Arriva Dini Berisha cede su voto e governo __

Grande coalizione a Tirana e amnistia per i ribelli Nel Sud combattimenti fino all'ultimo: cinque morti in una sparatoria con i governativi Arriva Dinì, Berisha cede su voto e governo . __ , Grande coalizione a Tirana e amnistia per i ribelli TIRANA DAL NOSTRO INVIATO La voce del presidente è aspra, lui lancia occhiate rapide verso il bancone dietro al quale sono seduti «gli altri», quelli dell'opposizione. Li cerca, gli occhi degli avversari, e non sorride mai. Sali Berisha dà l'impressione che ciò che sta per dire gli costi parecchio e che, forse, questa è la peggiore domenica della sua vita. 0 la migliore, ma non vuole che lo capiscano. Sì, si sblocca così, forse, la crisi albanese, e non per incanto. Lamberto Dini è volato qui, nel pomeriggio, per tirare le somme di un lavoro meticoloso e difficile, un lavoro che ha visto la Farnesina in prima linea (e un contributo ha dato anche Prodi in una lunga conversazione telefonica con Berisha). Si è tentato di fare pressioni sul presidente, di fargli cambiare idea, e non era una cosa facile, perché Berisha è un uomo del Nord, un uomo delle montagne, il suo paese, Tropojé è su a Nord, vicino alla frontiera del Kosovo, oltre il lago Comanit, in una gola stretta. Distante da Tirana un giorno, o forse un secolo. Il presidente e i rappresentanti dell'opposizione dicono di voler tessere la tela più difficile. In gioco non c'è soltanto il potere politico, c'è il futuro democratico di un Paese che sembra essere uscito stordito dal primo impatto con la democrazia. E Berisha spazza via gli indugi e dice subito che è indispensabile «un atto di pacificazione, la cosa più importante da raggiungere. E vi invito, voi rappresentanti di tutti i partiti, ad appoggiarlo questo atto, perché il Paese ne ha bisogno». Ed eccole le offerte, c'è tutto, o quasi, quello che l'opposizione chiedeva, tranne la sua testa: amnistia generale per quelli coinvolti nelle proteste di piazza, civili o militari che siano; creazione di un governo con tutte le forze politiche, che verrà chiamato «di pacificazione nazionale»; elezioni anticipate entro due mesi sotto il controllo di istituzioni internazionali; una giornata di lutto nazionale per gli uccisi nei tumulti; entro una settimana, la consegna delle armi da parte di chi ne abbia fatto razzia; con le istituzioni internazionali e con i Paesi amici, il governo cercherà i modi per gli interventi nelle zone nelle quali è esplosa la protesta. Insomma, sono state accolte le richieste della piazza, oltre a quelle dell'opposizione, e ora toccherà anche all'Italia rimboccarsi le maniche perché è fin troppo evidente che quando a Tirana o a Valona dicono «amici» intendono il nostro Paese. E Berisha ha fatto di più, ha detto ai socialisti: «Rientrate in Parlamento, lavoriamo insieme». Neppure una parola sulla ragione più appariscente che ha portato l'Albania sull'orlo di una guerra civile: il denaro della gente inghiottito dalle finanziarie a piramide. Ma nessuno sembra accorgersene. E con l'aria di uno che sa di aver ben giocato un pallone difficile, Berisha conclude: «Queste sono le mie idee. Ora tocca a voi». Il suo discorso dura quattro minuti, ed è trasmesso dalla Tvsh, la televisione di Stato, alle 15,20, e la conclusione viene accolta a Tirana con un sospiro di sollievo e con le auto che a clacson spiegato attraversano la piazza Scanderbeg e percorrono il viale Deshmoret e Kombit. E caroselli con auto dalle quali vengono sparate raffiche di mitra verso il cielo, pure a Va Iona, perché anche così si festeggia quella che è considerata una vittoria. Ora Berisha cerca gli occhi degli altri, uno per uno, e si sente più forte, perché sa di poter contare sul sostegno dell'Italia, su quello dell'Europa e forse degli