Studiare le lingue l'ultima mania di Paolo Guzzanti

Studiare le lingue l'ultima mania F LETTERA DALL'AMERICA Studiare le lingue l'ultima mania ER quanto economicamente vincenti, gli americani sono sempre alla disperata ricerca di una identità. E restano afflitti da un presunto peccato originale-culturale. Si tratta di un antico complesso ben visibile negli americani che studiano, oggi come non mai, le lingue straniere: impresa tragica, perché il caso e la storia hanno inflitto loro vocali, consonanti e standard televisivi che impediscono qualsiasi polimorfismo. Tuttavia si accaniscono proprio sulle lingue latine. Al primo posto nei loro sforzi resta lo spagnolo, per necessità di relazione: gli immigrati ispanici, guidati dalla potente comunità di due milioni di cubani in continua crescita sociale, stanno conquistando linguisticamente interi Stati dell'Unione e con loro bisogna fare i conti Inoltre, nell'isola di Fide1 un cittadino su cinque ha parenti negli Stati Uniti e vive grazie alle rimesse. Cuba seguita del resto a coltivare odio e amore, nonché sport, usi e costumi yankee che vanno dal gioco del baseball, in cui eccelle lo stesso lider maximo, ai film intercettati via etere all'Avana, sottotitolati e ritrasmessi dalla televisione di Stato: l'osmosi fra Cuba e Usa, malgrado l'embargo, cresce in maniera formidabile ed è un enorme fenomeno americano. Tuttavia con lo spagnolo non sembra ancora scattata la scintilla dell'amore. L'amore più appassionato, e pateticamente non ricambiato, resta quello per la Francia e il francese: gli americani confessano quasi unanimemente l'impossibile sogno di parlare un francese decente. E lo inseguono con penosa tenacia: anche se con pronuncia terrificante, la classe media delle grandi città corre in pellegrinaggio estivo nelle Gallio e torna sconvolta dall'umiliazione: amici che insegnano francese raccontano con rabbia la farsesca condizione dei loro connazionali che tornano più complessati e dipendenti di prima, da un viaggio durante il quale sono stati graziosamente trattati da I creature volgari, incapaci di I mangiare, bere, vestire, leg¬ gere, e capire l'irreparabile differenza che separa loro, figli delle mandrie e degli effetti speciali, da chi viceversa porta sulle spalle il peso dei secoli e i segreti delle salse e dei formaggi molli. E' frequentissimo a New York come a Chicago assistere alla scena di turisti francesi che con tracotanza imperiale, usando solo la propria lingua e ignorando con disgusto quella indigena, accendono crisi di pianto nelle commesse che balbettano parole incomprensibili imparate nei corsi accelerati di francese. I francesi, anche in America, seguitano a chiedersi costernati perché tutto il mondo non parli francese. Intanto però cresce in quantità e qualità l'uso della lingua italiana che sta vivendo una allegra primavera: per quanto sia un luogo comune, è un dato di fatto che cucina, moda e design italiani siano ormai cooptati nella cultura americana, esattamente come è già accaduto con la musica e l'opera lirica. Inoltre gli italiani dell'ultima ondata hanno avuto l'abilità di conservare la propria identità, mantenendosi a un livello sociale altissimo che li rende apprezzati e imitati: ma senza traumi, senza sensi di colpa e guerre di supremazia. Il risultato è che l'italiano ha perso le sue antiche scorie «mafiose» e sta crescendo vistosamente come status symbol venato da qualche eccesso di snobismo: ma con un enorme potere di penetrazione nel genoma statunitense sul quale provoca una continua rivoluzione di gusti e atteggiamenti «italianizzanti» che vivono ormai di vita propria, innestati su quella curiosa, complessata e recettiva creatura che ò l'americano alla perenne ricerca di sé. Paolo Guzzanti

Luoghi citati: America, Avana, Chicago, Cuba, Francia, New York, Stati Uniti, Usa