ITALIA mascherati dal cognome

Brambilla, Zanella, Parodi: la mappa dei nomi di famiglia rivela la storia di un Paese e insospettabili collegamenti Brambilla, Zanella, Parodi: la mappa dei nomi di famiglia rivela la storia di un Paese e insospettabili collegamenti XìMlAsmascherati dal cognome Ci LI italiani si dividono in 44 partiti, 103 province e trecentomila cognomi. Ma i partiti si moltiplicano, le —I province si riproducono, i cognomi tendono a ridursi. Per una legge statistica, c'è a ogni generazione un certo numero di casati che si estinguono, perché l'ultimo depositario del cognome era una donna, che non lo ha potuto trasmettere a nessuno. Un giorno anche noi rischiamo di essere tutti Rossi, o Ferrari, o Russo, o Bianchi, o Colombo (i cinque top del nostro repertorio); come già oggi i cinesi si avviano a essere tutti Chang o Wu o Hu (è il cognome straniero più diffuso in Italia, ce ne sono 42 solo sull'elenco telefonico di Torino, ognuno con tanti piccoli Hu in casa). I cognomi sono la nostra storia e, in buona parte, per la. loro origine regionalistica, quando l'Italia non era ancora uno Stato, la nostra geografia. A saperli leggere, ci sono dentro i nostri costumi, le tradizioni, i vizi, le virtù, la religiosità e, in qualche caso anche l'irreligiosità delle generazioni che ci hanno lontanamente preceduto. Per questo suscitano tanto interesse le iniziative per proteggerli, partite soprattutto dalle donne: come il progetto di legge del ministro Anna Finocchiaro per trasmettere ai figli (che poi dovranno scegliere) anche il cognome della madre; o il convegno sullo stesso tema promosso nei giorni scorsi da due storiche all'Università di Roma. E arrivano contemporaneamente in libreria due libri che ci dicono tutto su questa materia. La Mondadori recupera il fondamentale Dizionario dei cognomi di Emidio De Felice, il glottologo dell'Università di Geno va, pioniere benemerito di questa disciplina; e la Piemme lancia II grande libro dei cognomi, freschissima fatica di Mario Sala Gailini ed Elena Moiraghi, due giovani studiosi usciti dall'Università di Pavia, con l'aiuto di Mario Introvini, docente di comunicazione. De Felice aveva lavorato per an ni, da solo, compulsando a mano gli elenchi telefonici finché la Seat, nel 1978, non gli mise a disposizio ne i propri tabulati. Ma aveva ca pito tutto. Fin dal 1978, unendo la pazienza del ricercatore con l'in telligenza del linguista, era risalito all'origine dei 1500 più diffusi co gnomi italiani. E aveva fatto mia scoperta, confermata dalle ricer che successive che oggi vedono la luce. Di tutti i cognomi italiani tre quarti vengono, per derivazioni dirette o traverse, variamente rima neggiati, da nomi di persona o di luogo. 11 37 per cento dei cognomi italiani ha origini onomastiche. Sono decine di migliaia in Italia i discendenti dei figli di un Giovanni: che non si chiamano soltanto Giovan nelli, Gioanola, Giovanardi o Gio vanaz, a seconda delle regioni; ma Zanni e Zanella in Veneto, Gioani e Giani in Piemonte, Ianni in Abruz zo, Iannuzzi a Napoli, Iannaci in Calabria, fino a Giarrizzo in Sicilia Un altro 37 per cento nasce dalla toponomastica: spesso da piccoli luoghi, che però hanno determina to importanti tradizioni: come Pa rodi, primo cognome assoluto Genova, emblema del ligure che mette assieme palanche con pa lanche e dine con dine, in realtà proveniente da un paese dell'Alessandrino, fonte di emigrazione verso la costa fin dal XII secolo (oggi ha meno di 800 abitanti); o come Brambilla, simbolo del bauiicia milanese, che deve il nome al comune di Brembilla nel Bergamasco (4 mila abitanti, assai meno dei Brambilla meneghini). I cognomi più pittoreschi sono quelli che vengono, per aggiustamenti progressivi, dai soprannomi. Cognomi innocenti, quando indicano caratteristiche fisiche: come Grasso, Magro, Sordi, Zoppi, Quattrocchi, Bellomo; o di carattere: Astuto, Ardito, Rustico, Malerba. Più maliziosi quando suggeriscono comportamenti carogneschi o trasgressivi: Cattabrighe, Magnavacca, Squarciafico, Tagliatatela. Sono il 10 per cento in Italia. Un altro 10 per cento, più importante per evidenti ragioni culturali, va ai cognomi che connotano i mestieri, oggi spesso c ARA Smerotue coli cause di vimmagine. Pte unica. Seinsegnante magari ancnessuno, o nprenditore, sta, non vedautorità unMa allorasi è contem occultati dal cambiamento dei costumi, o del linguaggio. Il generale Caligaris viene da un calzolaio (fabbricante di caligae), il nobile Cibrario da un pastore di capre; il professor Scognamiglio da un trebbiatore («scognà», voce meridionale per trebbiare); e chissà quanti Beccaria, al di fuori del professor Gianluigi, storico della lin¬ gua, ignorano che all'origine del loro cognome c'è un macellaio (da «beccaria», antico nome di macelleria). Proprio