Stati Uniti, essi pure instancabili nel chiedere aperture. Del resto, ha mostrato buona volontà, ora tocca agli altri, ripete. «Signori, qui si tratta di fare le cose seriamente. Fino a ieri, non c'erano i motivi per un accordo con i socialisti, ma ora è più importante un accordo fra tutti i partiti e il popolo». E il primo punto d'accordo era stato quello di scegliere il garante: l'Italia, naturalmente. Del resto, fino all'altro giorno, nella piazza della bandiera, accanto a quella rossa con l'aquila bicipite nera, sventolava anche il tricolore. Piantato da qualcuno, e mai tolto. Nemmeno quando le sparatorie erano fitte. Ieri sera, a seguito dell'accordo politico, veniva segnalalo un massiccio movimento di ritiro dal Sud. Autocolonne dell'esercito con mezzi di traspiro truppe e cari armati erano in marcia verso Tirana, probabilmente per attestarsi su posizioni più distanti dalle città assediate. Testimoni riferivano che l'esercito aveva già lasciato Ballsh, la collina di Koshovica e la città di Fier. Ma i combattimenti sono durati fino all'ultimo minuto. Nella località di Permet, fra Argirocastro e Tepelene, aspri scontri tra ribelli e agenti dei servizi segreti hanno causato cinque morti. Nella stessa zona, lungo la strada fra Fier e Permet, un ufficiale dell'esercito è rimasto ucciso in un'imboscata. Si ò poi appreso che nella battaglia avvenuta l'altra notte tra rivoltosi e forze armate al passo di Shkozes, e nella quale risultava fosse morto un soldato di Scutari, le vittime sono state tre: sono stati infatti trovati ie¬ ri i cadaveri di due poliziotti. Un reparto militare è stato assalito nel distretto di Berat (ed è la prima volta che sono stati segnalati scontri in questa zona) presso il villaggio di Morave. Al grido di «vogliamo le armi, vogliamo le armi» i ribelli (gran parte dei quali ragazzini) ne hanno saccheggiato un intero deposito. Fra le altre segnalazioni di vittime ci sono anche quelle relative a un uomo e una ragazzina di dodici anni, uccisi da pallottole vaganti ad Argirocastro. Ieri sera risultava abbandonato il più importante valico di frontiera terrestre fra Grecia e Albania, quello di Kakavia. Secondo le televisioni greche soldati, poliziotti e funzionari di dogana albanesi se ne sono andati dopo un attacco di ribelìi che hanno anche incendiato l'edificio; un flusso di civili in fuga ha preso a muoversi verso il territorio greco. [v. t.ess.] Elezioni anticipate entro due mesi Soldati e tank cominciano il ritiro Abbandonato dagli agenti il principale posto di frontiera con la Grecia NOVE PUNTI PER LA PACE Sono nove i punti dell'accordo sottoscritto ieri a Tirana tra i dieci partiti di maggioranza e d'opposizione. 1) Amnistia generale per civili e militari che abbiano partecipato alla rivolta. 2) Costituzione di un governo di riconciliazione con la partecipazione di tutti i partiti. 3) Tregua di una settimana, a partire da ieri, per consentire ai ribelli la restituzione delle armi. 4) Convocazione entro giugno '97 di nuove elezioni. 5) Proclamazione per domenica 16 marzo di una giornata di lutto nazionale per le vittime di questi giorni. 6) Supervisione da parte di organismi internazionali delle future operazioni di voto. 7) Impegno da parte del nuovo governo di dare priorità alla ricostruzione delle zone coinvolte nella rivolta, anche attraverso aiuti internazionali. 8) Avvio in questa settimana di un progressivo alleggerimento delle misure dello stato d'emergenza, fino alla sua completa revoca. * 9) Proseguimento del dialogo fra tutti i partiti. Qui sopra, il ministro Lamberto Dini. Nella foto grande una donna albanese brandisce una delle tante armi automatiche che i rivoltosi hanno portato via da' depositi militari. Nell'immagine piccola a sinistra il presidente albanese Sali Berisha