«Albertini, la mia rivincita» di Cesare Martinetti

«Albertini, la mia rivincita» «Albertini, la mia rivincita» E il Cavaliere si scopre «altruista» MILANO DAL NOSTRO INVIATO Mica facile governare Milano. Ci spiega Silvio Berlusconi che sulla Madonnina si ò abbattuta una ventata di inciviltà, di rozzezza, di barbarie. «Ma vedete come si è imbruttita, impoverita, come sono conciati i muri della nostra città, come sono sporche le strade». Dice che su nel cielo c'è una cappa di piombo che non è quella dello smog, ma - si intuisce quella del governo della Lega che unito a quello di Roma dell'Ulivo rende l'aria «irrespirabile per le aziende». E «non solo», anche per tutti i milanesi, o perlomeno quelli che si pigiano nel salone del circolo della stampa, battono le mani, dicono «Silvio-Silvio» e sono venuti fin qui per guardare in faccia Gabriele Albertini. Eccolo lì, in mezzo ai capi del Polo, Berlusconi, Fini, Casini. C'è anche il professor Miglio che una volta stava con Bossi e Formentini, teorizzava la secessione padana e adesso annuncia che voterà contro il sindaco della Lega. E c'è Formigoni che attribuisce ad Albertini il ruolo di «simbolo della nuova alleanza». C'è tutto il parterre polista di Milano che davanti alla faccia timida di Albertini mette da parte i mugugni da inciucio Berlusconi-D'Alema e le trame in corso per la formazione delle liste e tenta di ricostruire l'aria elettrizzante del '94, della «scesa in campo», dello scontro, del duello, del muro contro muro. Berlusconi arriva in un tripudio di applausi e fa il giro della sala per stringere un po' di mani, tra fiori e belle signore, sorrisi e «come sta?» C'è Saverio Vertone con quella sua aria sempre un po' ironica e paradossale con cui ci dice: «Albertini? Non è peggio di Fumagalli»; l'ex questore Achille Serra («Un esperto nel settore della sicurezza e della giustizia», come lo definisce Berlusconi) cjie forse questa sera avrebbe voluto essere al posto di Albertini, secondo promessa e investitura. C'è Ombretta Colli, molto sorridente; l'ex alpino ed ex leghista d'assalto Gianni Prosperini ora trasferitosi in An; l'ex leaderino della «maggioranza silenziosa» (un precursore) Massimo De Carolis. Albertini arriva ancora contento per quella battuta contro Fumagalli che era riuscito a infilare nel Porta a Porta appena registrato a palazzo Marino: «Io sono un Brambilla con un fatturato da 15 miliardi l'anno, mica 400...» Il candidato sindaco dell'Ulivo lo ha corretto («Sono solo 300»), ma non importa, cento più cento meno, Albertini voleva segnare la sua differenza da Fumagalli, far vedere di essere uno ben più vicino al milanese medio del suo avversario candidato della sinistra, e adesso molto soddisfatto ci ripete: «Non è stata male la battuta sul fatturato, eh?» La rivincita del Polo parte dunque da Milano e poco importa - per adesso - che i giochi sulle liste siano ancora aperti tra Forza Italia e gli ex democristiani (Ccd e Cdu) a caccia di bilanciamenti sulle poltrone. Gianfranco Fini usa parole quasi telegrafiche per dare il senso della partita che si gioca qui: «Le elezioni sono l'occasione per riprendere un cammino spezzato e per far capire a tutt'Italia che la breve stagione di innamoramento per l'Ulivo è finita». E così Alleanza nazionale (che pure presenterà una sua lista) offre ad Albertini il «massimo di impegno, lealtà e determinazione». Ce n'è dunque abbastanza per consentire a Silvio Berlusconi di riprendere gli effetti speciali delle frasi ad effetto e di calarsi nel clima di tre anni fa: «Parte una nuova avventura». E aggiunge: «Con una speranza fondata». Poi ritaglia il ritratto di Albertini un po' sulla fotocopia del suo: «Abbiamo scelto una personalità nel campo del lavoro e della voglia di fare, uno che avesse la capacità di guardare positivamente al fu- turo, uno che avesse la generosità di scendere in campo. Io avevo dato l'esempio». E allora, dice il Cavaliere, ecco il «qui presente Gabriele Albertini, milanese, imprenditore, da sempre estraneo alla politica». Applausi. E' lui l'uomo «con la nebbia nei polmoni», uno che parla e capisce il milanese, uno di quelli di cui si può dire: «Te lavuret semper», sei sempre lì a lavorare. Il problema di Milano, ci spiega con tono pedagogico Berlusconi, è anche di un'dmmagine» che ultimamente si è piuttosto appannata. Ecco la sintesi della decadente parabola ambrosiana nelle parole del Cavaliere: «C'era una volta la Milano laboriosa, generosa, creativa. Poi è arrivata la Milano degli scandali, della corruzione e delle tangenti (che peraltro erano quasi sempre delle concussioni subite). E infine, ad aggravare la situazione, è arrivata la Milano giustizialista, delle libertà attaccate e della giustizia usata a fini politici». Albertini, dice Berlusconi, sarà l'uomo della Milano «altruista, ospitale, europea che nonostante tutto non ha mai smesso di esistere». Casini impugna i toni della crociata e racconta che le «ammistrazioni rosse» in tutt'Italia stanno promuovendo la parità tra le famiglie e le coppie gay, l'uso della droga tra i giovani, l'invasione della scuola da parte del ministro Berlinguer: «Albertini si opporrà a tutto questo». Il «qui presente» candidato, più sobriamente, promette soltanto una «buona e saggia amministrazione» perché Milano «torni a vivere». E tutti battono le mani. Cesare Martinetti Berlusconi: una città imbruttita e povera Ma noi sapremo rilanciarla An: sta finendo l'innamoramento degli elettori con il centrosinistra Il leader del Polo Silvio Berlusconi con Gabriele Albertini In basso: il presidente di An Gianfranco Fini