Offresi Rubens per 15 miliardi

Il più grande dopo Pollock Antiquariato a Maastricht Offresi Rubens per 15 miliardi Notevolinumeroun bel Ctanti Parazzi rmascherin quesprestitop moMAASTRICHT URANTE la puntata d'esordio di Maastricht Italia si è ascoltata la solita vocina extra-video del grillo sparlante e saputello, che :i è prodotto in questa sciocchezza: «Ma Maastricht è un posto orrendo!». Stolta potenza della disinformazione: perché Maastricht è davvero una cittadina allegra e gradevole, quelle che un tempo si definivano «ridenti». Una specie di Bruges meridionale, soffiata come il vetro, tra le spavalde mura rinascimentali ai cui piedi cadde D'Artagnan, e la turrita cattedrale più antica d'Olanda e quel curioso monumento dello scopritore del gas, che sembra soffriggere a vita una folta fiammona vera, alimentata chissà con quale sistema anatomico. Insomma, una fiamma viva come la città, se alle 2 di notte trovi ancora i dehors dei caffè arzilli di pubblico e zampillanti di birra, come in San Marco al petit-dejeuner. Inutile, cari italiani televisivi, fare i sufficienti. E altrettanto dovremmo dire per la davvero principesca edizione del Tefaf, come si chiama in gergo la sontuosa fiera dell'antiquariato, che, aperta sino al 16 marzo, compie il suo trionfante decimo anniversario. E può permettersi in catalogo, senza enfasi, di presentarsi come «al top del mondo» (certo non c'è l'equivalente in America. E qui sono stati venduti Rembrandt e Van Gogh, Canaletto e Watteau da rimanere negli annali). Nulla da eccepire nemmeno quando lo stesso catalogo, voluminoso e riccamente illustrato, si concede un capitolo su quello che è «il vero e il falso» nei Rubens e Rembrandt esposti nei musei, perché qui in mostra c'è, indiscutibile, un indubitabile Rubens, una Sacra Famiglia di rilevante lascino, che ritorna in Europa dal Brasile dopo 250 anni e che qualsiasi museo potrebbe invidiare, se non costasse nove milioni di dollari. Ma non è solo, ci sono una quantità sorprendente di magnifici Breugel, tra cui un inconsueto ritratto di paesano col solo volto in primo piano, su cui spunta una rustica barba. Poi, senza colpo ferire, Jacopo Bellini e Grechetto, Bramer e Hals, un magnifico Cézanne e molti Corot, un profluvio di Vuillard e di Rops, Cranach il Vecchio e trittici di Bacon, fra' Galgari e Picassi in quantità. E uno stipo per avori, con inserite placchette firmate da Fetti, Veronese, van Hemkerke. E dire che non è certo la pittura il clou di questa mostra: Sani Fogg porta delle pagine miniate da perdere il fiato, ci sono Guinness rari come un collier con 110 diamanti a pera che totalizzano 170 carati, arazzi raffinatissimi e sculture bizantine e un poncho peruviano macchiato di estri colorati che al cospetto quel povero bluff da signorine che si chiama Schnabel può davvero tornarsene nelle banlieu americane. Se il responsabile del Metropolitan aveva detto al Lingotto che alcune opere se le sarebbe portate volentieri al suo mu Breugel si Corot Cézanne Picasso raffinati re egizie ta fiera igioso ondiale a o e seo, qui sembra davvero di entrare in un Metropolitan, senza enfasi. Non solo con la sensazione che tutte le altre fiere, anche prestigiose, paiono al confronto delle congreghe di brocanteur, ma con la certezza (di fronte ad alcune maschere egizie, o corazze calcidiche, certi torsi ellenistici o Via Crucis in alabastro) che il così ferreo controllo archeologico degli scavi sia un comodo pro-forma e che con la ricchezza si può davvero comprare quasi il Colosseo di Toto. Anzi una strana sensazione: se dopo aver visto questi tesori si passa per caso nei veri musei, tanto pubblicizzati, come il Curtius di Liegi, si rischia di rimanere stupiti e delusi. Il fascino di questa mostra, anche se suddivisa per rioni (di qui le incisioni, di là i tessuti, a destra i gioielli, a sinistra la scultura lignea o le boiseries in cuoio, e con gli stand spesso addobbati come stanze da fotografia di Art et Dccoration) è che puoi svoltare impunemente da Puerta del Sol a Rembrandt Plein, da Place de la Concordo a Piazza Navona (che fa tanto Europa!) e trovarsi di fronte a un vaso zulù oppure a una bottiglia da vino di collezione, o a un commovente disegno sulla Verna Francescana di Ligozzi. E ben venga l'Europa, cosi non si ascolterebbe più questa babele di fiorini, sterline, marchi e ogni volta cervello che si fa calcolatrice a rischio, col pericolo di dimenticare qualche zero (qui per partecipare al vernissage si pagano quasi 200 mila lire, catalogo e coppetta di champagne comprese). Si tratta sempre di pezzi sceltissimi, non il Bellotto minore pur di avere una veduta da salotto, o il Delacroix dubbio purché porti quella firma. Pezzi da collezionismo sofisticato, a partire da quella meravigliosa anamorfosi, di scuola secentesca romana, appartenuta ai Colonna, con fiorita cornice barocca ricca di fori, da cui si può ricomporre l'immagine di vanitas, ogni volta da una prospettiva diversa. O quelle rocce cinesi da giardino zen, creativamente erose dall'acqua. O quel mobile barocco lombardo, con le voluminose colonne tortili, o ancora la placchetta tardo-gotica in legno col santo orante, su uno sfondo di tempesta e cattiveria della natura, che pare già un Otto Dix. Per finire con un'opera emblematica, come il ritratto di Thomas Hope, l'architetto di mobili vittoriano, mascherato da russo, che presenta una compagnia di amici teatranti riconoscibilissimi, il busto di Antinoo appena riscoperto a Roma. Uno di loro, sordo come Beethoven, avvicina la cornetta al volto di marmo per ascoltare la voce dell'antico. Quanto ci vorrà (anche in denaro) perché un museo italiano si accorga dello splendido Gianpietrino o del patetico Cristo Portacroce di Palmezzano, in vetrina da Rob Smeet, uno dei pochissimi italiani in mostra? Marco Vali ora Notevoli Breugel numerosi Corot un bel Cézanne tanti Picasso arazzi raffinati maschere egizie in questa fiera prestigioso top mondiale Un'immagine di Maastricht, dove fino a domenica e in corso la fiera dell'antiquariato

Luoghi citati: America, Antinoo, Brasile, Europa, Maastricht Italia, Olanda, Roma