da un mestiere parte il più diffuso cognome italiano: che non è Rossi, come appare dai primi numeri. Ma, fatte le somme, in tutti i suoi travestimenti linguistici, il cognome del fabbro, la profes¬ sione più importante nei secoli delle corazze e delle cinture di castità, lo Schmidt tedesco, lo Smith inglese, lo Herrera spagnolo, che in Italia si presenta come Ferrari in Lombardia, Ferrerò in Piemonte, Fabbri in Romagna, Magnani in Emilia, Forgione nel Sud. La maggiore ricchezza di varianti è nel triste capitolo dei co- ca di tennis e nistra, passate ma anche per i ben portato? che le diverse ittadino italiao reumatico, o udioso del Carl'orse la stessa strato, un car un verde, un erto Arbasino gnomi affibbiati in secoli di scarsa carità cristiana ai trovatelli, che sono l'uno per cento del repertorio italiano. A Milano diventavano Colombini, dalla colomba, simbolo dell'ospizio Santa Caterina della Ruota; a Torino Rua, dalla mota direttamente; a Bologna Degli Esposti; a Firenze, con più gentilezza, Innocenti; a Roma, con brutalità latina, Proietti dal verbo proicere, gettare via, abbandonare; a Palermo, più esplicitamente, D'Ignoti. In alcune città il fenomeno doveva essere particolarmente diffuso, se a Napoli il primo cognome è diventato - e resta - Esposito, e in tutta la Romagna Casadei. A differenza dei nomi di persona, che segnano il tempo, il cognome può se¬ gnare il luogo, ma è storicamente fisso, da quasi cinquecento anni. Questo segno di identità è affiorato dalle ombre del Medio Evo, quando la vita si ò venuta spostando dalle campagne ai nuovi centri urbani, e il nome non bastava più. Per alcuni secoli è stato una etichetta provvisoria, aggiunta un po' casualmente per riconoscere i gruppi cittadini; solo con il tempo si è venuto solidificando, fino ad assumere la forma con cui lo conosciamo oggi. Alle origini, anche in questo campo, c'è una iniziativa della Chiesa. Una disposizione del Consiglio di Trento estende a tutti i parroci l'obbligo di tenere i registri di battesimo, codificando nel 1564 un uso iniziato in modo non sistematico nel Trecento. Lo scopo iniziale era quello di evitare i matrimoni fra consanguinei. Il risultato è la prima geografia completa della nostra società. «Se non può avere più una mobilità storica, il cognome rivela però una sotterranea mobilità linguistica. L'esame compiuto dagli autori dei due libri ci rivela percorsi nascosti, e parentele singolari, che gli stessi portatori del cognome non conoscono. Che cosa avevano in comune Ferruccio Parri e Alcide De Gasperi? Pochissimo, ci dicono i cronisti dell'epoca, che registrano il freddo passaggio di consegne fra i due nel dicembre 1945, quando il primo governo del Chi dovette l'are i conti con la realtà di una Italia già in trasformazione. E invece no. Il combattente di Giustizia e Libertà e il leader della democrazia cristiana avevano in comune, a loro insaputa, il cognome. Parri, ci spiegano questi studiosi, viene da Gasparri (a proposito, il cardinale che firmò i Patti Lateranensi con Mussolini nel 1929) cioè da Gaspari (futuro ministro de) che, nel Trentino, rimanda a De Gasperi. Anche Valentino Parlato, probabilmente, dalla sua roccaforte del manifesto, non deve aver visto con occhio molto tenero il socialdemocratico Luigi Preti. A torto. Sono preti, loro laicissimi, tutti e due. Perché Parlato, cognome di origine meridionale, ha alla base un soprannome che, per scambio interno di consonante (i linguisti dicono «metatesi») viene da Prelato. E Nello Ajello dovrà accettare, bon gre mal gre, la parentela onomastica con Licio Gelli, dal quale ha sempre cercato di prendere le distanze. I loro cognomi vengono entrambi dal latino «agellus», piccolo campo, che dà il toponimo Aiello nel Sud (come Aiello del Sabato presso Avellino) e Agello o Cello in Toscana. Lo scrittore di Repubblica potrà consolarsi pensando che, in Piemonte, la stessa parola latina diventa Azeglio, assunto poi dalla nobile famiglia Taparelli, e dal suo più famoso esponente, il marchese Massimo d'Azeglio. Lo scherzo più singolare della storia onomastica è stato quello giocato a Garibaldi: cognome di origine germanica, come Alighieri. In polemica risorgimentale, e un po' anticlericale, l'eroe della Repubblica romana aveva dato al figlio, come nome, il cognome di Ciro Menotti. Non sapeva che Menotti viene da un nome proprio, ultrasantificato. E' una fra le tante varianti di Domenico, il Santo che con più durezza aveva dichiarato guerra agli infedeli. Giorgio Calcagno Nei 300 mila casati tradizioni e mestieri luoghi e virtù religiose E «parentele» bizzarre: Lieto Gelli con Ajello > o Parlato con Luigi Preti Nei 300 mila casati tradizioni e mestieri luoghi e virtù religiose E «parentele» bizzarre: Lieto Gelli con Ajello > o Parlato con Luigi Preti