a mio padre che cosa ho provato» LA SORELLA DELLA VITTIMA ATORTONA voi vigliacchi che vi nascondete nel buio della notte...». Così aveva scritto Maria Rosa Berdini, una delle sorelle di Letizia. Ieri pomeriggio il buio sulla Cavallosa lo ha atteso la maggiore di casa Berdini, Maria Grazia, era là quando polizia e carabinieri sono arrivati con Loredana Vezzaro, e poi Roberto Siringo. Ieri mattina alle 11 Maria Grazia ha infilato una giacca marrone: «Sto uscendo adesso da casa e andrò dall'avvocato. Poi subito in autostrada, non ho problemi ad affrontare questa situazione anche se sarà difficile e doloroso» ha detto al telefono. Grazia è la «voce forte» di casa Berdini, alle 16 arriva in piazza delle Erbe, insieme ad alcuni parenti. «Ho "ti- rato" un po' per arrivare in orario» dice. Le tremano le mani mentre sale la scalinata che la porta nell'ufficio del procuratore. Si stringe in un golf arancio e nasconde gli occhi con un paio di occhiali da sole. Sembra tranquilla, ma dentro di sé continua a tremare. Dopo una mezz'ora è di nuovo vicino all'auto, accenna un sorriso di cortesia. Si prova dolore, rabbia, desiderio di vendetta? «Non so cosa provare - dice Maria Grazia -. Anche perché non c'è ancora la certezza che siano loro i colpevoli, e non ci sarà fino alla fine del processo. Non si riesce a dire che sentimenti si provano per una morte come questa. Abbiamo già detto tutto quello che sentivamo, tutta la famiglia, sulla morte di Letizia. Un lutto simile spero non accada mai più a nessuno. Nessuna famiglia deve provare mai più questo dolore». La interrompe l'avvocato: «Potremmo partecipare alla ricostruzione dei fatti, come "parte offesa" - spiega - ci riserviamo di costituirci parte civile al momento del processo». Sono da poco passate le 16,30 e Maria Grazia viene scortata da una pattuglia della Polstrada fino a Torre Garofoli. Solo qualche minuto ed è vicina al santuario di Nostra Signora della Cavallosa. Il sole è ancora alto e si deve aspettare l'imbrunire perché il sipario di alzi, per tornare indietro di due mesi e tredici giorni. Strada Cerca è sbarrata a un chilometro dall'inizio della salita del cavalcavia. Possono attraversare il posto di blocco dei carabinieri solo le auto de¬ gli avvocati. Sale la tensione. Sono le 17,30 e Maria Grazia aspetta, non parla, si avvicina all'avvocato e ai parenti. Poi entra nel santuario. «Forse è Letizia che ci dà la forza di continuare a vivere - dice il padre Vincenzo -, Anzi sono sicuro che è lei, perché oggi altrimenti non avremmo potuto sopportare il dolore». Sul ponte ci sono almeno trenta persone, una decina di avvocati, il doppio tra agenti e carabinieri per controllare che nessuno si avvicini. E forse anche per allentare la tensione. Il gruppo più numeroso - dove ci sono i difensori degli undici accusati - è sistemato dalla parte del Santuario. Lì vicino sta anche Maria Grazia. E' buio alle 19, si comincia. Si spostano le auto sulla strada, vicino al santuario e una sul ponte e Maria Gra¬ zia resta lì a guardare. La circondano alcuni agenti della Stradale. Ha visto Loredana, è rimasta immobile. Piti tardi è arrivato Siringo. «L'incidente probatorio» va avanti sino alle 22. Poi è tutto finito. Maria Grazia è provata: «Non so. Voglio raccontare quello che ho visto alla mia famiglia. Tornare a casa e basta. Forse domani avrò le idee piti chiare, domani potrò capire». Si spengono i riflettori sulla Cavallosa, Maria Grazia in viaggio racconta il pomeriggio a suo padre. «Anch'io andrò sul quel ponte - dice Vincenzo Berdini -. Però voglio essere da solo. Il dolore ognuno lo vive a modo suo, e quando vedrò dove è morta Letizia devo essere da solo». Antonella Mariotti