«Espugneremo la roccaforte della lega» di Fabio Poletti

Primo faccia a faccia tra i candidati, mentre Fumagalli perde l'appoggio di Rifondazione Primo faccia a faccia tra i candidati, mentre Fumagalli perde l'appoggio di Rifondazione «Espugneremo lu roccaforte della lega» Polo-Ulivo: sulle tasse la vera battaglia di Milano MILANO. La prima foto ufficiale è quella davanti a Palazzo Marino, dove al primo piano li aspetta il sindaco Marco Formentini. Dietro-front e ci sono altri scatti: la Scala, simbolo della milanesità, alle spalle. Poi tutti su per il primo incontro a tre, davanti alle telecamere di Bruno Vespa. Sale prima Gabriele Albertini che corre per il Polo, poi Aldo Fumagalli, candidato dall'Ulivo. Un'ora di trasmissione e Albertini vola al circolo della stampa. Dove si presenta e cita il presidente Kennedy: «Smettete di chiedervi cosa può fare il Paese per voi, chiedetevi cosa potete fare voi per il Paese». Aldo Fumagalli, invece, si chiude che è sera in una stanza al primo piano del suo comitato elettorale. Dove - per il primo turno ma non per il ballottaggio - vanno in crisi gli accordi con Rifondazione comunista. Una frattura annun¬ ciata da entrambe le parti, malgrado le mediazioni romane e l'incontro che va avanti fino a tardi. La settimana scorsa, alla riunione provinciale di Rifondazione, il 30% dei quadri si era espresso per il «no» all'accordo con l'Ulivo sin dal primo turno. Che potesse finire così, lo aveva fatto capire lo stesso Fumagalli, alle 15, registrando «Porta a porta». «La cosa più importante è il progetto, chi vuole contribuire al progetto della città deve riconoscersi al 100% in questo», aveva detto il candidato dell'Ulivo. Che non è disposto a piegare la testa: «Non accetterò condizionamenti e non metterò in crisi il progetto per calcoli, magari di portata nazionale». E allora così ci sono i sondaggi da rifare, le strategie da studiare e queste sei settimane che mancano alle elezioni per Milano, rischiano di essere combattute voto per voto. An¬ che a partire dal primo dibattito tv, registrato nell'ufficio di Marco Formentini. Che lascia per un attimo la poltrona di sindaco e - par condicio vuole - si accomoda sul divanetto, accanto agli altri candidati. «Lo Stato unitario finirà nel sottosviluppo, mentre l'indipendenza della Padania potrà portare un domani anche il Sud in Europa», esordisce Marco Formentini, stuzzicato da Bruno Vespa. Ed è subito polemica. Replica Aldo Fumagalli: «Milano è la città più italiana che ci sia. La forza di un Paese è la capacità di valorizzare le differenze». Non ci sta anche Gabriele Albertini: «Siamo orgogliosi della bandiera italiana e ce la teniamo. Anche se ci sono tanti dialetti, abbiamo un'unica lingua e un'unica religione». Troppo presto per illustrare programmi dettagliati, strategie precise, tattiche studiate a tavolino. A sei settimane dal voto, la differenza passa anche attraverso le presentazioni degli sponsor di famiglia. Con la «sciura» Augusta Formentini che davanti alle telecamere giura che suo marito è bravissimo in cucina, a far polpette. Il direttore della fabbrica di Turate, ricorda i safari in Tanzania con Albertini, mentre un'amica di Fumagalli dice che lui è pure bello e un altro lo ricorda quando giocava a rugby. «Perché il rugby è un gioco di squadra, così come devo essere quello del sindaco con gli assessori», prende la palla al balzo Fumagalli, giacca verde scuro, pantaloni grigi, seduto composto sul divanetto, alla sinistra di Albertini che in completo blu illustra la Milano che vorrebbe. «Innanzitutto una città che funzioni, perché se è così non c'è bisogno di altre tasse», gioca facile il candidato del Polo. Seguito a ruota dagli altri, che sull'argomento preferiscono tirare il freno a mano. A partire dal sindaco in carica, che rivendica gli ultimi quattro anni a Palazzo Marino: «Lo Stato ci ha tagliato risorse e noi non abbiamo aumentato di un centesimo le imposte, pur migliorando il nostro bilancio. Intendo continuare su questa strada». Fumagalli promette di studiare una tassa sulla casa su misura - bollata come «utopia» dagli altri - e giura: «E' sufficiente gestire meglio le risorse esistenti e sfruttare le privatizzazioni». Sia Albertini che Fumagalli rifiutano l'etichetta di essere imprenditori, sostenuti dalla Confindustria. Spiega il candidato del Polo: «Ho interpellato le aziende rappresentate da Federmeccanica. Romiti mi ha fatto gli auguri, altri imprenditori mi hanno incoraggiato, nessuno ha posto il veto». Anche Aldo Fumagalli met¬ te le mani avanti: «Siamo tutti uomini prima che imprenditori, comunque mi sono dimesso dalle cariche che avevo in Confindustria e mi riconosco in molti valori propri del centro sinistra». «Sì, ma Milano non è un'impresa», chiude il discorso Marco Formentini che, se pure i sondaggi fino a oggi l'hanno penalizzato rispetto agli altri due candidati, promette di giocare la partita fino in fondo. Anche a costo dei rimbrotti che gli fa Bruno Vespa, quando non molla il microfono. «Milano deve essere una città più bella e deve avere la capacità di produrre nuove ricchezze», auspica Fumagalli. E Albertini ammonisce: «Il vero problema è che c'è una "secessione" fra chi produce reddito e chi lo percepisce. I produttori, al Nord, pagano una quota del proprio reddito ad altri». Fabio Poletti Le foto ufficiali sono di fronte a Palazzo Marino e alla Scala • 27 APRILE IL VOTO NEI COMUNI

Luoghi citati: Europa, Milano, Tanzania