Scalfaro «sabotaggio contro i disoccupati»

Interno «La Bicamerale non tocchi l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati». E' polemica ScoHaro, «sabotaggio contro i disoccupati» «Via libera ai lavori pubblici» CALTANI SSETTA DAL NOSTRO INVIATO Disoccupato, ecco uno dei tuoi più pericolosi nemici: ha il volto spento di chi sonnecchia dietro un fascicolo o quello annoiato di chi vede scorrere i problemi e se ne sta inerte, «con le braccia penzoloni». E' il «sabotatore»: il funzionario che non funziona, il dirigente che non dirige, il politico che ascolta solo le domande alle quali sa di poter dare risposta. Il Presidente della Repubblica guarda alle «responsabilità abissali» di chi, con questa indolenza, impedisce, ad esempio, il decollo di certe opere pubbliche già finanziate e grida, appunto, al «sabotaggio». «Non dobbiamo aver paura di usare certe parole», incalza ponendosi, ancora una volta, con una foga che qualcuno in velenosa sintesi potrebbe definire vagamente «peronista», alla testa dell'esercito dei disoccupati. A lui, comunque, le etichette maligne non interessano. E non sono sufficienti le critiche a trasformarlo «in un pentito». Anzi, l'uomo del Quirinale insiste. E confessa di provare, nei confronti di chi pena per la mancanza di lavoro, le amorevoli urgenze che un capofamiglia vive di fronte «ai suoi figli sofferenti». Da Caltanissetta Oscar Luigi Scalfaro s'addentra con raddoppiato impeto nei guasti dell'Italia: una ispezione a tutto campo che, via via, si arroventa. E spazia dall'invettiva contro chi boicotta la partenza di progetti statali già sovvenzionati alla difesa dell'autonomia ed indipendenza della magistratura; dall'attacco a certe «farnetican ti» smanie secessioniste alla sprez zante derisione di certi «sciocchi» eletti in Parlamento. E offre, persino, un riferimento ai mali della finanza che «coinvolgono tutti i settori» e che hanno, con le loro polemiche, «sfiorato anche le sponde del Tevere». Perché questa estemporanea allusione al famoso caso Ior di monsignor Marcinkus? Da Scalfaro, nessuna spiegazione: il giallo è aperto. E' un discorso ardente, torrenziale, così affastellato di problemi che il Presidente quasi fatica a guidare, lasciando che gli argomenti affiorino, quindi scompaiano in itinerari carsici per poi riemergere intreccciati ad altri. Non serve «discutere, polemizzare, rimbalzarsi le accusa», afferma affrontando il tema lavoro: «Dobbiamo vedere le responsabilità, gli ostacoli e trovare le vie legislative per correggerli». «Io sento la ribellione montare», avverte Scalfaro con la stessa voce preoccupata, da veggente, usata l'altro giorno per mettere in guardia il Paese dalla disperazione di chi ha, ormai, «la bava alla bocca». «Chi può tener fermi i disoccupati o cassintegrati che temono d'andare a finire al peggio» se si accorgessero che alcune opere, già finanziate con una «colata lavica» di 18 mila miliardi, restano al palo? Evangelico, il Capo dello Stato: si dice disposto ad accettare «con umiltà» le ingiurie di chi lo accusa di interventismo. E anche pronto a porgere l'altra guancia. Fedele al motto per cui, ascoltando ciò che dicono i calunniatori, spesso, si imparano molte cose su di sé. «L'importante è non gettare la spugna e protestare senza preoccuparsi di perdere un pezzo di pennacchio». Perché certo stallo nell'occupazione «non è pensabile, né lecito, né tollerabile». L'impegno a «non rinunciare a combattere» significa anche schierarsi a difesa della Costituzione per ima magistratura autonoma ed indipendente. E' un argomento spinoso che si accavalla con gli impegni della Bicamerale e le contrastanti posizioni politiche sui temi della giustizia. Scalfaro s'interro¬ ga: «Autonomia ed indipendenza costano fatica? Certo, ma se non ci fossero questi principi i guai sarebbero molti». E' un'affermazione che si può leggere in chiave di avvertimento per chi - come Berlusconi, ma non solo - vorrebbe una divisione di carriere tra pubblici ministeri e magistrati giudicanti: questa dicotomia, secondo il pensiero del Capo dello Stato, non può essere in nessun modo argomento di discussione o di trattativa nell'ambito della commissione per le riforme. «La Bicamerale ha avuto l'incarico di non toccare la prima parte della Costituzione che è proprio quella in cui ci si riferisce alle prerogative della magistratura», nota il Presidente aprendo una sorta di sillogismo che si chiude con un non espresso, ma conseguente, «nessuno tocchi i giudici». Una specie di promessa di difesa che, però, sembra chiedere ai magistrati una contropartita: devono essere loro a trovare il modo di non ledere il diritto del cittadino «ad avere giustizia anche nelle sedi vacanti». Argomento particolarmente caldo in certe zone della Sicilia dove le pro¬ cure lamentano fughe di giovani sostituti: «Ci dev'essere coesistenza - avverte Scalfaro, presidente del Csm - fra le legittime esigenze del singolo giudice e quelle della comunità che sono, comunque, prevalenti». Anche perché in quest'angolo d'Italia si vivono continui soprassalti di delinquenza organizzata che richiedono impegno e senso dell'unità. Evoca la mafia, Scalfaro. Ma subito dopo, guarda a Nord con un affondo contro la LegaRenato Rizzo Scalfaro a Caltanissetta col procuratore Tinebra

Persone citate: Berlusconi, Marcinkus, Oscar Luigi Scalfaro, Scalfaro, Tinebra

Luoghi citati: Caltanissetta, Italia, Sicilia