Dal convento al maniero

Dal convento al maniero Dal convento al maniero E la scenografia crea V«evento» I SIMBOLI DELIA POLITICA CROMA ASTELLI in aria, porte chiuse e caccia all'invito. Tema: come agghindare e perciò rendere mediaticamente rilevante un evento come un seminario dell'Ulivo. Si comincia, viene da pensare, con la sonorità del nome in cui detto seminario è ambientato: Gargonza. Il fatto che tale rumoreggiantissimo Gargonza corrisponda a castello medievale ha quindi il merito di oscurare il resto, a partire dal titolo un po' moscio del seminario «Dieci idee per l'Ulivo», appena più brillante della possibile denominazione «Quale Ulivo per quale Duemila». Dunque, il castello. Ristrutturato e turisticamente disponibile in mini-appartamenti. «Per americani» si sarebbe detto un tempo. Oggi, forse, si può dire per politici moderni, e perciò disposti a tutto - anche ad affittare castelli - pur di generare attesa, concentrare attenzione e vellicare la curiosità dei giornalisti. Creare, come drammaticamente si dice, un evento, magari cercando pure di dimostrare che esiste l'Ulivo. Le scuse sul bisogno di pace e quiete sono, per l'appunto, scuse. Così come, sulla base della più classica excusatio non petita, si può accogliere con sano scetticismo la dichiarazione di uno degli organizzatori, il semiologo Calabrese, secondo cui la scelta di Gargonza si spiega con la necessità di «un confronto non teatralizzante». Rispetto al finto convento pidiessino di Pontignano, il castello rifatto dell'Ulivo appare come una specie di variazione addirittura scenografica - e se si vuole anche un po' sbruffona - sul tema. Che sarebbe quello di concedersi ambientazioni suggestive e fondali sorprendenti, di per sé validi a impressionare i media, a prescindere dai contenuti del dibattito. Per cui, oggi, nessuno ricorda cosa fu detto a Pontignano, ma tutti ricordano che fu detto in un monastero (e che Prodi, arrivando in automobile, andò a sbattere su un vero ulivo). E tuttavia, grotteschi ricordi a parte, la replica castellana lascia anche immaginare una più recondita esigenza da parte dei politici e degli intellettuali che gli girano attorno. Con i suoi elementi simbolici, in qualche modo fuori del tempo, in una specie di conclamata extra-territorialità e in un primo momento addirittura protetto da eventuali pericoli che provenissero dal cielo, il luogo ha tutta l'aria di soddisfare misteriosi bisogni cerimoniali connessi con l'esercizio - o l'illusione - del potere. L'autoconferma, si direbbe, di essere, loro soli lì dentro il castello, degli «eletti», nel senso di «prescelti», «unti» o, per essere ancora più crudeli, inesorabilmente «vip». Da questo punto di vista si comprende meglio la calcolata necessità di chiudere le porte ai giornalisti, presenze indispensabili, certo, ma profane, e quindi da relegarsi istituzionalmente al di là della soglia. E in tale condizione pronti dunque a immaginare che all'interno del maniero si svolgano cose incredibili, inenarrabili, comunque straordinarie. Da che mondo è mondo, infatti, come ha confermato il ministro Mancuso con la sua pagina bianca, l'autista di Sabani con i suoi indovinelli sui politici che andavano con le ragazzette, il pentito che parlava di «alta personalità», le ricerche di Nomisma-Ferrovie sparite e tanti altri fascicoli smarriti o dispersi, insomma, da che mondo è mondo se si vuole attirare l'attenzione su qualcosa è buona regola nasconderla almeno un po', oppure camuffarla, dire che non si trova più, che non interessa. Oppure dire che un gruppo di politici e intellettuali si chiudono in clausura perché così discutono meglio. A quel punto, l'interesse è assicurato. Talmente assicurato da anticipare l'evento stesso, concentrandosi - com'è avvenuto anche stavolta - sul preventivo ed impietoso rito del «chi-è-invitato-e-chi-no», propedeutico alla successiva liturgia del «c'era-questo-c'era-quello». Qui il richiamo, lo specchietto per le allodole del giornalismo, più che da semplificazioni mitologiche o vecchi trucchetti da uffici stampa, sembra mutuato dall'universo salottiero e più in generale mondano. Come in un party le celebrità si frequentano e si aiutano vicendevolmente ad alimentare la loro pubblicità ed intensificare il loro splendore. In quest'ottica, con la dovuta complicità dei media, gli inviti e le esclusioni di Gargonza assumono il valore di pubbliche bocciature e promozioni. Chi c'è, grosso modo, entra a far parte di una piccola grande nomenklatura. Chi non c'è s'arrangi. E la prossima volta, magari, provi a pensare che dopo tutto l'Ulivo è solo uno schieramento elettorale. Una variazione d'immagine più suggestiva del fìnto monastero pidiessino di Pontignano Gli inviti e le esclusioni hanno già assunto il valore di promozione o bocciatura

Persone citate: Calabrese, Mancuso, Prodi, Sabani

Luoghi citati: Delia