Escono alla grande gli U2 e David Bowie

Fratelli fino all'ultimo spaghetto 1 DISCHI Escono alla grande gli U2 e David Bowie ANREMO ha portato di tutto, non certo dei dischi da collezione. Home dimostrano le vendite. Meglio indirizzare gli acquisti verso alcuni grandi del rock internazionale che ci offrono opere in cui cercare originalità e qualità. U2 è un nome importante, ingombrante nella storia del moderno rock. Agli inizi degli Anni 80 si imposero con il loro lirismo condito dai grigi orpelli new wave. Hanno navigato nel nichilismo punk, ma è stato il fervore della canzone epica che li ha portati a riempire gli stadi. Le pulsioni dinamiche della ritmica, gli echi eroici della chitarra, la voce di Bono fluttuante come una bandiera hanno dato un corpo, insieme possente e femminile, ad una ricetta ereditata dal romanticismo gaelico. Gruppo faro degli Anni 80, i quattro dublinesi non si sono però accontentati. Dopo l'enorme successo di «War» hanno cercato l'avventura con «The unforgettable fire». Guidati da Brian Eno, negli Anni 90 si sono un po' fossilizzati nella sperimentazione, tesa a afferrare, e dar loro forma, le tensioni di Ime secolo accompagnate alle rivoluzioni tecnologiche. Inseguendo le visioni, un po' vanitose, di Bono. Ora è arrivato Pop (Island, 1 Cd), decimo album. Il cantanteleader l'aveva definito, in fase di registrazione, «un puro disco di rock'n'roll». Sinonimo di melting-pot stilistico, il termine pop ben definisce un disco che impasta classicismo rock e audacia futurista. Non c'è più Brian Eno, ma volendo cercare la formula della «musica giovane» ecco tre produttori in voga: Nelleee Hooper, Flood e Howie B. L'apertura, «Discoteque», mischia un mazzetto scoppiettante di ingredienti di diversa estrazione. «Mo-Fo» è un tourbillon sintetico. «Miami» invece adotta le atmosfere soffocate del «trip hop» per evocare il disagio e la paranoia di una stazione balneare americana. C'è però da preferire ancora la voI ce di Bono che mormora ed I emoziona (superbe «If you wear that velvet dress», «Wake up dead man», «If God will sendhis angels»), che scivola su un blues («The playboy mansion») dando spessore alla sua religiosità. E' ricomparso anche un altro «santone» del rock che ama coniugare tradizione e sperimentazione: David Bowie. Il folletto trasformista inglese ha sempre coltivato il desiderio di stupire l'ascoltatore, anche se a volte ha fatto dubitare della sostanza e profondità dei suoi progetti. Ma altrettanto vero che questo perpetuo gioco degli artifizi, questi colpi di bluff e il suo vampirismo cronico gli hanno permesso di occupare un posto unico nella storia del rock. Il modo in cui si appropria dei ritmi da giungla e della techno music può dare l'impressione di un cinquantenne alla caccia disperata di una nuova giovinezza. Ma il modo in cui Bowie trucca, scolpisce, trucca il vocabolario gli appartiene inequivocabilmente. Nel nuovo Earthling (Arista, 1 Cd), spalla di un gruppo eccezionale, la voce di Bowie esplora con il telescopio la potenza di un rock distorto e l'aritmia del «dmm'n'bass», metafora della frenesia contemporanea. Questi effetti dinamici sarebbero sfibrati, inariditi, se il cantante non gettasse dei ponti melodici per attraversare questi flutti tumultuosi. Al contrario di «Outside», registrato con le cerebralità di Brian Eno, «Earthling» si riscalda a contatto delle armonie che credevamo scomparse dopo «Space oddity» o «The man who sold the world», quelli del giovane David. Alessandro Rosa rsj saga»

Luoghi citati: Bono, Miami