«Così zio Andreotti si affiliò alla mafia» di Francesco La Licata
Esplode un serbatoio, muoiono 2 operai Un pentito: aggiustava i nostri processi «Così zio Andreotti si affiliò alla mafia» «Partecipò alla cerimonia di giuramento» Ma il senatore replica con un sorriso ROMA.(Andreotti lo chiamavamo, affettuosamente, lo zio». Secondo Leonardo Messina, ex capofamiglia di San Cataldo - mafia di Caltanissetta - passato nel '92 nella schiera dei collaboratori, per indicare il senatore a vita bastava dire «u ziu». Seduto dietro al solito paravento sanitario dell'aula bunker di Rebibbia, oggetto divenuto quasi il simbolo dei pentiti, «Narduzzu» Messina recita con voce monocorde, con mia pacatezza che si addice più ad un tranquillo ragioniere di paese che a quel terribile killer che era prima di divenire preda della «crisi di rigetto» verso Cosa nostra. E' ancora giovane, Leonardo Messina. Anche nell'abbigliamento: giubbotto di renna, pullover celeste e camicia, senza cravatta, sbottonata sid collo. Dimostra buona memoria, trasmette ima sorta di «antica saggezza» che gli viene forse dalla consuetudine con una malìa secolare, poco chiassosa e per nulla loquace. L'insieme riesce a smorzare i moti di incredulità che spesso i suoi racconti fanno insorgere. Ma lui, Messina, va avanti con l'atteggiamento di chi vuol dire: «Questo so e dico. Spetta a voi decidere se credere o no». Messina dice di aver saputo pure che «Andreotti, lo zio, ò punciutu». In gergo vuol dire che l'ex presidente del Consiglio sarebbe stato affiliato con tanto di giuramento, e puntura del dito. Il pentito precisa le sue «fonti»: un tal Rinaldi e Nello Nardo, detenuto ora defunto, che lo aveva appreso dal cugino, Nitto Santapaola, boss di Catania. Ma non può fare a meno di manifestare incredulità: «Rimasi perplesso perché non lo avevo mai sentito dire. Ho solo riferito ciò che mi hanno detto». Di Andreotti, comunque, dice: «Uomo a noi legato, come Lima e Giumella: a me lo dissero i vecchi boss del paese». Andreotti ascolta e scuote impercettibilmente la testa, poi si china a prendere appunti, mentre il pubblico ministero, Roberto Scarpinato, va avanti con le domande, osservato attentamente dagii avvocati Franco Coppi e Gioacchino Sbacclii. Co) tono serafico di chi sta raccontando ima favola, il pentito riprende la parola per dire: «Io volevo uccidere Bossi e per questo chiesi il permesso al gruppo dirigente di Cosa nostra, nella persona di Borino Miccichè. Mi rispose: "Sei pazzo, Bossi è l'uomo giusto, è soltanto un pupo. Dietro ci sono Andreotti e Gelli. La Lega la vogliono loro e ne verrà creata un'altra uguale al Sud"». Il senatore Andreotti alza lo sguardo ed ammicca. Poi, approfittando di una pausa, tra l'ironico e l'amareggiato, dirà: «E' stupefacente l'accusa che mi viene rivolta: io sarei l'inventore di Bossi e di Miglio? Già l'idea di baciare Riina è disgustosa, ma aver creato Bossi sarebbe una cosa ancora peggiore. E' senz'altro più dannoso Bossi». Messina va avanti e conferma che Cosa nostra riponeva grandi speranze nell'accoppiata AndreottiCarnevale per vanificare gli effetti del maxiprocesso. «Falcone - dice il pentito - doveva fare la fine del collega Lo Curto, ridicolizzato dalla Cassazione». Ma le speranze furono vanificate dalla «vittoria» di Falcone e così la mafia decise di uccidere il magistrato che si era trasferito al ministero con Martelli: «Mi dissero che l'ala craxiana del psi era stata superata da quella martelliana». Ma la politica secondo Messina non finisce di sbalordire: il collaboratore parla dell'«dndreottiano» Raffaele Bevilacqua. Il senatore avrebbe finanziato la campagna elettorale regionale dell'avvocato nisseno con 300 milioni. E quando viene battuto da un altro candidato, i «bravi ragazzi» pensano di uccidere il neodeputato per «far entrare il primo dei non eletti», che era proprio Bevilacqua. Il «fattaccio», per fortuna, non accadde. La lunga deposizione si chiude con ima complicatissima e contestatissùna «rivelazione», un po' fatta in aula, un po' preesistente in un verbale disconosciuto dai pubblici ministeri e pubblicizzato dalla difesa. Secondo Messina, nel '91 Cosa nostra era interessata all'acquisto di una nave di anni (1,8 miliardi) che dovevano servire per tentare l'insurrezione collegata alla nascita della Lega Sud e alla massoneria. I finanziamenti sarebbero arrivati coi camion dalla Libia: mille imbardi di lire libiche. Francesco La Licata
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