Non si gioca a dati con le vite degli altri

F F PANEAL PANE =1 Non si gioca a dadi con le vite degli altri LONAZIONE, uteri artificiali, fecondazioni in vitro, gemellaggi strani che moltiplicano padri e madri, manipolazioni genetiche. I cittadini comuni, fra i quali mi ascrivo, appaiono turbati e impreparati davanti alle novità complesse che la scienza va proponendo sulle pagine dei giornali. Avvertono, soltanto, dalle dichiarazioni cautelose e non omogenee di illustri scienziati, che si trovano davanti a processi di grande portata, dalle conseguenze imprevedibili, positive e negative. E si convincono che su certe materie è meglio non scherzare o abbandonarsi a esperimenti selvaggi. E' indispensabile invece il controllo di una legge alla quale deve contribuire un consesso di saggi, affidabili sotto il profilo scientifico ed etico. Importa comunque che in nessun modo venga offesa la dignità dell'uomo, nei suoi risvolti fisici e psicologici, evitando, per quanto possibile, la futura protesta di chi, passato attraverso disinvolte sperimentazioni, si trovi ad essere nato male. Una dignità che, a mio parere, comincia indubitabilmente dall'embrione. Per quanto mi sforzi di capire le ragioni opposte, le trovo dettate per lo più da acrobazie sofistiche e cattiva coscienza. Com'è possibile stabilire, se non per magia o per preconcetto culturale, quando una creatura umana diventa persona? Se prima o dopo i tre mesi dal concepimento, se prima o dopo l'uscita dal ventre materno? Le religioni potevano speculare, anche in base alle conoscenze del tempo, sul momento in cui l'anima veniva insufflata nel corpo del nascituro, facendolo soggetto di vita e di salvezza. Ma oggi non possiamo prescindere, proprio adottando un criterio laico, dalla presenza o dalla «previsione» di un cuore che pulsa e di un cervello che s'innerva. Non intendo sottovalutare la presenza decisiva della madre come, più tardi, della placenta esterna, dico l'amhiente sociale, in cui il cucciolo d'uomo sarà chiamato a crescere. Ma è proprio nel rapporto con la madre che s'instaura, in modo ineffabile, il primo dialogo, il primo legame comunitario, la prima accoglienza. E in questa materia non sarà sempre meglio largheggiare, estendere a ogni buon conto i confini della pari dignità? Non capisco d'altra parte come si possano minimizzare i vagiti di uomo e pretendere un rispetto assoluto per le vite mal riuscite, per gli embrioni degenerati. Parlo non soltanto degli esseri afflitti da tare psichiche, ma di quelli sfigurati da tare morali. I «mostri» che ci sgomentano per la loro apparente, inscalfibile irreducibilità. Come decretare a cuor leggero la condanna a morte di un feto innocente e mobilitarsi per salvare dalla sedia elettrica un pluriomicida? So bene come un figlio non voluto possa diventare un fardello insostenibile per la madre; come esistono situazioni limite di malattia, di violenza subita, di ignoranza. E non chiedo certo di reintrodurre responsabilità penali per casi che esigono semmai pietà e condivisione. Credo che il problema debba essere affrontato con una più diffusa conoscenza e prevenzione, con il ricorso alla contraccezione, praticata del resto, sia pure con imbarazzi di coscienza, dagli stessi che professano un esigentissima fede religiosa. Ma per favore, smettiamo di giocare ai dadi con le vite altrui, di propagare con leggerezza le risorse del libero aborto. Il richiamo vale in primo luogo per scienziati, medici, operatori sanitari. Diffido istintivamente del linguaggio asettico di chi si sente abilitato ad agire soltanto sulla scorta delle sue conoscenze tecniche, che non s'accosta con qualche residuo tremore ai segreti della vita e della morte. Dio ci scampi da una tal Repubblica di «scienziati». E ritengo che negli anni a venire, se avremo un mondo un poco più giusto, sarà reso onore a chi si sarà attestato nella difesa estrema di ciò che è, germinalmente e totalmente, umano. Lorenzo Mondo do |

Persone citate: Lorenzo Mondo