«Tangenti rosse» D'Alema indagato di Francesco Grignetti

Le accuse: ricettazione e finanziamento illecito per la compravendita di un immobile e un prestito al partito Le accuse: ricettazione e finanziamento illecito per la compravendita di un immobile e un prestito al partito «Tangenti rosse», D'Alenici indagato Ilpds: «Intollerabile, non c'è reato. Daremo una risposta forte» ROMA. Massimo D'Alema è stato iscritto al registro degli indagati della Procura di Roma. L'iscrizione è stata disposta dal pm Giuseppe Pititto, il quale lavora sul filone delle tangenti «rosse» in tandem con il magistrato veneziano Carlo Nordio. D'Alema è accusato di ricettazione e finanziamento illecito. Il segretario del pds, nonché presidente della Bicamerale, si trova coinvolto suo malgrado in una storia in parte conosciuta di compravendite e prestiti al partito che risale al 1994. Protesta Guido Calvi, senatore del pds, ma soprattutto avvocato difensore di D'Alema: (Appare assolutamente sconcertante e intollerabile quanto sta avvenendo. I fatti sono leciti, noti e trasparenti». Al centro dell'inchiesta c'è una villa-casale sulla Tiburtina, alla periferia di Roma, che Botteghe Oscure acquistò nel 1989 dai costruttori «amici» Marchini, adibì a sede della federazione romana per qualche anno, e poi rivendette alla Lega delle Cooperative. Protagonista dell'intera operazione fu la società «Tiberiade», che ha per amministratore delegato Marco Fredda (indagato con i funzionari pidiessini Cesare Remia, Massimo Danieli, Mauro Barisone e il funzionario della Banca dell'economia cooperativa Aigelo Checconi), il quale peraltro e il responsabile del patrimonio immobiliare di Botteghe Oscure. La medesima società «Tiberiade», effettuata la vendita dell'immobile, prestò al pds il ricavato, cioè tre miliardi. «Soldi - dice Fredda - regolarmente registrati nel bilancio della società e del partito. Non vedo proprio dov'è il reato. Anche se la società fosse mia, e non del partito, non lo vedrei. Fino a prova contraria, un finanziamento non è illecito se è dichiarato da una parte e dall'altra. Sto aspettando che mi spieghino dove è l'illecito. In verità sto aspettando da otto mesi, da quando mi fu inviato un avviso di garanzia». Ma il pm Pititto, che ha ereditato l'inchiesta da Venezia, evidentemente la vede in tutt'altra maniera. Pensa a una vendita fittizia per aggirare la legge sul finanziamento ai partiti. Addirittura ha alzato il tiro, coinvolgendo il segretario del partito. D'altra parte lo stesso Nordio, in un'intervista di qualche tempo fa, diceva: «Quel che si vuole dimostrare è che il sistema di finanziamento al pci-pds era direttamente gestito dalla segreteria politica». E dunque oggi si arriva all'iscrizione di Massimo D'Alema nel registro degli indagati. Da Botteghe Oscure filtra la notizia di una arrabbiatura tra le peggiori. Pietro Folena ostenta sicurezza: «Ci riteniamo estranei, ma siamo assolutamente fiduciosi nell'operato della magistratura». Esplode invece Guido Calvi: «La notizia dell'iscrizione al registro degli indagati di D'Alema era già stata molto tempo fa artatamente diffusa quando di questo presunto reato si era occupata la magistratura veneziana». Calvi è furibondo per la fuga di notizie. E' doppiamente furibondo perché è convinto della «assoluta inesistenza di qualsivoglia elemento indiziante». E accusa: «Rimane la sensazione che si continui a utilizzare strumenti processuali in assenza dei precisi requisiti richiesti dalla legge». L'avvocato Calvi ci va giù pesante. «Con la pacatezza e la serietà che hanno sempre caratterizzato le nostre condotte processuali, appare necessaria una risposta assai ferma per porre termine a una speculazione che non ha alcuna ragione d'essere». Ma c'è chi, in fondo, è contento. Maurizio Gasparri, coordinatore di An: «La notizia conferma le denunce che puntualmente da anni sto avanzando con una serie circostanziata di interrogazioni. Il leader del pds non è certamente il grande statista di fine secolo Nella foto grande Massimo D'Alema, segretario del pds e presidente della Bicamerale Qui accanto: Marcello Pera parlamentare del Polo che taluni cercano di spacciare. E' solamente il capo di un gruppo politico che non ha mai ben distinto la struttura che deve rappresentare le idee da quelle strutture che gestiscono gli affari». E Giulio Maceratini, capogruppo di An al Senato: «Ora sembra chiaro il motivo del deciso invito di Scalfaro alla Bicamerale affinché non si occupasse di giustizia. Evidentemente il Capo dello Stato, che sembra avere un canale privilegiato con la magistratura per cui venne informato in anticipo dell'avviso di garanzia a Berlusconi, voleva consigliare D'Alema di usare prudenza in materia di giustizia. Anche perché ora per il presidente della Bicamerale sembra profilarsi uno strano "conflitto di interessi"». Francesco Grignetti La Quercia: tutto registrato nel nostro bilancio An: conflitto di interessi nella Bicamerale Nella foto grande Massimo D'Alema, segretario del pds e presidente della Bicamerale Qui accanto: Marcello Pera parlamentare del Polo

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