La magrezza lo aiuta a evadere

La magrezza lo aiuta a evadere Milano: ha beffato i carabinieri approfittando della pausa per il pranzo La magrezza lo aiuta a evadere Detenuto passa tra le sbarre efugge dal tribunale MILANO. Con mio stile più vicino a quello di un fachiro che di Arsenio Lupin, ieri all'ora di pranzo un detenuto è riuscito inspiegabilmente a fuggire da mia gabbia in un'aula di palazzo di giustizia e a far perdere le sue tracce. Il «mago Oudini» delle evasioni si chiama Francesco Ciambrone, ha 29 anni e il suo nome è destinato ad entrare nel Guinness delle fughe dal palazzaccio milanese: secondo le spiegazioni fornite dai carabinieri del nucleo scorte e traduzioni, Ciambrone sarebbe riuscito ad evadere passando dalle sbarre della gabbia dove era rinchiuso insieme con altri 5 detenuti. Una versione che riesce ad essere difficilmente credibile, essendo lo spazio tra una sbarra e l'altra della gabbia ridotto a non più di 20 centimetri. Fatto sta che, salvo complicità con qualche militare, altre spiegazioni sulla fuga di Ciambrone al momento non ne esistono. L'evasione è avvenuta intorno alle 13,30, nell'aula della prima corte d'assise d'appello, la più grande di palazzo di giustizia, dove si stava celebrando il processo d'appello per i fatti del quartiere Staterà: spaccio di droga e traffici d'armi che hanno coinvolto numerosi abitanti di una delle zone più turbolente della città facendo meritare al processo il nome del quartiere di provenienza degli imputati. Ciambrone, accusato appunto per droga e anni e per questo condannato in primo grado a 15 anni, 9 mesi di reclusione e 120 milioni di multa, ha assistito buono buono a tutta l'udienza, seduto nella gabbia con altri cinque detenuti e guardato a vista da un drappello di carabinieri. Ma quando il processo è stato sospeso per l'intervallo di pranzo e i carabmieri hanno aperto la gabbia, anziché sei persone ne sono uscite soltanto cinque: Ciambrone era svanito nel nulla, lasciando come ricordo sulla panca soltanto il suo giubbotto. Inutilmente tutti gli accessi del palazzo sono stati bloccati: appro- fittando della calca dell'ora di pranzo, l'evaso ha potuto confondersi tra la folla che usciva dall'unico ingresso lasciato libero per allontanarsi indisturbato. Tipo smilzo e testa calda, Ciambrone, hanno ipotizzato i carabinieri che sul fatto stanno svolgendo delle indagmi, poteva avere un solo modo di lasciare la gabbia: passare attraverso le sbarre grazie ad un fisico che si è fatto nel tempo sempre più sottile. Ma il primo a considerare poco attendibile questa ipotesi è il pubblico ministero del processo, Elio Remondini, che ieri ricordava a fatica la faccia di Ciambrone. Il giovane pregiudicato, per altro, nella bolgia del processo di Palazzo di giustizia a Milano primo grado (con im centinaio di ùnputati) era riuscito a conquistarsi un attuilo di celebrità quando, interrogato in aula, per dimostrare la sua estraneità ai fatti di cui era stato accusato dal pentito di turno, raccontò di essere stato chiamato in causa per vendetta, avendo avuto una relazione sessuale con la moglie del pentito. E per poterlo dimostrare disse che la donna «aveva un neo proprio lì». La sua deposizione costrinse ad una perizia la malcapitata, che di nei proprio non ne aveva. Ciambrone ritornò nell'ombra per scontare la sua pena. Fino a ieri quando, con un colpo da maestro del contorsionismo, ha riconquistato la libertà. [p. col.] Si sarebbe infilato in una fessura di 20 centimetri

Persone citate: Arsenio Lupin, Ciambrone, Elio Remondini, Francesco Ciambrone

Luoghi citati: Milano